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Camminare lungo i corridoi con la Madonna: una suora ci insegna la veglia notturna

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HOLY SPIRIT ADORATION SISTERS

Jeffrey Bruno

Suor Diana Marie, OP - pubblicato il 17/01/23

Possiamo rimanere sempre vicini al nostro Signore Crocifisso. In ogni condizione di vita c'è la chiamata del Signore a tenere desto il proprio cuore

Il sole sta calando, le luci della casa si accendono. Le suore hanno recitato la Compieta, e i pazienti sono stati sistemati. La giornata sta finendo per le religiose della Rosary Hill Home – per tutte tranne una. Una suora sta per iniziare il proprio lavoro, visto che comincia il suo turno settimanale di veglia notturna. Uno degli aspetti specifici della vita come Domenicana di Hawthorne è il privilegio e la sfida di rimanere in piedi tutta la notte per prendersi cura delle persone che Dio ci ha affidato. Ci sono tanti modo di considerare la veglia notturna – assistere, essere una presenza che conforta, portare avanti il proprio carisma, trovare ispirazione per la propria contemplazione –, ma in questa sede vorrei sottolineare due aspetti che hanno un significato per ogni cristiano: le tradizioni spirituali di vegliare e di fare penitenza.

La penitenza evoca spesso immagini di mortificazioni volontarie estreme. La nostra sorella domenicana Santa Rosa da Lima, ad esempio, è nota per la sua vita piena di penitenze ammirevoli ma difficilmente imitabili. Sappiamo che le penitenze estreme non possono essere l’unica forma di sacrificio, perché pochi sono chiamati al cilicio o alla flagellazione. Tutti i cristiani sono però chiamati a qualche forma di penitenza. Quest’ultima non riguarda fondamentalmente la sofferenza, ma l’amore. È un sacrificio che compiamo, offerto a Dio per amor Suo e per amore del prossimo, e può cambiare il mondo e il nostro cuore.

Durante l’Avvento e la Quaresima, siamo esortati a “raddrizzare la via del Signore”, e questo avviene in parte con le penitenze che facciamo. Oltre a questi periodi di preparazione, i cristiani possono abbracciare la penitenza abbracciando semplicemente tutto ciò che fa parte della vita quotidiana. Quando guardiamo la veglia notturna come una penitenza, è in questo senso. Per noi qui, la veglia notturna non è una penitenza principalmente perché è difficile, ma perché è un atto d’amore. L’abbiamo abbracciata quando abbiamo scelto liberamente di vivere in questa comunità, e come sacrificio d’amore può influire spiritualmente sui nostri pazienti, sul nostro mondo e sul nostro cuore.

In qualsiasi stato o periodo della vita, ci sono delle penitenze. A volte sono esercizi spirituali molto ovvi come il digiuno, compiere un pellegrinaggio, recitare il Rosario in ginocchio… Per la maggior parte di noi, però, le circostanze della vita quotidiana offrono l’opportunità di crescere nell’amore e nell’unione con Cristo unendo le proprie lotte quotidiane alla Sua Passione. Ogni figlio con un genitore anziano, o ogni genitore che si prende cura per lunghe ore della sua famiglia, ogni studente che rinuncia a uscire con gli amici per studiare, ogni persona sola che fa di quella solitudine un dono a Dio e una preghiera per gli altri – sono questi i tipi di penitenza che preparano il nostro cuore al Signore e sono disponibili a ciascuno.

La veglia notturna, e tutte queste penitenze “ordinarie”, dovrebbero essere abbracciate con gratitudine, perché vuol dire che possiamo sempre rimanere vicini al nostro Signore crocifisso. In ogni condizione di vita c’è la chiamata del Signore a tenere desto il proprio cuore. 

La Scrittura è piena di esortazioni a rimanere vigili, a vegliare.

“Nella notte, benedite il Signore” (antifona della Compieta, martedì).

“L’anima mia anela al Signore più che le guardie non anelino al mattino, più che le guardie al mattino” (Salmo 130).

“State in guardia, vegliate… non vi trovi addormentati” (Marco 13:33a, 36).

Pensiamo a tutte le persone che sono sveglie mentre noi dormiamo? Neogenitori, poliziotti, soldati, e tanti altri che sono svegli per vegliare e vigilare mentre tutti riposano. In molte comunità monastiche ci si alza per l’ufficio notturno – lodare il Signore e intercedere per il mondo anche quando questo dorme. Molti santi, incluso il nostro Santo Padre Domenico, erano noti per le loro lunghe veglie di preghiera notturne. E se una suora sta lavorando di notte, non veglia da sola, veglia con Cristo.

Come Suore Domenicane di Hawthorne, intendiamo la veglia notturna come un momento in cui la Madonna cammina nei corridoi con noi. E dov’è Sua Madre, c’è anche Cristo. Vegliamo sui pazienti e sulla casa, ma anche sul nostro cuore – cosa che ogni cristiano è chiamato a fare.

