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La frase che bisognerebbe eliminare dal linguaggio familiare

CONVERSATION

Fizkes - Shutterstock

Padre Joël Pralong - pubblicato il 21/10/19

Anche se è vero che a volte ci sono cose ovvie, esprimerle a parole vale più del silenzio, che è fonte di malintesi

“Non serve dirlo”, “È evidente”, “È ovvio”… Spesso pensiamo che tutto sia chiaro per le persone che ci circondano, ed è lì l’errore: anche se è vero che a volte ci sono cose ovvie, esprimerle a parole vale più del silenzio o di una mezza frase mormorata tra i denti, in genere fonti di malintesi e interpretazioni errate.

Dall’altro lato, conviene ripetere ciò che si è detto quando non si è sicuri che il messaggio sia stato compreso correttamente. A che punto ci troviamo nel nostro modo di comunicare in famiglia? Il bambino piccolo, vedendo arrivare la madre, grida e gesticola felice, mentre l’adolescente, immerso nel suo smartphone, si limita a un piccolo cenno con la testa…

La nostra comunicazione ha delle carenze, per troppe parole o troppo poche. Sforzarsi di avere una buona comunicazione è un segno di stima, un’arte del saper essere presenti per gli altri giorno per giorno.

Umorismo, fiducia nell’altro e umiltà, i tre pilastri di una buona comunicazione

Intervallare la comunicazione con una buona dose di umorismo riduce il dramma di certe situazioni e aiuta ad acquisire una prospettiva. Saper ridere di se stessi e dei fallimenti è segno di buona salute. L’umorismo calma la mente e permette di relativizzare i malintesi.

Allo stesso modo, probabilmente permetterà di dare fluidità alle conversazioni il fatto di saper individuare la propria tendenza a credersi indispensabili, quando ad esempio si pensa “Senza di me non funziona niente”.

Alcune persone agiscono come autentici capi detestabili, controllando sempre tutto, volendo essere al corrente di tutto, commentando ogni cosa che accade, il che può esasperare le persone care. Imparare a confidare negli altri è la sfida di una buona comunicazione.


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Bisogna accettare l’esistenza di lacune nella comunicazione, e non c’è motivo di accusare l’altro di avere cattive intenzioni. Ad esempio, “Mi considerano sempre l’ultima ruota del carro, è chiaro che non valgo niente ai loro occhi e non importa loro quello che penso…” Sbagliare, essere stanchi o sviarsi è umano.

Conviene dedicare del tempo a spiegare quello che proviamo, senza accuse o toni critici: “Ho l’impressione che non ti interessi di me… Magari sbaglio, ma sento questo”. Esprimere ciò che proviamo aiuterà l’interlocutore a riconsiderare pacificamente le sue parole e a chiarire le sue idee.

Per questo, però, è meglio non ricorrere al momento della trasmissione della sua serie preferita o quando sta davanti al computer. Non serve ripetere le cose mille volte se l’altra persona non sta ascoltando davvero. E diciamo le cose con voce chiara e intelligibile, non mormorando tra i denti perché siamo in preda all’ira.

San Paolo ci esorta ad amarci rispettandoci e onorandoci a vicenda (Rm 12,10). Vale la pena di sforzarsi di valorizzare l’altro, e soprattutto di dirglielo! Non aspettiamo di sentirci bene con l’altro per dimostrargli la nostra stima e il nostro apprezzamento, perché spesso i sentimenti ingannano. Riconoscere, ringraziare, apprezzare, dire “Per favore”… Molte volte i conflitti nascono dalla mancanza di riconoscimento dell’altro.


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Sappiate accettare a volte il progetto o le idee degli altri come migliori dei vostri! Saper sacrificare di tanto in tanto le nostre idee geniali (perché a nostro avviso lo sono sempre) a beneficio di quelle altrui aiuta a mantenere l’unità.

Come ottenere la pace familiare?

“‘Adiratevi e non peccate; il sole non tramonti sopra la vostra ira’ (Ef 4, 26). Perciò, non bisogna mai finire la giornata senza fare pace in famiglia. «E come devo fare la pace? Mettermi in ginocchio? No! Soltanto un piccolo gesto, una cosina così, e l’armonia familiare torna. Basta una carezza, senza parole. (…) Se dobbiamo lottare contro un male, facciamolo, ma diciamo sempre ‘no’ alla violenza interiore” (Papa Francesco, Amoris Laetitia, 104).

Non dobbiamo mai andare a dormire arrabbiati. Conviene risolvere i problemi o dirsi almeno “Buonanotte”. E lo sguardo è importantissimo. Ci sono sguardi che uccidono e occhi teneri che valorizzano.

“Questo è ciò che esprimono alcune lamentele e proteste che si sentono nelle famiglie. ‘Mio marito non mi guarda, sembra che per lui io sia invisibile’. ‘Per favore, guardami quando ti parlo’. ‘Mia moglie non mi guarda più, ora ha occhi solo per i figli’. ‘A casa mia non interesso a nessuno e neppure mi vedono, come se non esistessi’. L’amore apre gli occhi e permette di vedere, al di là di tutto, quanto vale un essere umano” (Papa Francesco).

Padre Joël Pralong, superiore del Seminario Internazionale di Sion (Svizzera), è autore di “Aimer sa famille comme elle est” (“Amare la propria famiglia com’è”, edizioni Béatitudes, dicembre 2018)

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