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Cosa succede quando il movimento per i diritti dei gay influenza le leggi?

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Steven W. Mosher - Aleteia - pubblicato il 05/11/14

“Making Gay Okay” di Robert Reilly spiega cosa ci riserva il futuro

Il movimento per la normalizzazione dell'omosessualità ha ricevuto l'inchino di un'altra istituzione, la Corte Suprema degli Stati Uniti. Il 7 ottobre, la Corte ha rifiutato di sostenere la definizione tradizionale di matrimonio come atto tra un uomo e una donna, permettendo alle sentenze dei tribunali di rango inferiore di capovolgere i divieti del “matrimonio” gay democraticamente approvati in cinque Stati.

Molti sono stati sorpresi dalla rapidità con cui il movimento per i “diritti” omosessuali ha travolto i suoi oppositori negli ultimi anni, rovesciando le concezioni di senso comune di matrimonio, famiglia e disordini sessuali in vigore da sempre. Filosofia, psichiatria ed educazione superiore in generale sono state le prime a capitolare alla lobby gay, seguite da scuole primarie e secondarie. L'esercito degli Stati Uniti sta seguendo gli ordini del comandante in capo di aprire le proprie fila agli uomini e alle donne apertamente omosessuali. Perfino i boy scout, la cui leadership una volta richiedeva che i membri fossero “moralmente retti”, hanno iniziato a cedere.

Un osservatore che non è sorpreso da tutto ciò è Robert Reilly, che all'inizio di quest'anno ha pubblicato un libro brillante sul pericolo per il contratto sociale rappresentato dal movimento moderno per i diritti omosessuali. “Making Gay Okay” è sia un testo di base che analizza ciascuno di questi che un trattato filosofico per spiegare perché, per usare le sue parole, “razionalizzare il comportamento omosessuale sta cambiando tutto”.

La lunga marcia dei progressisti sessuali attraverso le istituzioni americane è iniziata quasi mezzo secolo fa con un attacco alla pratica della psichiatria, che allora definiva l'omosessualità una “deviazione sessuale… verso atti sessuali… compiuti in circostanze strane… con oggetto diverso dalle persone del sesso opposto”. Reilly documenta come gli attivisti del Fronte di Liberazione Gay abbiano disturbato rumorosamente gli incontri dell'Associazione Psicologica Americana (APA) all'inizio degli anni Settanta, raggiungendo il proprio obiettivo nel 1973, quando l'omosessualità è stata tolta dalla lista delle malattie mentali.

Riesumando nuovi resoconti su quello sforzo, Reilly cita l'attivista lesbica Kay Lahusen, per la quale il fatto che l'omosessualità sia stata tolta dalla lista “è sempre stata più una decisione politica che una decisione medica” e che continua dicendo come nel 1987 la stessa parola “omosessuale” abbia smesso di esistere come categoria. Come indica Reilly, “la vittoria è stata completa. Il disordine era scomparso. Nessuna cura richiesta o accolta favorevolmente”. La psichiatria era stata subornata.

Come segno di ciò che sarebbe arrivato, non appena gli attivisti omosessuali avevano eliminato – almeno all'interno della psichiatria – lo stigma associato al loro comportamento sono andati all'offensiva, dipingendo le inclinazioni omosessuali come uno stato mentale positivo, perfino desiderabile, e le pratiche omosessuali come fonte di benefici. A livello statale, sottolinea Reilly, questi sforzi si sono concentrati sull'approvazione di leggi che bandissero le terapie di riparazione per gli adolescenti. La California, ad esempio, dal 2012 “proibisce ai professionisti della salute mentale… di impegnarsi in sforzi per cambiare l'orientamento sessuale… con pazienti al di sotto dei 18 anni”.

Il movimento omosessuale afferma che le preferenze sessuali dei suoi membri sono una caratteristica immutabile, come la razza. Reilly sfida questa affermazione documentando in modo molto dettagliato quanti di coloro che volevano cambiare il proprio orientamento lo hanno fatto con successo. “Se fosse immutabile”, chiede, “dov'è stata questa classe per migliaia di anni di storia?”.

