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I dolori che subiva Maria Simma per espiare i peccati delle anime del Purgatorio

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Maria Simma (1915-2004)

don Marcello Stanzione - pubblicato il 25/03/19

La mistica di origini austriche ha sofferto molto e raccontato ciò che provava in un libro. Di cui riportiamo alcuni episodi

Per molti anni i libri di Maria Simma sul Purgatorio come ad esempio “Fateci uscire di qua” sono stati dei veri bestsellers dell’editoria religiosa. Maria Agata Simma, seconda figlia di Giuseppe Antonio Simma e della sua sposa Aloisa Rindere, è nata il 5 febbraio 1915 a Sonntag (Vorarlberg) ed è morta a Sonntag il 16 marzo 2004. Sonntag e situato all’estremo lembo del Grosswalsertal, a circa 30 km ad est di Feldkirch, in Austria.

Il padre di Maria Simma, Giuseppe Antonio, era figlio del proprietario della locanda del Leone (Lowe), chiamato anche lui Giuseppe Antonio, e di sua moglie Anna Pfisterer di Sonntag. Per anni si guardò la vita come custode, poi come contadino di suo fratello Johann Simma, agricoltore a Bregenz, dove fece la conoscenza di Aloisa Rinderer, figlia d’un impiegato delle ferrovie che Johann aveva preso con sé ed allevata. Giuseppe se la sposò malgrado una differenza d’età di 18 anni. Andarono ad abitare nelle vicinanze di Sonntag. Durante la prima guerra mondiale fu portalettere, poi stradino e bracciante, poi pensionato. Con sua moglie ed i suoi otto figli andò ad abitare in una vecchia casa che gli era stata data in testamento da un buon vecchio, Franz Nickel, maestro carpentiere.


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A causa della grande povertà in famiglia, i figli andarono giovanissimi a servizio e dovettero guadagnarsi il pane: i ragazzi come operai e le ragazze come bambinaie. Maria Simma fu, fin dalla giovinezza, molto pia e frequentò assiduamente i corsi d’istruzione religiosa dati dal suo curato, dott. Karl Fritz. Dopo la scuola elementare partì per la Svevia, più tardi per Hard, Nenzing e Lauterach. Voleva farsi suora: ma, a tre riprese, si vide rimandare a casa, a causa della sua debole costituzione. Il suo corredo per il convento l’aveva già in parte mendicato e in parte guadagnato da sola. Per tre anni fu a servizio a Feldkirck, alla casa di San Giuseppe. Dopo essere uscita da Gaissau tenne a casa suo padre ed ebbe cura della Chiesa. Dalla morte di suo padre, nel 1947, vive sola nella casa paterna.

Per sopperire ai bisogni della vita si occupa di giardinaggio. Vive così di povertà e viene aiutata da gente caritatevole. I suoi tre soggiorni in convento l’hanno formata e l’hanno fatta progredire spiritualmente, preparandola così al suo apostolato in favore delle anime del Purgatorio. La sua vita spirituale è caratterizzata dall’amore filiale verso la Santissima Vergine e dal desiderio di soccorrere le anime del Purgatorio, ma anche d’aiutare con tutti i mezzi le Missioni. Ella ha votato la sua verginità alla Madonna e ha fatto la consacrazione a Maria del Santo Luigi Grignion de Montfort, in favore, soprattutto, dei defunti; si è pure offerta a Dio, facendogli il voto come “anima vittima”, vittima d’amore e d’espiazione.


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Maria Simma ha trovato ora, sembra, la vocazione che Dio le ha assegnata: aiutare le anime del Purgatorio con la preghiera, la sofferenza espiatoria e l’apostolato. Fin dall’epoca del nazismo ha aiutato a preparare i bambini alla Confessione ed al catechismo della Prima Comunione, dando loro un’istruzione religiosa complementare e dimostrando, in questo esempio, un vero talento ed un grande “saper fare”. Già dall’infanzia, Maria Simma era venuta in aiuto delle anime del Purgatorio con preghiere guadagnando loro delle indulgenze.

A partire dal 1940 le anime del Purgatorio vennero certe volte a domandarle soccorso in preghiera. Nel giorno di tutti i Santi del 1953 la Simma cominciò ad aiutare i defunti con sofferenze espiatorie. Soffrì moltissimo per un ufficiale morto in Corinzia nel 1660. Questi dolori corrispondevano ai peccati da espiare. Durante la settimana che segue la festa di tutti i Santi, pare che le anime del Purgatorio ricevano delle grazie, tramite l’intervento della Santissima Vergine. Il mese di novembre sembra pure essere per loro un tempo di grazie particolarmente abbondanti.


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Maria Simma era felicissima di vedere il mese di novembre, ma fu solo alla festa dell’Immacolata (8 dicembre) che ebbe inizio veramente la sua missione. Un prete di Colonia, morto nel 555, si presentò a lei con l’aria disperata: veniva a chiederle delle sofferenze espiatorie che lei doveva accettare spontaneamente, altrimenti egli avrebbe dovuto soffrire fini al giudizio universale. La Simma accettò; e fu per lei una settimana di dolori terribili. Ogni notte quest’anima veniva a darle nuove sofferenze. Era come se le avessero slogato tutte le membra. Quest’anima l’opprimeva, la schiacciava, per così dire; e sempre, da ogni parte, nuove spade penetravano in lei con violenza, Un’altra volta era come se si appoggiasse contro di lei una lama spuntata, che, incurvandosi, in seguito alla resistenza, si conficcava in ogni parte del suo corpo. Quest’anima doveva espiare omicidi (aveva partecipato al martirio delle compagne di Sant’Orsola), la sua mancanza di fede, adulteri e Messe sacrileghe.


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