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Hai mai pensato di offrire a Dio la tua sofferenza?

Russian orthodox church Presentation of Jesus at the Temple Saint Petersburg Russia

godongphoto | Shutterstock

don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 01/02/23

Se ti sta capitando di soffrire per qualcosa, non tenerti quella sofferenza come se dovessi affrontarla in solitudine, ma offrila a Lui, e da quel momento quella sofferenza comincerà a concorrere al tuo stesso bene.

Vangelo di giovedì 2 febbraio (Presentazione del Signore (f))

Quando venne il tempo della loro purificazione secondo la Legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore, come è scritto nella Legge del Signore: ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore; e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o di giovani colombi, come prescrive la Legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto d’Israele; lo Spirito Santo che era sopra di lui, gli aveva preannunziato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Messia del Signore. Mosso dunque dallo Spirito, si recò al tempio; e mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per adempiere la Legge, lo prese tra le braccia e benedisse Dio:
«Ora lascia, o Signore, che il tuo servo
vada in pace secondo la tua parola;
perché i miei occhi han visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli,
luce per illuminare le genti
e gloria del tuo popolo Israele».
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l’anima».
C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto col marito sette anni dal tempo in cui era ragazza, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
Quando ebbero tutto compiuto secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui. (Luca 2,22-40)

La festa della Presentazione di Gesù al Tempio ci spinge a riflettere su alcuni aspetti importanti della nostra vita.

Il primo è proprio l’atto di offerta con cui i genitori di Gesù, adempiendo la tradizione, portano Gesù al Tempio:

come è scritto nella Legge del Signore: ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore; e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o di giovani colombi, come prescrive la Legge del Signore.

Dare a Dio la parte migliore della nostra vita, di ciò che ci accade, di ciò che ci viene donato, non significa privarsene, masalvarla.

Nella fede funziona in questo modo: tutto ciò che è offerto a Dio diventa salvezza. In questo senso il gesto dell’offerta non è un modo per “pagare” la benevolenza della divinità (questa è la mentalità pagana), ma riconoscere che proprio perché Dio è Amore affidabile, tutto ciò che viene dato a Lui diventa un bene affidabile.

In questo senso le cose migliori della nostra vita, ma oserei dire anche le peggiori, se date a Lui possono diventare redenzione. Quindi se c’è una cosa bella nella tua vita, non vivertela con possesso, ma offrila a Lui. Se ti sta capitando di soffrire per qualcosa, non tenerti quella sofferenza come se dovessi affrontarla in solitudine, ma offrila a Lui, e da quel momento quella sofferenza comincerà a concorrere al tuo stesso bene.

Nell’episodio raccontato nel Vangelo di oggi, c’è l’aggiunta della testimonianza di due anziani: Simeone ed Anna. Essi rappresentano due atteggiamenti che tante volte perdiamo nella vita: l’attesa e la lode.

Simeone è colui che ha saputo attendere tutta la sua vita, senza trasformare l’attesa in pretesa. Anna è colei che nonostante ha sofferto, non ha trasformato la sua sofferenza in frustrazione ma in lode. Saper attendere e saper ringraziare sono due atteggiamenti che ci mettono sempre nella condizione di incontrare Gesù. 

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