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Ogni volta che finiamo di pregare diciamo “Amen”. Perchè?

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Diocesi cattolica di Saginaw (Michigan, Stati Uniti) | CC BY-ND 2.0

Philip Kosloski - Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 25/07/19

E' un termine ebraico usato spesso nell'Antico e nel Nuovo Testamento, citato 70 volte nei Vangeli

I cristiani (come gli ebrei e i musulmani) del mondo dicono “Amen” innumerevoli volte al giorno, sia nella preghiera personale che nella liturgia. Per molte persone è ormai naturale pronunciare questa parola senza neanche pensarci. Per molte altre, purtroppo, non ha un senso particolare, e viene pronunciata solo perché si trova alla fine di una preghiera.

Questo termine ha tuttavia un profondo significato spirituale, che spesso viene trascurato.

Amen” è un termine ebraico usato spesso nell’Antico e nel Nuovo Testamento. Secondo Bible Study Tools, “la forma verbale si ritrova oltre un centinaio di volte nell’Antico Testamento… [e] quasi in 70 occasioni nei Vangeli”.

Quando lo utilizza Gesù

Anche Gesù, spesso, l’ha utilizzata durante le sue predicazioni. In genere viene tradotta come “in verità”. Infatti alla radice della parola “Amen” troviamo un’altra parola-cardine del messaggio messianico: il termine è “verità”, o comunque “conferma di una verità”. Nell’Antico Testamento, indica in genere una piena accettazione di ciò che si è espresso in precedenza. L’avverbio ebraico “ámén”, infatti, ha come significato “certamente”, “in verità”, o – ancor meglio – “così sia”. Etimologicamente è connesso con il verbo “ámán”, che significa “educare”.

Secondo la Catholic Encyclopedia, “quando Nostro Signore usa il termine ‘Amen‘ per introdurre una dichiarazione, sembra richiedere la fede dei suoi ascoltatori nella sua parola o nel suo potere”. In altre parole, Gesù cerca di suscitare un pieno assenso ai suoi insegnamenti da parte dei suoi seguaci, affermando al contempo la sua autorità divina (www.theologia.com).


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Nel Vecchio Testamento

Per approfondire ulteriormente il suo potere spirituale, si può fare riferimento ad alcuni episodi del Vecchio Testamento. In particolare, riportiamo Neemia 8,6:

“E lei si alzò e si misero a pregare e a chiedere che venisse su di loro la salvezza, dicendo: “Signore, (…) degnati di aver misericordia di me e di lei e di farci giungere insieme alla vecchiaia. E dissero insieme: «Amen, amen!»”.

In alcune traduzioni latine l’“Amen, amen” originario è reso come “Fiat, fiat”. È una traduzione interessante, visto che il “Sì” della Madonna in occasione dell’Annunciazione è noto in latino come il suo “Fiat”, termine che indica l’umile obbedienza di Maria alla Parola di Dio. In questo contesto, “Amen” non si limita ad affermare ciò che è stato detto, ma è un pegno di fedeltà a Dio in umile sottomissione.


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Durante la liturgia

Fin dai primi cristiani, fu adottata la parola “amen” nel contesto liturgico, assegnandola alla congregazione per affermare ciò che veniva detto o pregato. Da allora ha continuato ad essere una parte centrale della preghiera cristiana.

Nella liturgia, ad esempio, è usata come risposta dell’assemblea alla fine delle preghiere liturgiche: ha il significato di esprimere l’assentimento per ciò che si è detto e per augurio che la preghiera sia esaudita. Il suo significato si lega al concetto di affidamento. Certamente, uno dei “più importanti” (diciamo così) amen, lo pronunciamo proprio nel momento più alto della liturgia, quando riceviamo il Corpo di Cristo (sanfrancescopatronoditalia.it, 24 luglio).

[Ha collaborato Roberta Sciamplicotti]




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