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Gerardo: il santo che fondò un policlinico, nella Lombardia medievale

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Lucia Graziano - pubblicato il 17/02/23

Correva l’anno 1174 quando san Gerardo dei Tintori mise frutto le ricchezze accumulate in una vita di lavoro per fondare a Monza un ospedale. Fu il primo ente caritativo di questo tipo a essere fondato e gestito da soli laici.

Il 19 febbraio 1174, un ricco cittadino monzese si presentava al cospetto di un notaio in compagnia delle autorità locali e di alcuni delegati del capitolo del duomo. Assieme a loro, concordava lo status giuridico dell’ospedale che aveva appena fatto erigere in città, a sue spese: formalmente, l’ente caritativo sarebbe stato proprietà dell’autorità ecclesiastica (la quale si impegnava però a dare ampi margini di autonomia ai laici che l’avrebbero gestito materialmente); quanto al comune, si sarebbe fatto carico di assumerne la tutela giuridica per ogni eventuale bisogno.

Quell’ospedale esiste ancora: è il San Gerardo di Monza.

E il santo a cui è dedicato è proprio quell’uomo che, nel 1174, investì buona parte delle sue finanze nella fondazione dell’ente caritativo: si chiamava Gerardo, era uno di quei ricchi che sanno mettere bene a frutto le loro fortune, e fu canonizzato pochi anni dopo la sua morte, a motivo della sua straordinaria generosità. 

Una giovinezza privilegiata. E poi, lo shock della guerra

Non conosciamo con esattezza la data di nascita di Gerardo: quando morì, nel 1207, i suoi biografi lo definirono «un vecchio carico d’anni», dunque è lecito immaginare che il nostro amico fosse nato nelle prime decadi del XII secolo. Quel che è certo è che Gerardo venne al mondo baciato dalla fortuna: apparteneva a una delle più ricche famiglie monzesi, quella dei Tintori, che nell’arco di qualche generazione era riuscita a guadagnare una piccola fortuna grazie alla tintura dei panni-lana.

Com’era ragionevole per un uomo nelle sue condizioni, Gerardo trascorse la prima parte della sua vita lavorando diligentemente all’impresa di famiglia. È probabile che, grazie alla posizione privilegiata, Gerardo abbia avuto modo di evitare il servizio militare, negli anni in cui molti dei suoi concittadini dovettero invece armarsi: erano gli anni in cui Federico Barbarossa minacciava l’indipendenza dei comuni del Nord-Italia, costituitisi nella Lega Lombarda. 

Ma se anche Gerardo riuscì a evitare d’imbracciare le armi, tanto non bastò a metterlo al riparo allo shock della guerra: un giorno, per ragioni di lavoro, si trovò a sostare nella città di Milano, che poco tempo prima era stata messa a ferro e fuoco dalle truppe del Barbarossa. I segni della distruzione erano ancora evidenti, ma a straziargli il cuore furono soprattutto la disperazione delle vedove, l’abbandono degli orfani e la sofferenza dei feriti: creature derelitte, abbandonate a se stesse e alle proprie disgrazie, senza che la città riuscisse a farsi carico dei bisogni di tutta quella povera gente. Camminare in mezzo a quell’orrore scosse profondamente il nostro Gerardo, che in quell’occasione fece una promessa a se stesso: avrebbe sfruttato la sua agiatezza economica e la sua posizione di privilegio per evitare, nei limiti dei possibili, che scenari simili avessero a ripetersi.

Un policlinico gestito da laici: una vera novità, per l’epoca!

Uomo dabbene, corretto nei confronti della famiglia, Gerardo cominciò fin da subito a fare progetti su larga scala, ma scelse d’aspettare la morte del padre prima di metterli in azione. A quel punto (intascata la sua dote d’eredità, e dunque senza il rischio d’essere accusato di star ledendo il patrimonio di famiglia), l’uomo decise di prendere una porzione significativa dei suoi beni e di destinarla alla costruzione di un ente assistenziale che fosse, al tempo stesso, luogo di cura per i malati e rifugio per gli orfani e le vedove di guerra. 

Fu una scelta notevole, per quell’epoca. Negli anni in cui Gerardo fondava il suo ospedale, l’Europa pullulava di enti caritativi con funzioni simili; ma la fondazione di Gerardo aveva una particolarità che la rendeva unica: era la prima (in tutta la Storia d’Italia!) a essere stata fondata da un privato cittadino, laico.

Fino a quel tempo, erano le chiese, i monasteri (e talvolta le municipalità) a farsi carico di queste attività assistenziali. I laici, tutt’al più, contribuivano al loro buon funzionamento sostenendole con donazioni in denaro; ma non era mai capitato che un singolo cittadino prendesse l’iniziativa di fondare un ente benefico così grande e così strutturato, investendo nel progetto buona parte delle sue ricchezze, e scegliendo di affidarne la gestione ad altri suoi collaboratori laici.

E invece, Gerardo fece proprio questo. E, nel farlo, poté prendersi la libertà di caratterizzare la sua fondazione nel modo che più riteneva opportuno: per esempio, in un’epoca in cui gli ospedali si andavano sempre più specializzando, finendo col curare solo certe tipologie di pazienti, Gerardo volle fortemente che il suo ente fosse pronto ad accogliere tutti i malati indiscriminatamente, in modo tale da non costringere i suoi concittadini a lunghi pellegrinaggi alla ricerca del medico “giusto per loro”. Utilizzando impropriamente il linguaggio moderno, verrebbe da dire che quello fondato da san Gerardo fu un grande policlinico, con ampia varietà di reparti.

Al servizio dei malati sempre, ma restando nel laicato

Da quel momento, Gerardo il Tintore smise d’essere tale: ovverosia abbandonò il suo vecchio lavoro, cedendo ad altri parenti l’impresa di famiglia, e dedicò tutto il resto della sua vita alla cura dei malati. 

Non era un medico, e lasciava che fossero i professionisti a fare diagnosi o prescrivere farmaci, com’è ovvio; ma ci sono tante altre cose che anche un “signor nessuno” può fare, per alleviare le sofferenze di un malato. E infatti, i suoi biografi ce lo descrivono spesso nell’atto di imboccare i pazienti troppo deboli, tergere il sudore di quelli febbricitanti, trasportare dalle loro case all’ospedale i malati che erano impossibilitati a muoversi autonomamente. 

E il suo esempio ispirò molti altri laici che si sentirono chiamati a questo tipo di servizio: Gerardo e i suoi compagni non vollero mai fondare o associarsi a una famiglia religiosa, restando orgogliosamente legati al loro stato laicale; però, scelsero di condividere una vita comune all’insegna del servizio e della preghiera che, fra le altre cose, precludeva loro il matrimonio. La loro vocazione era quella di mettersi a disposizione dei malati, ventiquattr’ore su ventiquattro.

Gerardo morì il 6 giugno 1207, in età ormai molto avanzata, dopo aver dedicato trentatré anni della sua vita (e quanto è simbolica questa cifra!) alla cura dei malati e dei sofferenti. Fu immediatamente acclamato come santo, e presto la città di Monza volle farlo suo patrono: non a caso, ancor oggi è dedicato a “Gerardo dei Tintori” l’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico che, nel gennaio 2023, è stato costituito nella città lombarda. 

È l’ultimo frutto d’un albero ormai quasi millenario: nato ai tempi del Barbarossa grazie alla generosità d’un santo, e fiorito attraverso i secoli per merito del lavoro dei tanti che vollero sostenere questa fondazione. 

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