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Quando Giovanni XXIII ci guidò nella sua infanzia per promuovere una devozione secolare

POPE JOHN JOHN XXIII

Renata Sedmakova | Shutterstock

Nicholas Senz - pubblicato il 29/07/19

La sua famiglia recitava una litania speciale ogni giorno di luglio, e il Papa ne parlò in una Lettera Apostolica

Nella tradizione cattolica, ogni mese dell’anno è associato a una particolare pratica devozionale: gennaio è il mese del Santissimo Nome di Gesù, febbraio quello della Sacra Famiglia e così via. Potremmo pensare: “È bene sapere che la Chiesa raccomanda questo, ma che impatto può avere sulla mia vita?”

In una lettera sulla devozione a cui è dedicato il mese di luglio, il Preziosissimo Sangue di Gesù, Papa San Giovanni XIII offre un esempio eccellente di come incoraggiare le persone di oggi a seguire questa pratica devozionale.

Nel 1960 il Pontefice ha scritto la Lettera Apostolica Inde a primis, che incoraggiava la devozione al Preziosissimo Sangue di Gesù. Il testo della Lettera segue uno schema tipico dei documenti papali dell’epoca, conducendo il lettore nella storia della teoria e della pratica a livello ecclesiale. Dopo aver sottolineato l’incoraggiamento secolare da parte della Chiesa di Roma della devozione al Preziosissimo Sangue e la sua diffusione da parte del sacerdote del XIX secolo Gaspare del Bufalo, Papa Giovanni diceva cosa significava quella devozione per lui. Non capita spesso di sapere qualcosa della pietà personale dei Papi!

Nella Lettera, Giovanni XXIII rivela che questa devozione particolare è stata fondamentale nella sua educazione, e racconta che i suoi genitori recitavano la litania del Preziosissimo Sangue ogni giorno nel mese di luglio. Questo esempio illustra la concezione della famiglia da parte della Chiesa come “chiesa domestica”, primo luogo in cui la fede viene promossa e alimentata.

Il Papa guarda poi alla vita di Cristo e sottolinea i tanti momenti in cui appare il Preziosissimo Sangue. Il sangue di Cristo venne effuso alla sua circoncisione, nel giardino del Getsemani e nelle torture subite durante la Passione e la Crocifissione – la corona di spine, i chiodi, la lancia nel fianco. Questa effusione si sangue, come indica la prima Lettera di San Pietro, è salvifica: “… sapendo che non con cose corruttibili, con argento o con oro, siete stati riscattati dal vano modo di vivere tramandatovi dai vostri padri, ma con il prezioso sangue di Cristo” (1 Pietro 1, 17-19). Possiamo dimenticare facilmente che il titolo di questa devozione deriva dalla Scrittura stessa!

Sulla scia di queste riflessioni teologiche, Papa San Giovanni XXIII incoraggiava i fedeli a una maggiore devozione. Se fossimo più consapevoli del prezzo della nostra salvezza, del fatto che Cristo ha effuso il suo sangue per i nostri peccati, probabilmente eviteremmo il peccato e ci aggrapperemmo a Dio. Come scriveva il Papa santo, “se tutti gli uomini assecondassero gli inviti della grazia di Dio, che li vuole tutti salvi, perché ha voluto che tutti fossero redenti dal Sangue del suo Unigenito e tutti chiama a essere membri di un solo mistico Corpo, di cui Cristo è il Capo, quanto più fraterni diverrebbero i rapporti tra gli individui, i popoli, le nazioni”. Ancora una volta sentiamo il grido che proviene dal cuore del Pontefice.

Per incoraggiare ulteriormente questa devozione, il Pontefice affiancava un’indulgenza alla recita della Litania del Preziosissimo Sangue, quella che i suoi genitori recitavano quando era bambino.

Nella sua Lettera Apostolica, San Giovanni XXIII non solo avanza argomentazioni teologiche o fa appello alla Scrittura o alle tradizioni della Chiesa per incoraggiare i cattolici ad avere una maggiore devozione nei confronti del Preziosissimo Sangue di Gesù, ma lo fa davvero, introducendo la questione non citando testi, ma presentando il suo vissuto personale relativo a questa devozione e offrendo la propria testimonianza della sua efficacia, promuovendo poi quell’esperienza con il sostegno della rivelazione divina di secoli di pratica ecclesiale.

Ciò non significa che dovremmo fare affidamento innanzitutto sulle nostre esperienze e poi cercare la giustificazione teologica per loro, ma è un buon promemoria del fatto che dovremmo condividere la nostra testimonianza personale sul potere della pratica di fede nella nostra vita.

Il successore di Papa San Giovanni XXIII, Papa Paolo VI, ha scritto nella sua enciclica sull’evangelizzazione, la Evangelii nuntiandi, che “l’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni”.

Forse è qualcosa che ha imparato osservando il suo santo predecessore.

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