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Le monete della Fontana di Trevi e quel legame tra Roma e la “carità” (oltre che la Caritas)

FOUNTAIN TREVI

DFLC Prints I Shutterstock

Lucandrea Massaro - pubblicato il 14/01/19

Marcia indietro della Raggi, ma possibile che ci si debba rivalere sempre sugli ultimi per fare cassa?

Fu una intuizione del sindaco Francesco Rutelli che nel 2001, poco prima della fine del suo mandato, decise che le monetine beneauguranti che i turisti lanciavano nella splendida Fontana a pochi passi da Via del Corso, andassero alla Caritas romana per l’aiuto ai più bisognosi. Nessuno successivamente, neppure al cambio di colore della città, quando vinse Gianni Alemanno, pretese di cambiare nulla, fino all’uscita decisamente infelice dell’amministrazione di Virginia Raggi che ha deciso che quel gruzzoletto (circa un milione e mezzo di euro l’anno) erano un qualcosa che andava sottratto alla Caritas e gestito tramite un bando.

Non è una tassa, ma una occasione di solidarietà

E’ proprio l’ex sindaco di Roma a ricordare come si arrivò a destinare alla Caritas quei fondi. “La decisione fu presa dalla mia Giunta a metà anni ’90, dunque più di 20 anni fa: mi accordai con don Luigi Di Liegro, il profetico animatore della Caritas romana”. All’epoca “c’era un caos inaccettabile: piccoli lazzaroni che si litigavano le monetine considerate res nullius, ovvero: il primo che arriva ed più aggressivo se le prende. E il più aggressivo era un certo ‘D’Artagnan’, che aveva accumulato centinaia di verbali, mai pagati, dei Vigili Urbani. Con un particolare: Fontana di Trevi è un capolavoro universale, da tutelare e proteggere, e non da lasciare in balia di piccola delinquenza. Quindi – dice Rutelli – adottammo una tecnica semplice: l’Acea ripuliva periodicamente la Fontana, raccoglieva le monetine e i volontari della Caritas censivano il denaro e lo destinavano, con resoconti precisi, alle attività benefiche”.
Rutelli spiega che “quei denari non sono provento di una tassa, o dell’imposta di soggiorno”, ma “una specie di sogno, con l’espressione di desideri, il cui provento economico non va certo assimilato, che so, a una tariffa o ai proventi di una concessione. E’ bello che con quei denari si offrano pasti caldi a persone povere. Non solo stranieri: ricordiamoci che sempre più alle mense della Caritas vanno a sfamarsi nostri concittadini in difficoltà” (Repubblica)

Una decisione precisa

Quella della giunta pentastellata non è una gaffe, un errore in buona fede, perché della revisione circa la destinazione d’uso di quei soldi si parla almeno dall’ottobre 2017. C’è dunque una idea precisa da parte dell’amministrazione circa il modo in cui si aiutano i più deboli. Quale non è chiara, ma non passa da Caritas.

Finora l’Acea, che è incaricata della manutenzione delle fontane romane, periodicamente svuota le vasche, insacchetta tutte le monete recuperate consegnandole a incaricati della Caritas romana alla presenza della Polizia di Roma Capitale che verbalizza la procedura. Il contenuto dei sacchetti poi dai volontari Caritas viene asciugato, pulito, separato per valuta, contato e infine versato in banca. La Caritas trimestralmente fornisce al Comune un resoconto su come vengono impiegate le somme che da diversi anni superano il milione l’anno. Nel 2018 il raccolto è stato di poco superiore al milione e mezzo di euro (Avvenire)

Come dicevamo la decisione di cambiare la destinazione delle monetine era stata presa nell’ottobre del 2017 dalla giunta Raggi e prorogata a gennaio 2019 a causa delle molte proteste; per lo stesso motivo il 28 dicembre scorso Raggi aveva firmato un’ulteriore proroga ad aprile. Ora sembra che Raggi abbia di nuovo cambiato idea, scrive il quotidiano della Capitale, Il Messaggero, ma bisognerà aspettare la riunione di oggi per capire meglio cosa si deciderà.

