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5 ragioni che fanno saltare le terapie di coppia

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Bénédicte de Dinechin - pubblicato il 09/05/18

Se pure ne aiuta parecchi, per altri la terapia di coppia “non serve a niente”. Ma da cosa dipende la riuscita di una tale pratica coniugale? Prima di andare in consultazione e di affidare le proprie chances a questo strumento, è necessario avere coscienza di certi elementi fondamentali.

La vostra vita di coppia va male, o perlomeno questo è quanto sente uno di voi due. Come spesso accade, non siete d’accordo: quando uno ritiene che sia decisamente arrivato il tempo di farsi aiutare, l’altro pensa che le cose andranno a posto da sole. In più uno dei due pensa: «Non serve a niente andare da uno strizzacervelli». Senza contare che forse avete sentito testimonianze scoraggianti: «Abbiamo provato di tutto: un fine settimana da giovani sposi, lingerie sexy, anche una terapia di coppia…». Senza successo per loro, a quanto pare.


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Eppure le terapie salvano delle coppie. Confessare di aver fatto ricorso all’aiuto psicologico resta ancora una cosa delicata da raccontare a colleghi ed amici. E quanto agli altri, a quelli per cui «la consulente coniugale non è servita a niente», che cosa è successo? Il fallimento andrebbe imputato a una professionista poco competente? Non necessariamente. Perché una terapia abbia successo, alcuni principî sono imprescindibili.

Per riconciliarsi, bisogna essere in due

Una coppia non può ricostruire se è il progetto di uno solo dei due. La difficoltà viene da un calo nella volontà di ricostruire, cioè nella percezione della necessità di una consultazione. Spesso è dopo mesi o anni di richiesta da parte di uno dei due che l’altro accetta di rivolgersi a un aiuto esterno. Ciò che conta, qui, è la volontà, anche solo la scintilla di volontà che può permettere di ritrovare l’energia per superare un conflitto e tornare a scegliersi. La voglia è un sentimento, affettivo e volatile. La volontà è quanto ci è stato domandato il giorno del matrimonio: «Non ci si sposa perché ci si ama, ma ci si sposa perché ci si vuole amare».

Scegliersi è rinunciare

Come ricominciare con Paolo se avete ancora nelle narici il ricordo del profumo di Pietro? Come sopportare le impazienze di Giulia se avete ancora nelle orecchie le parole dolci scambiate con Alma quello stesso pomeriggio? Lasciare l’amante, quando una coppia s’ingolfa così tanto, è un atto di coraggio indispensabile per chi voglia andare avanti e tornare a credere nel proprio matrimonio.


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La prima cosa da fare quando si smette di fumare è gettare tutti i pacchetti di sigarette, nonché di smettere ogni frequentazione di spazi per fumatori. È lo stesso nella vita di coppia: è impossibile costruire se non si è scelto. Sarebbe come una nave che sganciasse il motore, invece di levare l’ancora, nell’atto di mollare gli ormeggi: rischierebbe di colare a picco dietro al motore. Tenersi un legame impedisce la ragione, inquina i sensi. È pure una questione ormonale, dipende dall’ossitona che crea l’attaccamento ed impedisce di prendere buone decisioni.




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Andare avanti non è voler ritrovare il passato. Bisogna accettare di scrivere un nuovo capitolo della storia della coppia. No, Giulia non ritroverà la sua dolcezza: meno male che ha imparato ad opporsi. No, Marco non si farà più in quattro per Elena: ormai sa dire di no e smetterà di rimproverarle la sua troppo forte esigenza. No, non avrete più la spensieratezza di un tempo per il solo fatto di aver schivato il peggio… ma saprete gustare ancora di più il valore del vostro amore salvato. Niente sarà più come prima, spetta a voi raccogliere la sfida di passare una buona volta a un amore adulto, quello di due persone libere che si scelgono. Sormontare una crisi di coppia in due porta a una maggiore prossimità, a più verità e a tanta benefica umiltà… a condizione di perdonare.

Solo il perdono permette di amare di nuovo

Il perdono è indispensabile per evitare che sorgano rancori, e che questi facciano danno su danno. Solo il perdono, dato dopo una guarigione della ferita subita, permette di rinnovare la relazione. È nefasto perdonare se le prepotenze, le umiliazioni e le altre cause di sofferenza si reiterano: non fareste che atteggiarvi a vittima, e non a persona responsabile della relazione. È dunque necessario far cessare l’offesa, quindi che si avvii un reale cambiamento. Non perdonare può portare a quattro scogli: guardare all’indietro, vendicarsi, vivere nel risentimento, integrare le parole o le attitudini che ci hanno feriti a rischio di continuare da noi stessi il lavoro di auto-demolizione. Il perdono soltanto permette di amare di nuovo liberamente.

Non tocca all’altro cambiare

A nulla serve attendere che il coniuge cambi perché le cose vadano meglio. Rischiate di scoraggiarvi. Non soltanto ciascuno vince accettando di cambiare la propria maniera di stare in relazione, ma un lavoro su di sé è talvolta la condizione indispensabile per il prosieguo di una coppia rimessa in carreggiata. Agapeterapia, coaching… mica ci sono solo i classici psicologi per trovare come rimediare alle ferite della propria infanzia o elaborare i lutti. Alcune coppie non andranno mai in consulenza insieme: è il caso di Chloé, che è venuta da sola a parlare della sua relazione coniugale. Ha potuto prendere coscienza del fatto che c’erano altri modi di vivere i conflitti, e ha potuto trasformare la delusione di essere sola nella gioia di aver avuto un coaching relazionale che ha avuto effetti benefici sulla sua vita di coppia.


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[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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