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“Sono un millennial e la Chiesa non mi capisce”

Millennials

Shutterstock Monkey Business Images.

Los hijos serán el reflejo de la educación que les hayamos impartido.

Catholic Link - pubblicato il 13/01/23

È giunto il momento di ripensare una pastorale per giovani adulti?

di Sebastián Campos

Vi scrivo alla prima persona singolare: sono uno di quei cattolici che hanno tra i 25 e i 40 anni. Non sono un adolescente, ma neanche un anziano. Io e i miei amici abbiamo già un lavoro, una famiglia e magari anche dei figli, ma alcuni di noi si divertono ancora con i videogiochi, usano magliette colorate con vari personaggi e vanno ai concerti.

Siamo giovani, ma non tanto. E per noi, “millennials” nella Chiesa, negli ambienti pastorali non ci sono molti spazi in cui vivere la fede come “pecorelle”. Situazioni in cui poter crescere, nutrirsi e trovare protezione.

Alla maggior parte di noi – dei pochi con questa età che restano negli ambienti ecclesiali – basta entrare dalla porta per vedersi invitati a svolgere qualche servizio, a coordinare qualcosa, ancor più se si scopre che sappiamo parlare in pubblico o abbiamo qualche talento artistico.

In questo contesto, qualche giorno fa ho trovato questo video, un annuncio pubblicitario di una compagnia di assicurazioni. Al di là dell’offerta, quello che mi ha commosso (e mi ha rappresentato moltissimo) è stata la descrizione che si fa di questa generazione.

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Le “altre generazioni”

Da un lato ci sono coloro che hanno meno di 25 anni, quelli che definiamo “centennials”, e hanno una situazione pastorale più o meno risolta.

Vivono in gruppi esplicitamente giovanili, di quelli che organizzano campi, che ricevono formazione e catechesi, che si animano con musica, canti e feste. Che fanno pellegrinaggi, veglie e vanno alle Giornate Mondiali della Goventù. Per loro tutto bene.

Anche i “più grandi” (sopra i 45 anni) hanno una situazione pastorale più o meno risolta. Hanno già cresciuto i figli, lo stress lavorativo è inferiore e hanno quindi un po’ più di tempo e di buona volontà per dedicarsi ai compiti pastorali. Per questo guidano i gruppi, organizzando gli incontri e coordinando il tutto.

Ma cosa accade nella Chiesa alla generazione intermedia, i “millennials”? Siamo coloro che erano giovani all’inizio del 2000.

Siamo già dovuti uscire dalla pastorale giovanile perché abbiamo ormai pancetta e capelli bianchi, perché seguiamo i nostri figli gattonando o semplicemente perché le tematiche giovanili non avevano più senso e in questo processo siamo rimasti orfani di pastorale.

L’offerta pastorale non aggiornata

Quello che descrive il video che ho condiviso, pur essendo una caricatura e un’esagerazione a scopi pubblicitari, è anche una realtà.

La vita che vivono i giovani/adulti di oggi (o “millennials”) è completamente diversa da quella che vivevano i nostri genitori quando avevano la stessa età. Loro potevano comprare una casa o un terreno in una zona rurale, crearsi un’attività o avere vari figli.

Come dice bene il video, oggi si cerca di definire con un linguaggio amichevole cose che tanto amichevoli non solo, come il fatto di dover affittare un appartamento tra amici perché è molto caro e chiamare i coinquilini “roomies”. O, non potendo crearsi un’attività, sempre perché costa molto,

affittare piccoli spazi collaborativi e condivisi che chiamiamo “cowork”.

Stiamo pensando a un’offerta pastorale per le persone che vivono questa realtà?

Pensiamo al fatto che ci sono molti professionisti che vivono ancora con i genitori perché non riescono a rendersi indipendenti?

O consideriamo il fatto che le coppie giovani non si aprono alla possibilità di avere più figli perché il costo della vita è oggi altissimo?

Può essere che quello che la Chiesa può offrire ai “millennials” (parlando a livello pastorale) sia per giovani di un’altra epoca. Ma non è tutto oscuro e sconfortante. Passiamo alle luci.

Cosa può offrire allora la Chiesa ai “millennials”?

Il primo suggerimento pastorale è accoglierli gratuitamente, senza chiedere loro niente in cambio. Abbiamo tutti bisogno di essere pecore, di essere guidati, curati, portati in pascoli verdi e freschi.

La prossima volta in cui una giovane adulto entra nella nostra sala, non cominciamo a pensare subito a quale servizio chiedergli o a che compito offrirgli. Ci sarà tempo per farlo. In primo luogo, serve accoglienza.

E un’accoglienza che sia generosa e aperta di fronte a questa realtà che non conosciamo bene e che non sappiamo come accompagnare. Un’accoglienza libera, che permetta di partecipare con i propri limiti (lavorativi, domestici, accademici, economici).

Il secondo suggerimento pastorale è la sinodalità. Aprirsi al dialogo, permettere ai “,millennials” di poter esprimere le proprie inquietudini, i propri interessi e le necessità che hanno, senza manuali né ricette imparate a memoria. Aperti all’inedito, al creativo, alle soluzioni che prima non ci erano mai venute in mente.

Lasciarsi illuminare dagli altri

Fortunatamente, nella Chiesa ci sono molte altre istanze pastorali che hanno trovato un modo per accogliere questa realtà e che hanno effettuato un discernimento di metodi, carismi, forme e soprattutto spazi perché i giovani adulti possano vivere la propria fede.

È il caso di Alpha, una metodologia mondiale, gratuita e a cui tutti possono accedere, e che ha un’offerta pensata esplicitamente per questa generazione, o la proposta di Hakuna, con la sua proposta pastorale fresca e rinnovata, può servire da ispirazione per tutti noi.

Qui l’articolo originale pubblicato su Catholic Link.

Tags:
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