Il modo in cui assistiamo i nostri pazienti che dormono è istruttivo perché pensiamo a cosa significhi rimanere vigili. Di notte, la suora incaricata è responsabile del fatto di assicurarsi che tutti siano al sicuro e curati. La religiosa è attenta a tutti i dettagli relativi a ogni paziente. Sembra che abbiano freddo o caldo? Che siano a disagio? Sono contenti? Sono svegli e soli? Molti dei nostri ospiti non sono fisicamente in grado di fare molto per se stessi, ma in una prospettiva più ampia chiunque è indifeso e vulnerabile quando dorme. È per questo che nella Compieta preghiamo dicendo: “Nella veglia salvaci, Signore, nel sonno non ci abbandonare: il cuore vegli con Cristo e il corpo riposi nella pace”. Riconosciamo che non possiamo vegliare su noi stessi una volta che ci addormentiamo.

La suora incaricata della veglia notturna resta sveglia per vegliare con Cristo e permettere ai nostri pazienti di dormire nella Sua pace. È un’analogia che si adatta a ciò che significa vegliare sul proprio cuore. Alcuni di noi vegliano letteralmente di notte, ma tutti vegliamo a livello spirituale. Il nostro cuore è forse meno vulnerabile di quello del malato addormentato che abbiamo qui? Chi veglierà sul nostro cuore e gli permetterà di riposare nella pace di Cristo se non ci facciamo caso? Come non lasceremmo mai i nostri pazienti in una situazione di pericolo, così dobbiamo fare con il nostro cuore. Dobbiamo fare attenzione a non permettere che vi entri nulla che potrebbe danneggiarlo o renderlo una dimora inadatta per la Santissima Trinità.

Vegliare può essere un momento splendido e pieno di pace, ma anche uno in cui la suora dev’essere realistica sulle sue debolezze. Impariamo che certe cose ci aiutano a rimanere svegli e altre no, e che la situazione varia in base alle persone. Alcune potrebbero aver bisogno di caffè o di mangiare per stare sveglie, altre sanno che tè e pasti leggeri le aiuteranno ad affrontare la notte. Alcune cose sono negative per tutti – mangiare gelato e bere solo soda farebbe ammalare chiunque! Allo stesso modo, se facciamo attenzione al nostro cuore, impariamo ciò che ci aiuta e quello che ci allontana dalla vigilanza. Certe cose sono sempre negative per tutti (il peccato), altre possono variare da persona a persona (cosa si può guardare, leggere o ascoltare), ma tutti dobbiamo continuare a imparare per poter rimanere svegli.

Una storia della veglia notturna riassume chiaramente questi due temi.

“C’era una paziente nuova. Si stava ambientando molto bene nella sua vita qui, e in genere di notte dormiva. Una notte, però, si è svegliata con un forte dolore all’una o alle due del mattino. Era molto a disagio e spaventata. Le abbiamo dato rapidamente la medicina e abbiamo fatto di tutto perché si trovasse in una situazione per quanto possibile confortevole. La medicina, però, richiede del tempo per fare effetto. Nell’attesa è facile sentirsi impotenti, ma anche questo può essere un dono, perché abbracciamo la nostra impotenza ricordando quella che ha abbracciato Cristo. Le ho detto che sarei stata con lei mentre aspettavamo, e siamo rimaste sedute insieme nel buio. A volte parlavamo, a volte pregavamo, a volte mi limitavo a tenerle la mano. Mi ha ringraziato per il fatto di stare lì, e le ho detto che sarei rimasta fino a quando si fosse addormentata, e che se qualcun altro avesse chiamato sarei ritornata da lei il prima possibile. Con una pace notevole, ha accettato il mio incoraggiamento di unire la sua sofferenza a quella di Cristo e la mia rassicurazione sul fatto che il suo dolore non era inutile. Più di qualsiasi discorso, però, sapeva semplicemente che ero lì e che ero felice di starci. Sono rimasta con lei finché si è addormentata. Il giorno dopo sono entrata a vedere come stesse. Non ricordava il mio nome, ma quando sono entrata nella stanza ha detto: ‘Oh, è lei! Lei è la persona che è rimasta con me’. Le sue parole mi hanno colpita moltissimo e le ho confermato che ero quella che era stata lì a vegliare la notte prima. È stata una conversazione semplice, ma toccante”.

Questa storia, anche se è ordinaria nella nostra vita qui, riunisce gli elementi della penitenza e della veglia in un modo splendido – e ci mostra perché tutti i cristiani sono chiamati a fare entrambe le cose. L’elemento della penitenza è chiaro – sicuramente la sua sofferenza è una penitenza per lei, ma anche la preoccupazione, l’impotenza e il lasciar stare qualsiasi cosa per stare con la persona in questione sono belle offerte a Dio. L’amore per Cristo e per quella persona è ciò che permette di affrontare quelle difficoltà, rendendole addirittura semplici da sopportare. E vedere con la fede che non si sta semplicemente seduti con quella donna sofferente, ma con Cristo sofferente, è un grande privilegio. Lui è senz’altro lì nelle ore silenziose della notte.

La veglia è un elemento piuttosto ovvio in questa storia – rimanere fisicamente svegli con la persona, vigilare attentamente per vedere se comincia a sentirsi più a suo agio, pregare per lei e con lei e incoraggiarla nella sua offerta a Dio. Quella donna ha riassunto inconsapevolmente il motivo per cui ciascuno di noi veglia o fa penitenza. “Rimaniamo svegli” e abbracciamo la nostra croce nella speranza di sentire un giorno Nostro Signore salutarci come quella donna ha salutato me: “Sei quella che è rimasta con Me”.

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Per conoscere meglio le Suore Domenicane di Hawthorne, si può visitare il loro sito web: www.hawthorne-dominicans.org

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