L'indebolimento della scienza da parte del movimento omosessuale è continuato quando ha cooptato la disciplina della psicologia. Qui l'affermazione, fatta prima dal movimento e poi ripetuta da accademici compiacenti, è che la genitorialità omosessuale ha tanto successo quanto quella delle coppie eterosessuali. Le prove, come ancora una volta riassunte abilmente da Reilly, dicono che ci sono marcate differenze nei risultati, con i bambini cresciuti da un padre e da una madre che riescono molto meglio di quelli cresciuti da coppie omosessuali.

E così via con i “diritti” gay e l'educazione, i “diritti” gay e i boy scout, i “diritti” gay nell'esercito. In ogni caso, come mostra Reilly, i movimenti omosessuali radicali hanno avuto successo nell'infiltrarsi – a volte per ordine esecutivo, a volte entrando nella burocrazia, altre volte attraverso la pressione economica – in istituzioni che una volta erano libere dalla loro influenza.

Reilly, un vero uomo rinascimentale, è molto più un filosofo che uno storico, e la parte più affascinante del suo libro a mio avviso è la sua discussione sulle conseguenze spirituali dell'avanzata dell'agenda omosessuale. Non fraintendetemi: Reilly non cita la Scrittura. Cita Socrate, il quale, tra le altre cose, avvertiva del fatto che la cosa peggiore è la menzogna nell'anima.

Il comportamento omosessuale o è immorale e merita di essere condannato o è morale e merita di essere applaudito. Non può essere entrambe le cose.

Il movimento per i diritti omosessuali vuole, esige, niente di meno che la nostra promozione gridata a squarciagola di questo comportamento. Richiede di concordare sul fatto che la sodomia è un bene morale, quando chiaramente non lo è.

L'insegnamento della Chiesa cattolica sull'omosessualità (che Reilly, che si basa sul diritto naturale, non cita) si fonda “sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni, la Tradizione ha sempre dichiarato che 'gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati'. Sono contrari alla legge naturale. Precludono all'atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati” (CCC 2357).

La società americana viene ora obbligata ad accettare la bugia per cui il comportamento omosessuale è così moralmente ammirabile che dobbiamo promuovere e applaudire pubblicamente il matrimonio omosessuale, e insegnare ai bambini che è moralmente lodevole. Questo, sottolinea Reilly, è un invito “alla doppia vita della grande menzogna – fingere che ciò che è non sia e che ciò che non è sia”. E viene richiesto a tutti di ripetere la bugia, nei nostri tribunali, nelle nostre scuole e nelle aule governative, di modo che gli omosessuali possano essere sostenuti nelle loro illusioni. Quali illusioni? Secondo il docente di Diritto Francesco D’Agostino, l'“illusione che una legalizzazione più pervasiva della loro esistenza possa dare agli omosessuali quell'equilibrio interiore della cui mancanza soffrono così chiaramente”.

Reilly si prende la briga di sottolineare che nel corso degli anni ha avuto buoni rapporti di lavoro con una serie di colleghi che alla fine ha scoperto essere omosessuali. Sono certo che, come me – e come la Chiesa della quale entrambi siamo membri –, crede che questi uomini e queste donne che presentano “tendenze omosessuali profondamente radicate” debbano essere “accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione. Tali persone sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita, e, se sono cristiane, a unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro condizione” (CCC, 2358).

Sono certo che questa smentita non placherà gli attivisti omosessuali in collera con Reilly per aver detto coraggiosamente ciò che altri non hanno detto, che il movimento omosessuale va contro la natura, contro la scienza, contro il matrimonio, contro il bene comune e contro i migliori interessi degli omosessuali stessi.

Se volete conoscere il background della rivoluzione culturale in atto in America, leggete il libro di Robert Reilly. Armatevi delle sue argomentazioni basate sulla scienza e sul diritto naturale, e poi parlate.

Non sarà il militarismo cinese o il terrorismo dell'ISIS ad abbattere l'America. Se ciò accadrà, sarà il risultato della nostra mancanza di volontà nel difendere l'unica istituzione indispensabile, l'unica istituzione che è stata la base della forza americana fin dall'inizio: la famiglia naturale.

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Steven W. Mosher è presidente del Population Research Institute e autore di Population Control: Real Costs, Illusory Benefits.

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]

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