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Perché i monaci di clausura si “rinchiudono” nei conventi?

Monje trapense

RIEGER Bertrand / hemis.fr / Hemis via AFP

Monsignor Jesús Sanz - pubblicato il 22/12/22

Sapete davvero cosa fanno le monache contemplative? Ecco il senso dei “polmoni verdi” della Chiesa

In alcuni luoghi e per un certo periodo di tempo è stato impiegato un nome tremendo per parlare delle monache chiamate alla vita contemplativa: le “rinchiuse”. Alla fine del Medioevo venivano indicate anche con un altro epiteto quasi crudele, le “incarcerate”.

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Questo modo di indicare la loro vita e i loro monasteri non ha reso giustizia, perché non erano né si trovano nei loro chiostri come frutto di una fuga dal mondo che non capiscono e non le capisce.

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Non sono neanche lì come conseguenza di una pena carceraria.

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Chi sono e cosa fanno le monache e i monaci contemplativi?

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La discrezione del loro cammino vocazionale fa sì che apparentemente non si facciano notare, ma svolgono una missione preziosa, che vale la pena di conoscere con interesse e di sostenere con l’affetto e la preghiera, aiutando nelle loro necessità.

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La nostra è una Chiesa in uscita, come ci ricorda spesso Papa Francesco, e predisposta ad andare verso tutte quelle frontiere in cui i poveri vivono male e sopravvivono nella loro penuria, nel loro abbandono e nella loro disperazione.

In questa situazione, i cristiani sono chiamati ad annunciare la gioia del Vangelo, una Buona Novella che avvicini la beatitudine a tante disgrazie.

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Nasce allora la domanda: cosa fanno i contemplativi? Non starebbero meglio fuori dai loro monasteri, nelle trincee quotidiane in cui si svolge la battaglia per la vita, per la verità, per la bontà e la bellezza?

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No, abbandoniamo questo discorso demagogico di poco tempo fa e riconosciamo il bene dell’evangelizzazione gioiosa che questi fratelli e queste sorelle ci offrono pregando.

Evangelizzano con il loro silenzio essendo ascoltatori e al contempo portavoci di una Parola di vita. E nella pace dei loro chiostri non si cullano in una vuota chimera, ma scoprono e adorano una Presenza che li rende portatori di questa dolce e divina compagnia.

Quando, stanchi ed esausti, bussiamo alla porta di un monastero, entriamo improvvisamente in un ambito che è anche nostro, perché vi incontriamo coloro che ci accolgono come ospiti fraterni; ci lavano le ferite del cammino; mettono il balsamo della pace nei nostri conflitti; ci nutrono con il cibo che non scade mai e ci introducono con la loro accurata liturgia all’ascolto di un Dio che parla sempre e all’adorazione della Sua divina bellezza, che non appassisce mai.

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Nessun cammino cristiano può esaurire le varie possibilità che Gesù ha introdotto nel mondo proponendoci di vivere il Vangelo e di costruire il Suo Regno con la Chiesa.

I monaci e le monache contemplativi hanno questo compito di accoglienza, di ascolto, di adorazione e intercessione come testimonianza del loro modo concreto di sequela del Signore che fa tanto bene agli altri.

Evangelizzano essendo quello che sono, evangelizzano pregando.

Come diceva Paolo VI, in mezzo a un mondo asfissiante e asfissiato per tanti motivi, rappresentano una zona verde in cui la vista riposa, l’aria che si respira è buona e il cuore torna a battere di speranza per poi continuare a operare con decisione e gratitudine.

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