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Wassail! Brinda all’anno nuovo in compagnia di san Tommaso

THOMAS THE APOSTLE

Zvonimir Atletic | Shutterstock

Lucia Graziano - pubblicato il 21/12/22

Anticamente, san Tommaso apostolo veniva ricordato il 21 dicembre; e questo giorno di festa, così a ridosso del Natale, fece nascere tradizioni contadine che prendevano le mosse da quel clima di generosità contagiosa che si respira negli ultimi giorni di dicembre.

Attualmente, il calendario liturgico ricorda nel giorno d’oggi la festa di san Pietro Canisio, dottore della Chiesa; ma, fino a pochi anni fa, era san Tommaso apostolo a essere festeggiato il 21 dicembre, secondo un costume che è attestato già a partire dal XII secolo. La revisione del martirologio seguita al Concilio Vaticano II spostò al 3 luglio la festa di san Tommaso, in corrispondenza con la data del suo martirio: ma, per secoli, l’apostolo fu ricordato proprio nei giorni che precedevano il Natale. E, ovviamente, questo determinò la nascita di numerose (e splendide) tradizioni pre-natalizie che, a vario titolo, onoravano il santo.

Thomasing e wassailing: onorare san Tommaso con un gesto di carità

Una di queste, popolarissima nel Regno Unito, era la pratica del wassailing (significativamente nota, in alcune aree del paese, col nome alternativo di thomasing). Era, di fatto, una grande festa di paese che si svolgeva appunto il 21 dicembre (ed eventualmente nei giorni immediatamente successivi) trovando addentellato in un episodio dell’agiografia di san Tommaso secondo cui l’apostolo, giunto nelle Indie, aveva convinto il re locale a destinare ai poveri una significativa porzione delle sue ricchezze, promettendogli che un giorno, in Paradiso, sarebbe stato ampiamente remunerato per la sua generosità.

Ebbene: facendo leva su questo episodio (e, soprattutto, sulla promessa di una ricompensa celeste!), le famiglie bisognose sceglievano proprio il giorno di san Tommaso per bussare alle porte dei vicini di casa e chiedere, umilmente, un piccolo aiuto. Era quasi impossibile che se ne andassero a mani vuote: in fin dei conti, il Natale era vicino e nessuno poteva sopportare l’idea di una famiglia costretta a passarlo nell’indigenza dopo essersi vista sbattere la porta in faccia. E così, in un’atmosfera di generosità contagiosa, la festa di san Tommaso vedeva l’intera cittadinanza stringersi attorno ai suoi fratelli più bisognosi: e, come spesso accadeva in passato in queste occasioni, il tutto si svolgeva con la leggerezza e l’allegria tipica di una grande festa di paese. Perché la gente non si limitava a chiedere e a distribuire asetticamente le sue elemosine, ma lo faceva attraverso un rituale apposito che permetteva a tutti di sorridere e di trascorrere un po’ di tempo in compagnia: il wassailing, o thomasing, per l’appunto.

Bevute in compagnia e preghiere per i propri benefattori: così si festeggiava, una volta, san Tommaso

Non sappiamo esattamente quali siano le origini di questa usanza: fonti risalenti alla prima età moderna ce lo descrivono come un rito diffuso e già ben noto, il che ci lascia ragionevolmente immaginare che la tradizione possa esser nata nel Medioevo. Per carenza di fonti, non è storicamente dimostrabile l’ipotesi (comunque non implausibile) che il wassailing sia la cristianizzazione di usanze di origine pagana, legate ad antichi riti di fertilità praticati un tempo a protezione dai raccolti.

In effetti, anche il wassailing prometteva di donare salute e buona sorte agli animali da fattoria, agli alberi da frutto e alle abitazioni: grazie all’intercessione di san Tommaso, naturalmente! Ma attenzione, non si trattava di un rito fai-da-te: secondo la tradizione popolare, san Tommaso avrebbe fatto scendere la protezione celeste solo su quelle famiglie di buon cuore che fossero state disposte ad accogliere a braccia aperte i mendicanti che, in quel giorno di festa, avrebbero bussato alla loro la porta. E non a mani vuote: pur nell’indigenza, i bisognosi cercavano di offrire qualcosa in cambio della carità che domandavano; e, per antica consuetudine, portavano con sé una grossa coppa da punch ricolma di una bevanda alcolica da condividere coi vicini che sarebbero stati disposti ad accoglierli.

