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La cosa scioccante che ancora non sappiamo sulla nascita

PREGNANCY

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Calah Alexander - pubblicato il 13/03/19

Per decenni, la ricerca medica sulla gravidanza e sulla nascita è stata in una posizione di stallo. Ora due ricercatrici cercano di cambiare la situazione

Ecco una cosa scioccante che le donne imparano alla loro prima gravidanza: la scienza medica attuale, che ha compiuto talmente tanti progressi oltre la prevenzione delle malattie al punto che il genome editing domina ora i titoli, non ha idea di come funzioni la nascita.

Sul serio. Quando era incinta del mio primo figlio nel 2005, ho iniziato a leggere tutto ciò che trovavo sulla nascita. Come la maggior parte delle neomamme, volevo capire e prepararmi alla prova decisiva a cui il mio corpo si sarebbe sottoposto a breve. Se c’è una buona comprensione dei meccanismi del travaglio e del parto, è in realtà una conoscenza superficiale coperta con termini vagamente scientifici come “processo ormonale”. In alcuni casi non c’è nemmeno il tentativo di farlo – si dice spesso che l’inizio del travaglio sia innescato da un “processo misterioso” e medici e scienziati gettano sul tavolo teorie sempre mutevoli, sperando che una attecchisca.

La nascita, però, è una questione di vita e di morte sia per la madre che per il bambino. Il fatto che alla scienza medica basti dire che l’inizio del travaglio è innescato da qualche tipo di voodoo che non può essere compreso è oltraggioso. Un bambino su 10 nasce prematuro, e la nascita prematura è responsabile del 25% delle morti infantili. Comprendere questo “grilletto” che scatta e cercare modo per evitare che avvenga in modo prematuro potrebbe salvare migliaia di vita – il che è proprio quello che l’ingegnere medico Kristin Myers e l’ostetrica e ginecologa dottoressa Joy Vink hanno deciso di fare per riempire i vuoti nella conoscenza medica sulla nascita.

“È sbalorditivo che in quest’epoca ancora non si capisca [perfino] in una gravidanza normale come le donne entrino in travaglio – quali ‘detonatori’ entrano in funzione”, sostiene la dottoressa Vink. “Non conoscendo i meccanismi fondamentali normali, non capiamo come le cose possano andare male, e quindi come risolvere la situazione quando questo accade”. Le maggior parte delle conoscenze fondamentali sulla gravidanza deriva dalla ricerca condotta negli anni Quaranta, ricorda il medico, che sta lavorando sodo per aggiornarle.

La dottoressa si è concentrata innanzitutto sul collo dell’utero, perché se i medici riescono a far sì che questo resti chiuso nelle ultime, fondamentali settimane di gestazione, il bambino non nascerà troppo presto, anche se la placenta si rompe. “E allora, di cosa è fatto il collo dell’utero? Quali proteine contiene, quali cellule? Come interagiscono tra loro? Come cambiano nella gravidanza?”, chiede. Alla fine della gravidanza, il collo dell’utero di una donna passa dall’essere rigido, come la punta di un naso, ad essere molto morbido, ma come? Una delle sue prime scoperte, afferma, è che il collo dell’utero non è fatto principalmente di collagene, come hanno pensato a lungo i medici. “Ha anche buona parte di muscolo, soprattutto verso l’alto”.

Avete capito? Per molto tempo i medici hanno sbagliato su cosa sia il collo dell’utero, un elemento anatomico fondamentale della metà della popolazione umana. Considerando il ruolo cruciale che gioca il collo dell’utero nella nascita, non stupisce che travaglio e nascita siano così poco compresi e che le donne e bambini siano stati così poco serviti dalla ricerca medica.

Fortunatamente la tendenza sta cambiando, e non solo nel campo del travaglio pretermine. Quando è nato il mio ultimo figlio nel 2016, ho avuto una forte emorragia post-partum che la mia dottoressa non riusciva a fermare usando tutti gli strumenti e i dispositivi che aveva introdotto nella stanza nel caso in cui fossero serviti. Prima che ricorresse a un’isterectomia d’emergenza (per decenni l’ultima ratio nel caso di emorragie post-partum), ha provato un’ultima cosa – un palloncino Bakri.

È quello che sembra: un palloncino riempito di fluido che sigilla l’utero e fa pressione sul punto del sanguinamento, aiutando a controllare l’emorragia. Dalla sua invenzione nel 2001, ha un tasso di successo dell’86% nel controllare le emorragie post-partum, e nei casi in cui non è servito ha portato i medici a stabilizzare la paziente e a preparare l’intervento chirurgico.

Io sono rientrata in quell’86%. Dopo 24 ore, l’emorragia si era arrestata e sono riuscita ad andare a casa il giorno dopo. Il terrore di sentire scorrere via da me la vita mentre la mia mente si allontanava dalla realtà non è tuttavia finito, né ha avuto fine l’angoscia di sentire mio figlio neonato piangere senza che io fossi in grado di consolarlo. Riesco ancora a ricordare il modo in cui la mia mente sapeva che dovevo aver paura e la simultanea comprensione del fatto che la paura andava al di là delle mie capacità. Sarò eternamente grata per quello che mi è accaduto nel 2006, quando la mia dottoressa aveva gli strumenti per salvarmi, a differenza di quello che accadeva nel 1916, o nel 1996.

L’emorragia post-partum è la causa principale di morte post-parto. Questo semplice dispositivo ha rivoluzionato l’assistenza successiva al parto e ha salvato la vita di innumerevoli donne – inclusa la mia. Riuscite a immaginare quante vite verrebbero salvate e quanti genitori si risparmierebbero l’agonia di perdere il proprio bambino se quello stesso tipo di ricerca potesse essere applicato al travaglio pretermine?

Io sì, e sono davvero contenta di sapere che ci riescono anche Kristin Myers e la dottoressa Vink.

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