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Come la meditazione di San John Henry Newman mi aiuta nella depressione

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Patty Knap - pubblicato il 17/10/19

Ho la mia missione...

Per anni, un pezzo di carta strappato da un libro è stato attaccato con lo scotch al mio computer.

Con una storia di depressione, pensavo sempre che la mia malattia fosse una sofferenza senza senso. Volevo trovare un obiettivo per quegli attacchi di desolazione, qualche motivo per credere che potessero significare… qualcosa.

Quando mi sono imbattuta in una meditazione di San John Henry Newman ho trovato quello a cui anelavo.

Assolutamente tutto, qualsiasi cosa può essere usata per gli scopi di Dio, se solo lo permettiamo. La nostra sofferenza può servire come preghiera per le nostre intenzioni, o per le intenzioni di qualcun altro, dandole quindi grande valore. Già solo questo rende la depressione più gestibile.

  DIO mi ha creato per offrirgli un servizio specifico: Mi ha affidato qualche compito che non ha affidato a un’altra persona. Ho la mia missione – magari in questa vita non la capirò mai, ma mi verrà spiegata nella vita che verrà. Sono un anello di una catena, un legame di connessione tra le persone. Non mi ha creato per niente. Agirò bene, compirò la sua opera. Sarò un angelo di pace, un predicatore di verità nel luogo in cui vivo anche se non lo capisco – se solo osservo i Suoi comandamenti. QUINDI confiderò in Lui. Qualunque cosa, ovunque io sia, non potrò mai essere gettato via. Se sono malato, la mia malattia può servirLo; nella perplessità, la mia perplessità può servirLo; se soffro, il mio dolore può servirLo. Egli non fa nulla invano. Sa cosa fare. Potrebbe portare via i miei amici, potrebbe gettarmi tra estranei. Potrebbe farmi sentire desolato, far affondare il mio spirito, nascondermi il mio futuro – sa comunque quello che fa. Fammi essere un Tuo cieco strumento. Non chiedo di vedere – non chiedo di sapere –, chiedo semplicemente di essere usato.  

Tratta da Meditations on Christian Doctrine, Hope in God-Creator, 7 marzo 1848

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