Una volta entrati in casa, mentre la bevanda si scaldava sul fuoco, i questuanti avrebbero espresso i loro bisogni alla famiglia che le ospitava. Ci sarebbe stato il tempo per un brindisi in compagnia (“waes hael!”, che nell’Inglese antico significava “sii in buona salute”, era l’equivalente del nostro “cin cin”); e poi, dopo aver auspicabilmente ricevuto le elemosine che erano venuti a chiedere, gli ospiti si sarebbero dati da fare per estendere quell’augurio di prosperità a tutta la famiglia del loro benefattore.

Lo facevano incamminandosi nei campi, nelle stalle, nei frutteti dell’abitazione e “aspergendoli” scherzosamente con piccoli spruzzi di quella bevanda che poco prima avevano condiviso col padrone di casa. L’immagine potrebbe far storcere il naso ad alcuni di noi moderni, poco abituati alla ritualità medievale: ma, naturalmente, questo gesto dal sapore carnascialesco non voleva essere uno scimmiottamento delle reali benedizioni impartite dai sacerdoti. Al contrario, era ironicamente inteso come un modo per segnalare a “chi di dovere” la carità della famiglia benefattrice: come a dire «san Tommaso, qui abbiamo trovato gente di buon cuore che ha voluto onorare con generosità la tua memoria. Ti preghiamo, volgi su questa famiglia il tuo sguardo e fai scendere su di loro la benedizione celeste: se la meritano, hanno compiuto una buona azione».

Una tradizione da riscoprire (e una ricetta per aiutarci a farlo)

Col passar del tempo, nuovi elementi si aggiunsero a questa ritualità: entro la fine del Settecento, è attestata l’usanza di omaggiare le famiglie benefattrici col canto di allegre canzoni natalizie che appunto invocavano sui padroni di casa la benedizione del cielo.

Ma, entro la fine del XIX secolo, il wassailing si stava già avviando verso il declino, come del resto accadde in quel periodo a molte altre tradizioni contadine: la società era ormai cambiata, una larga fetta della popolazione viveva nelle metropoli industriali; e i quartieri affollati delle grandi città non favorivano certo l’instaurarsi di quei rapporti di buon vicinato che sono pre-requisito indispensabile per riti come quelli che abbiamo appena descritto. Ben pochi sarebbero disposti ad aprire le porte di casa a un perfetto sconosciuto che suona al campanello per chiedere soldi; e infatti, questa consuetudine pre-natalizia scomparve quando venne meno quella rete sociale di fiducia e supporto reciproco che, un tempo, legava le piccole comunità paesane.

Ma se qualcuno volesse rispolverare questa tradizione antica (o quantomeno gustare qualcosa di caldo in compagnia di buoni amici!), ecco a voi la ricetta di una delle bevande che i questuanti portavano con sé e poi consumavano in compagnia dei loro benefattori. Si chiamava “Lambswool”, letteralmente “lana d’agnello”: al tempo stesso, un augurio di ricchezza per i benefattori e un eloquente richiamo ai quei pastori che, nel giorno di Natale, avevano portato i loro doni alla capanna per aiutare Maria e Giuseppe. E in effetti, grazie al suo colore chiaro e all’aspetto schiumoso, questo punch assomiglia per davvero alla lana delle pecorelle!

La ricetta, offertaci dalla storica della cucina Regula Ysewijn, è la seguente:

Ingredienti per sei persone:

500 gr. di mele (una volta sbucciate e private del torsolo, dovrebbero risultare in circa 300 gr. di polpa)

100 gr. di zucchero

100 ml. di acqua

750 ml. di birra chiara

1 cucchiaino di noce moscata

1 cucchiaino di zenzero

Preparazione:

Sbucciate le mele, tagliatele a tocchetti e mettetele a stufare in una pentola, assieme a 100 ml. di acqua, lo zucchero e le spezie. Quando le mele saranno ormai morbide (indicativamente, dopo dieci minuti di cottura), toglietele dal fuoco e frullatele in modo che non rimangano pezzetti, facendone una purea morbida. Quando sarete pronti per servire, versate la birra e la purea in una ciotola da punch mescolando bene e sbattendo energicamente il composto con una frusta: dovreste ottenere un composto schiumoso che ha, in effetti, il colore e la consistenza di un batuffolo di lana. A questo punto, non resta che servire e brindare in compagnia!

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