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“Scarpe”: il prezzo di paragonarci agli altri

Catholic Link - pubblicato il 21/01/14

E l'antico dilemma: sono ciò che compro e che ho?

di Garrett Johnson

Il breve video di oggi, diretto da Nima Raoofi, ci mostra la tristezza di un bambino che paragona le sue scarpe povere e malridotte a quelle di un altro bambino che incontra al parco. È un’esperienza che viviamo tutti: l’esperienza di paragonarci a qualcuno. Perché io sono così e lui o lei non lo è? Perché il modo in cui voglio essere non è reale?

Desiderare un paio di scarpe migliore non è negativo in sé. Quello che il video fa trapelare è più della motivazione che sta dietro al desiderio. Nella nostra società consumistica, si potrebbe pensare che comprare sia, parlando a livello pratico, l’atto umano fondamentale. Il pericolo sta non nella bontà di ciò che viene comprato, né, nel caso del video, nel desiderio di un bel paio di scarpe, ma nel fatto che spesso aspiriamo a rassicurare noi stessi e gli altri su quanto valiamo. Ecco quindi il pensiero che oggi si annida in tante decisioni: “Sono ciò che compro; sono ciò che ho”. E allora usciamo e compriamo cose per la patetica ragione di provare a noi stessi di valere qualcosa. O, cosa peggiore, andiamo a comprare qualcosa solo per mostrare che abbiamo più valore di altri. Uno studio dei ricercatori della University of Warwick e della Cardiff University ha scoperto che il denaro rende più felici le persone solo se migliora la loro posizione sociale. I ricercatori hanno verificato che il fatto di essere semplicemente pagati molto non era abbastanza – per essere felici, le persone devono percepirsi più pagate dei loro amici e dei loro colleghi.

Con questo tipo di logica, quando guardiamo gli altri che hanno cose migliori di noi ci sentiamo ovviamente insicuri, sottovalutati, forse invidiosi. Ciò che il video dimostra in modo splendido è il fatto che cadendo in questo tipo di logica non solo ci provochiamo dolore e angoscia superflui, ma ci chiudiamo anche agli altri. Non solo sto riducendo me stesso a ciò che possiedo, ma riduco anche gli altri a quello che hanno. È un giudizio ingiusto (sia degli altri che di me stesso) e ignora la profondità di ricchezza e individualità al punto che potrebbe logicamente essere ritenuto una pazzia.

È interessante notare che quando ci chiudiamo agli altri attraverso giudizi e durezza di cuore tendiamo a farlo anche parlando a livello sociale. Notate che il bambino che era immerso nei suoi paragoni non ha mai parlato realmente all’altro bambino. Forse se lo avesse fatto avrebbe realizzato rapidamente la propria situazione.

Quando parliamo ad altri, soprattutto ai giovani, è sempre importante spiegare le cose in modo positivo, senza sacrificare le richieste oneste di una vita virtuosa. In poche parole, si potrebbe dire qualcosa del genere: il desiderio di un nuovo paio di scarpe è legittimo, ma è sbagliato quando iniziamo a paragonarci su cose stupide come chi ha di più e chi ha di meno. Oltre ad essere sbagliato in sé per la ragione menzionata in precedenza (non rispettare la dignità della persona), ci chiude agli altri, frustrando così un desiderio ancor più grande e più importante, che è quello dell’amicizia. Solo quando impariamo a metterci nei panni dell’altro, solo quando andiamo oltre le nostre considerazioni egoiste, riusciamo a scoprire ciò che stiamo realmente cercando.

Il costo del paragone è un prezzo troppo alto da pagare. Andiamo oltre la logica del paragone ed entriamo in una logica di comunione, una logica che risponde a un desiderio molto più profondo del cuore e promette una felicità ben più grande.

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consumismo
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