Grande imbarazzo ieri in Campidoglio per le polemiche, e le critiche, legate alla scelta di tenersi tutte le monetine depositate sul fondo della Fontana di Trevi. Al punto che Virginia Raggi ha dovuto correre ai ripari facendo filtrare la sua irritazione e convocando una riunione con i servizi sociali, il dipartimento Cultura e i funzionari del bilancio per «chiedere chiarimenti» su come gestire quel milione e mezzo di euro che vengono recuperati ogni anno dai fondali. E soprattutto su come evitare la figuraccia. Tradotto: il Comune continuerà in qualche modo la collaborazione con la Caritas a cui erano tradizionalmente destinati gli spiccioli tuffati nell’acqua dai turisti. Alla fine lo strumento scelto potrebbe essere quello del protocollo con Caritas che sancirebbe un principio: quei soldi non sono di proprietà della Caritas e il Comune potrebbe esercitare un controllo di trasparenza.

La scusa della trasparenza non è credibile, perché appunto Caritas rendiconta trimestralmente quanto riceve e come lo spende, sembra più una questione ideologica, in linea con molte altre decisioni della giunta capitolina circa i tagli al sociale e alla salute, spesso fortunatamente rientrati nel giro di pochi giorni ma che nel frattempo generano sconcerto e soprattutto la sensazione di non avere progettualità di lungo periodo (si veda lo strano tira e molla sul bilancio riguardante la spesa a sostegno della salute mentale).

Ma cosa fa la Caritas di Roma?

Un esercito del bene. A Roma si muovono sotto le insegne della Caritas 5 mila volontari e 300 operatori impegnati ogni giorno in 51 opere tra mense, ostelli, comunità alloggio, case famiglia, ambulatori medici, servizi domiciliari, centri di ascolto nelle carceri e 145 centri di ascolto parrocchiali. Un aiuto – come detto – non solo per gli stranieri, ma anche per gli italiani in difficoltà, che sempre di più si affidano alle Caritas lungo la penisola per un aiuto a causa della crisi, della mancanza di lavoro.  “I soldi raccolti nelle fontane – spiega Vita–  finora hanno coperto una fetta importante del bilancio Caritas che per il 70% è costituito da convenzioni pubbliche della Regione o del Comune (mense, ostelli, case famiglia…) e il restante 30% da fondi privati: per la metà dall’8 per mille della Cei, da collette e raccolte. E per l’altra metà dalle monetine della Fontana di Trevi”. Ne consegue che quella proveniente dalle monetine è una fetta importante che equivale circa al 15% del bilancio della Caritas romana, non si può pensare che tagliandola dalla sera alla mattina, questo non pregiudichi la possibilità di erogare lo stesso numero di servizi.

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Le proteste sembrano aver di nuovo stoppato la Giunta e si lavora per una soluzione. “C’è preoccupazione – dice il direttore di Caritas Roma, don Benoni Ambarus – ma c’è tutto il desiderio di continuare a collaborare con il Campidoglio”. “In queste ore – dice a Vatican News – alberga il desiderio di dire grazie ai milioni di turisti che, lanciando le monetine nella Fontana di Trevi, hanno donato una marea di solidarietà. Spero di dire grazie anche in futuro a nome dei poveri“.

Aggiornamento ore 16:09

L’Osservatore Romano fa sapere – dopo aver contattato la Sindaca – che la Raggi ha deciso che non solo i soldi della Fontana di Trevi resteranno nelle disponibilità della Caritas, ma che anche quelli delle altre fontane potrà essere destinato all’aiuto dei poveri, aumentando così di circa 200 mila euro annui i fondi privati dell’ente benefico della Diocesi. Una ottima notizia che ci ricorda che protestare contro una cosa ingiusta alla lunga paga.

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