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Il rischioso “mercato” dei donatori di seme

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Lucandrea Massaro - Aleteia Italia - pubblicato il 28/06/17

Con l'abrogazione della Legge 40 e la diffusione dei social network ci sono nuove sconvolgenti questioni da dover affrontare...

La decisione della Consulta di abrogare la Legge 40 sulla procreazione assistita ha gettato l’intero settore – a 3 anni dalla sentenza – in un limbo dove tutto è permesso perché nulla è vietato. In questo Far West sta emergendo una figura spregiudicata e pericolosa come quella del “donatore di seme”, uomini che tramite le maglie larghe dei social, specialmente grazie a Facebook, mettono a disposizione il proprio sperma a donne (single, sposate o lesbiche) che vogliono procreare a tutti i costi.

Nascono così “servizi” (volontari e non), di certo non ai costi proibitivi delle cliniche private ma al contempo, in questo vero e proprio mercato, non si sa nemmeno chi si ha di fronte.

Si nascondono dietro falsi profili. Contattano direttamente gli interessati. Il messaggio iniziale è sempre lo stesso o quasi. “Sei in cerca di un donatore?”, Poi si passa alla trattativa vera e propria che può durare ore o giorni. Nessuna immagine del profilo è consentita: si sceglie a scatola chiusa. Solo un messaggio dietro l’altro fino a fissare l’incontro, quello che precede il momento dell’inseminazione. Entrare a far parte dell’esercito del seme è facile, facilissimo. Basta iscriversi a uno dei tanti gruppi in cui ci si imbatte su Facebook. In appena un’ora si ha la possibilità di accedere a una vasta gamma di donatori, di ogni provenienza geografica. Dicono di “immolarsi per la causa”, di “seguire una vera e propria missione di vita” e “di voler dare gioia a tutte quelle coppie, donne single o lesbiche che non possono avere un figlio”. Non serve scavare molto per scoprire, però, che la maggior parte dei soggetti dona il proprio seme solo in maniera naturale. In parole povere, accettare una “donazione” passando per questa via equivale a fare sesso con uno sconosciuto (Espresso 27 giugno).



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Il più delle volte quindi il donatore agisce sotto pseudonimo, ci sono casi in cui la “ricevente” non conoscerà mai l’identità reale del “donatore”, i quali nella quasi totalità dei casi non vuole sapere nulla del destino dei figli. Come ad esempio “Donato Re“, uno dei più attivi con base in Emilia Romagna che a Vanity Fair racconta:

«Sono selettivo. Dono in anonimato: la ricevente non conoscerà mai il mio nome e cognome, io non comparirò sull’atto di nascita del bambino e non sono per la co-genitorialità. Tuttavia, voglio avere la garanzia che il bimbo o la bimba crescano in un ambiente sano, pulito, che ricevano una buona educazione, un’istruzione adeguata. Che vengano accolti in un contesto che li ami. In quel caso dico di sì. Se qualcosa non mi convince, a pelle, e dubito della “maturità” della ricevente, mi tiro indietro» (Agosto 2016).

E sempre tramite Facebook:

Jens, nome di fantasia, è uno studente universitario di 24 anni e due anni fa ha creato il gruppo Facebook “Donazione di seme: dono di vita”, che mette in contatto donne alla ricerca di una gravidanza e uomini disposti a donare i propri spermatozoi. «Nel 2011 lessi un articolo su una delle banche del seme più grandi al mondo», racconta. «Pensai di farlo anch’io, magari quando sarei andato in Erasmus. Poi ho scoperto che esisteva il fai da te. Allora in Rete c’era solo qualche annuncio, ma era soprattutto gente che cercava soldi e rapporti sessuali». Un anno dopo decide così di aprire la pagina Facebook. «Per fare ordine», dice. Da allora, i bambini nati con il suo seme sono stati nove, mentre due gravidanze sono attualmente in stato avanzato. «L’ultimo mese è stato fortunato e mi sono arrivate le notizie di quattro nuove gravidanze», racconta (Linkiesta, 2014).

Ma oltre ai pericoli per la salute, c’è qualcosa di oscuro in tutto questo: la trasformazione dei figli in cose. Cose da regalare, cose da desiderare. Un fenomeno non solo italiano, ma diffuso, dalla Francia agli Stati Uniti.

C’è qualcosa di inquietante e anche di primitivo nel desiderio di tramandare la specie spargendo sperma come stalloni. E nella pratica, che finisce per comprendere spesso l’atto sessuale, con il patto di nessuna pretesa successiva, c’è il sogno di parecchi maschi. Per questo l’aspirazione “a fare felici le donne e a dare la vita” può sembrare a volte tutto un immenso alibi maschilista e un delirio di onnipotenza. Ma hanno importanza le vere o presunte intenzioni del donatore se il fine ultimo per una donna è avere un figlio? Gli scenari che si aprono in realtà sono di tutt’altra natura. Come si farà a evitare che un fratello e una sorella senza saperlo non si incontrino sessualmente e magari procreino? (Wired, 2014)

Anche per questo la questione di una più stretta regolamentazione è fondamentale, i potenziali rischi per le generazioni a venire oggi possono sembrare allarmismo, domani potrebbero risultare fondati.




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