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I 4 “Sempre” del vero amore nel matrimonio

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Orfa Astorga - pubblicato il 21/12/22

Una riflessione su cosa sia l'amore di coppia per non accontentarsi di “stare con l'altro”

Mio marito ha abbattuto un albero di limoni per riprogettare il nostro giardino. Sono bastati pochi colpi d’ascia per tagliare i rami più grossi, abbatterlo e poi bruciare il resto del tronco, coprendolo infine di terra. Ha dato per scontato che il vegetale fosse ormai passato alla storia.

Non è stato così: la primavera successiva, nel luogo in cui c’era stato l’albero sono spuntati dei ramoscelli verdi che ho riconosciuto… l’albero si era rifiutato di morire!

Commossi, abbiamo iniziato ad annaffiarli e a prenderci cura di loro fino a quando non è rinato, per poi coprirsi di fiori profumati e frutti. L’albero bruciato, sottoterra, aveva conservato il suo principio vitale.

Nella mia esperienza professionale con le coppie sposate, questo episodio mi ha fatto pensare ad alcuni matrimoni che, come quel tronco bruciato, erano così danneggiati che tutto sembrava perduto, e tuttavia sono stati in grado di risorgere e di tornare a dare frutti.

Ognuno di questi casi è stato diverso, ma nella loro notte oscura hanno mantenuto alla radice il loro principio di vita: l’unità nell’essere.

Un’unità che non consiste solo nello “stare con l’altro”, condividendo tante cose in un atteggiamento di donazione amorevole, superando differenze culturali, familiari, gusti e tanto altro.

In questo stare con l’altro, c’è una certa “giustizia di equilibrio” logica e necessaria e che, per errore, c’è chi spera sia sempre presente.

Non è così, e può spezzare il matrimonio.

È per questo che il Creatore ha disposto un “anche”, che è stato quello che ha conservato la base di quel tronco bruciato e le radici ferite.

Quell’“anche” è un principio di vita che consiste nell’abnegazione e nel sacrificio, che entra in gioco quando l’altro, anziché compagnia gratificante o aiuto necessario, presenta carenze, difetti, limitazioni o perfino serie disfunzioni di personalità.

Non è più “stare con l’altro”, ma “essere per l’altro”

Un “anche” che fa sì che un coniuge non ami l’altro come ama se stesso, come può amare qualsiasi prossimo, ma con l’amore di se stesso, un sentimento molto più elevato dello stare con l’altro in un equilibrio di giustizia, perché arriva ad “essere per l’altro”.

In questa forma d’amore, il coniuge non è un altro “esterno”, ma intimo come me con me stesso, nel mio corpo, nella mia mente, nella mia anima, di modo che quello che accade all’altro accade a me, quello che sente l’altro lo sento io, anche quando comporta un’esigenza di abnegazione e sacrificio.

Per questo, il matrimonio è una relazione di perfezione, in cui il coniuge non si occupa delle cose dell’altro, ma dell’altro in sé, in una vera accoglienza intima.

Un’accoglienza che si manifesta in quattro atteggiamenti o predisposizioni costanti di chi ama, e che agiscono come le radici dell’albero del nostro giardino, che hanno conservato il loro principio vitale:

Continuerò sempre ad amare, qualunque cosa accada, in qualsiasi modo mi senta, a livello personale, in termini economici, di salute, lavorativi, familiari…

Ascolterò sempre più la voce del mio cuore che quella delle mie ragioni affrontando i disaccordi con il mio coniuge.

Troverò sempre motivi per ringraziare per l’amore del mio coniuge, senza dimenticare mai che è una realtà.

Metterò sempre Dio di mezzo nella mia relazione, in qualsiasi circostanza.

Un essere per l’altro configura un unico noi, che è capace di conservare il principio di vita di ogni matrimonio, con il quale può sempre ritornare alla vita e produrre nuovamente frutti.

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