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Bolivia: un gesto di pace in un clima teso

BOLIVIA

@Pol_Boliviana

Pablo Cesio - pubblicato il 19/11/19

La Polizia boliviana ha organizzato una Messa chiedendo di lavorare a favore del bene comune, ma la situazione nel Paese sudamericano resta complessa

Questa domenica in Plaza Albaroa, a La Paz, è stata celebrata una Messa convocata dalla Polizia della Bolivia in cui si è pregato per la pace, il bene comune e la riconciliazione.

“A nome della mia istituzione, chiedo che la pace regni in tutta la nostra amata patria Bolivia, che cancelliamo i rancori e gli odi, che pensiamo ai nostri figli, ai nostri nipoti, al futuro della Bolivia perché vada avanti, che non guardiamo più al passato, perché alla fine siamo tutti fratelli”, ha detto il comandante generale della Polizia, il colonnello Rodolfo Antonio Montero, come riferisce Erbol.

“Chiedo a tutti i nostri fratelli di portare avanti la nostra Bolivia”, ha aggiunto, sostenendo il benessere comune.

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Durante la cerimonia, oltre ai militari erano presenti molte persone che esprimevano una forte richiesta di pace. Molti tenenvano in mano delle bandiere bianche.

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Un clima teso

Anche se a livello politico vanno avanti i negoziati relativi alla pacificazione del Paese e all’appello a nuove elezioni, gli ultimi giorni in Bolivia sono stati complicati e caratterizzati da proteste e violenza.

Di recente, ad esempio, i cocaleros (coltivatori di coca) del Chapare, nella provincia di Cochabamba, hanno diffuso un ultimatum in cui chiedevano la rinuncia del Presidente ad interim Jeanine Áñez. Se ciò non si fosse verificato in 48 ore promettevano di bloccare il Paese.

Gli scontri tra chi vuole il ritorno al potere di Evo Morales e le forze di sicurezza hanno provocato un clima di alta tensione che finora ha causato più di venti morti e decine di feriti.

L’appello rivolto sia dagli organismi internazionali che dalla Chiesa in Bolivia è sempre lo stesso: la pacificazione urgente.

È una richiesta perfettamente in sintonia con il grido giunto ad Aleteia dal convento francescano di Cochabamba, in cui si esprime la “voce della cittadinanza” con un atteggiamento fermo riguardo ai fatti che hanno riguardato Evo Morales, dicendo che “non si è verificato un colpo di Stato” e che non deve tornare nel Paese. Eccone l’ultimo paragrafo:

“Siamo ormai stanchi di tanti attacchi, stanchi di temere per le nostre famiglie e per il nostro lavoro, delle minacce costanti con marce e blocchi, che non si voglia che arrivino gli alimenti nelle città o che la gente possa lavorare o viaggiare nel Paese (…)

VOGLIAMO VIVERE IN PACE!!!”

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