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L’esito del referendum svizzero sposta le lancette agli anni ’50

a demonstration by French frontier workers who cross the border into Switzerland to go to work. – it

AFP PHOTO / SEBASTIEN BOZON

FRANCE, Saint-Louis : Protesters wave flags as they join some 11 000 people to block the A36 highway on February 1, 2014 in Saint-Louis, eastern France, near the French-Swiss border, during a demonstration by French frontier workers who cross the border into Switzerland to go to work. They claim the continued right to choose their health insurance between the Swiss system, the French health insurance (social security) or a private insurance, often less expensive. AFP PHOTO / SEBASTIEN BOZON

Chiara Santomiero - Aleteia - pubblicato il 11/02/14

A votare a favore delle restrizioni per i lavoratori Ue soprattutto il Cantone Ticino dove arrivano 60 mila transfrontalieri italiani

“Il mercato interno e i 4 pilastri sono indivisibili ed è impossibile accettare una separazione fra la libera circolazione degli individui e quella dei capitali”: l’Unione europea risponde a stretto giro di posta all’esito del voto del referendum sulle quote dei lavoratori anche comunitari in Svizzera. La vittoria, seppure di misura, dei “sì” (50,5% contro il 49,5%) sta mettendo in difficoltà il governo di Berna dal quale i 28 Paesi Ue si aspettano che “onori i propri obblighi derivanti dagli accordi stipulati con l’Unione europea nel quadro del diritto pubblico internazionale”.

Sono stati i cantoni tedeschi e il Ticino a votare a larghissima maggioranza per l’introduzione delle restrizioni di ingresso anche per i lavoratori provenienti dall’Europa occidentale: il cantone italianofono, che registra un flusso di circa 60 mila frontalieri dall’Italia – pari a un terzo della forza lavoro complessiva (170 mila) -, ha registrato la più alta percentuale di sì, il 68,17% (Repubblica.it 9 febbraio).

L’iniziativa, denominata “Contro l’immigrazione di massa”, è stata presentata dal partito nazionalista Unione democratica di centro (Udc), che ha realizzato una campagna puntando sul disastro che sarebbe stato provocato da una immigrazione fuori controllo: disoccupazione, treni sovraffollati, aumento degli affitti. Due anni fa la Svizzera aveva introdotto delle quote per gli immigrati provenienti da otto Paesi dell’Europa centrale e orientale, decisione che era stata fortemente criticata dall’Ue. Il nuovo piano va oltre, estendendo queste quote anche agli immigrati provenienti dall’Europa occidentale. Il governo svizzero, i sindacati e la maggior parte dei partiti si sono opposti alla proposta, avvertendo che rischiava di danneggiare l’economia e le relazioni con l’Ue (L’Unità 9 febbraio).

La Svizzera infatti non è membro dell’Unione europea, ma ha firmato diversi accordi di cooperazione bilaterale con Bruxelles, compreso uno che garantisce ai cittadini dell’Ue di vivere e lavorare in Svizzera, e ai cittadini svizzeri di fare lo stesso nei Paesi europei. Il risultato del referendum obbliga il governo svizzero a rinegoziare i trattati con l’Ue relativi alla libertà di movimento dei lavoratori. Da qui il “messaggio” inviato dal Consiglio Ue sull’impossibilità di separare la libertà di circolazione delle persone da quella di capitali. “Finora – ha dichiarato il presidente di turno, il greco Evangelos Venizelos, al termine della riunione dei ministri degli Affari generali non abbiamo ricevuto nessuna richiesta da parte della Svizzera di rinegoziare accordi o di farlo decadere” (Repubblica.it 11 febbraio).

Intanto è stata bloccata la prosecuzione del negoziato con la Svizzera sull’elettricità, la cui prossima riunione era prevista per il 17 febbraio. Decisione maturata, come ha dichiarato la portavoce dell’esecutivo europeo Pia Ahrenkilde, “alla luce della nuova situazione che si è venuta a creare” dopo il voto che è “una potenziale violazione” degli accordi.

“Con il voto di ieri – nota Davide Mazzocco (Yahoo Finanza 10 febbraio) – la Svizzera riporta le lancette della storia indietro agli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta, quando nelle strade venivano affissi manifesti in cui gli italiani erano i topi che rosicchiavano il formaggio svizzero. I frontalieri ci sono anche fra Svizzera e Francia, ma lì ha vinto il no. Nel Canton Ticino, invece, la Lega dei Ticinesi ha riproposto gli schemi protezionistici della Lega Nord”. La conseguenza sarà che quando la volontà espressa dal referendum diventerà legge “l’introduzione delle quote verrà estesa anche ai frontalieri. Nelle procedure di assunzione sarà previsto un meccanismo di preferenza per i cittadini svizzeri. Per i tanti ingegneri, architetti, insegnanti, consulenti e operai che attraversavano la frontiera per lavoro, sarà sempre più difficile trovare un’occupazione”.

Il pericolo viene anche da un possibile effetto “domino” provocato da emuli dell’esempio elvetico: il Partito del Progresso, una delle due formazioni che compongono il governo di destra della Norvegia, ha chiesto ufficialmente la tenuta di un referendum analogo a quello svizzero. Simile la posizione dell’estrema destra austriaca, che invoca un referendum anti-immigrazione anche per l’Austria (Repubblica.it 11 febbraio).

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