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Il praticante non credente

Catholics praying at Mass – it

© P.RAZZO/CIRIC

Roberto Beretta - Vinonuovo.it - pubblicato il 06/05/14

Lo confesso: vado a Messa tutte le domeniche e non solo per tradizione. Ma faccio sempre più fatica a fidarmi di trovarmi in una comunità vera

Di solito fa statistica la categoria dei «credenti non praticanti»: i tanti italiani che, pur dicendosi cattolici, non frequentano la messa la domenica (o la maggior parte delle domeniche). Io invece mi accorgo che sto sempre più scivolando verso la classe – non so se affollata oppure no – dei «praticanti non credenti».

Ebbene sì, lo confesso: vado a messa tutte le domeniche, senza sgarrare, ma faccio sempre più fatica a fidarmi di trovarmi in una comunità vera. E come potrei, del resto? Ormai metto automaticamente a confronto le parole che sento dall’altare o dal pulpito con la gommosa ipocrisia degli ambienti cattolici con cui mi confronto da anni, con le bugie e i silenzi che ho constatato troppe volte con mano, e non posso fare a meno di chiedermi: ma se questi sono due volti della stessa Chiesa, come faccio a credere a quello «buono» dimenticandomi quell’altro, colpevole e senza nessuna voglia di pentirsi? Sarebbe come autorizzarlo a continuare così, perché resterà sempre impunito… Anzi, giungo a pensare che non affidarsi alla cieca sia addirittura un dovere, un merito: io a «quelli lì» non mi consegno!

E’ la mia rivincita ai calci buscati in ambiente clericale per voler essere coerente con ciò che i preti stessi mi hanno insegnato? Può darsi. Di fatto vivo questa contraddizione, che analizzo anche per – magari – poterla risolvere un po’: in chiesa la domenica non ci vado per tradizione o per abitudine ma perché mi sento ancora culturalmente, teologicamente «a casa mia»; però non ho alcun desiderio di fare piena comunione con una struttura che – ormai l’ho sperimentato sulla mia pelle – mi ha ingannato troppe volte.

Lo so: la Chiesa mi ha fatto anche tantissimo bene, e alberga persone che stimo e ammiro; ma non sono più disposto, in nome loro, a lasciar correre sul comportamento dei tanti altri che invece da posizioni privilegiate la usano e la distorcono per il loro potere ­- piccolo o grande che sia. Ritengo al contrario che sia mio dovere sottrarmi a quest’abuso, a questa «circonvenzione di fedele».

E’ pur vero che una posizione come la mia potrebbe facilmente sconfinare nel fariseismo di chi si sente migliore degli altri: accetto il rischio. Soprattutto non vorrei sentirmi esortare alla solita sottomissione di (presunta) cristiana virtù, che è poi lo strumento con cui viene perseguita l’umiliazione di molti piccoli: la testa si può chinare di fronte a Dio, ma non è detto che si debba farlo davanti a tutti i suoi ministri…

Continuo così in questa strada di «praticante non credente» che, in fondo, si configura oggi come la mia personale ricerca di cristiano insoddisfatto. Ipotizzo che sia il percorso che la Provvidenza mi ha messo di fronte e vado avanti con fiducia, senza sapere dove mi porterà: sarà fede anche questa?

Qui l’originale

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