Nel corso degli ultimi 30 anni, la cosiddetta “legge antiblasfemia” ha portato almeno 1.549 persone ad essere accusate di offese contro il Corano, il libro sacro dei musulmani, o contro Maometto, il suo profeta, secondo il Centro Pakistano di Giustizia Sociale, entità che monitora i tanti casi aberranti in cui la legge è manipolata come semplice strumento di vendetta personale.
La legge impone la prigione a vita o perfino la pena di morte, anche per impiccagione, alle persone condannate per blasfemia. In gran parte dei casi, i giudici di prima istanza si vedono costretti a condannare i rei anche senza prove reali, sotto la pressione di moltitudini fanatiche e manipolate da chierici islamici estremisti.
Tra i 1.549 casi registrati, 75 persone sono state assassinate ancor prima di essere giudicate, sia sotto custodia della Polizia che linciate dalla folla impazzita.
Uno degli episodi di linciaggio più aberranti è avvenuto nel 2014 vicino alla città di Lahore.
Nella regione del Kot Radha Kishan, tra i campi verdi, proliferano decine e decine di alti camini di forni di mattoni, accanto a ciascuno dei quali si possono vedere centinaia di blocchi impilati.
Uno di quei forni è stato trasformato in camera di tortura e di brutale assassinio quando la coppia cristiana formata da Shahzad e Shama Maseeh è stata accusata di blasfemia e arsa viva dalla folla incitata da un chierico islamico.
In una deposizione alla rete britannica BBC, il giornalista pakistano Rana Khalid ricorda la barbarie mostrando una piccola costruzione accanto a uno dei forni:
“La coppia era chiusa lì dentro per proteggersi dalla folla”.
Vari dei fanatici assassini sono saliti sul tetto e hanno praticato un foro per tirar fuori la coppia.
“Sono stati picchiati brutalmente, con bastoni e mattoni, trascinati dagli uomini furiosi del villaggio fino al forno dei mattoni e gettati dentro”.
La folla era stata indotta a credere, senza alcuna prova, che Shahzad e Shama avessero bruciato varie pagine del Corano insieme alla spazzatura.
Cinque persone del villaggio, incluso il chierico responsabile per l’induzione al linciaggio, sono state condannate a morte dalla Giustizia pakistana dopo essere state processate per l’assassinio della coppia cristiana. Otto abitanti sono stati condannati a due anni di prigione per aver incitato la popolazione alla violenza.
Molti di quegli assassini sono considerati eroi e martiri da buona parte della popolazione ignorante.
Non sono solo i cristiani a subire la furia del fanatismo islamico manipolato da leader religiosi squilibrati e omicidi. Perfino gli stessi musulmani ne sono infatti spesso vittime, visto che la legge antiblasfemia è tanto generica, soggettiva e manipolabile che molte accuse sono dovute solo a crudeli tentativi di distruggere nemici che non hanno commesso alcuna blasfemia.
Il caso con la maggiore ripercussione in Occidente è stato quello della cattolica Asia Bibi, sposata e madre di cinque figli, condannata a morte per impiccagione per presunta blasfemia contro Maometto. Dopo quasi dieci anni nel braccio della morte, è stata assolta per mancanza di prove – grazie all’enorme pressione internazionale e alla mobilitazione di gruppi della società civile in Pakistan, formati da cristiani e musulmani inorriditi per l’ingiustizia di quella legge arbitraria imposta dalle fazioni.
Pur dovendo abbandonare il proprio Paese con la famiglia per non essere vittima delle orde fanatiche disposte a farsi “giustizia” con le proprie mani, Asia Bibi ce l’ha fatta, e alla fine di gennaio è stata definitivamente assoslta.
Non si può dire purtroppo lo stesso di decine di altre vittime, che attendono ancora l’impiccagione.
Quando è stata arsa viva con il marito Shahzad, Shama era al quarto mese di gravidanza.