La funzione di messaggeri da parte degli angeli sembrava definitivamente terminare con la venuta di Gesù sulla terra considerato come l’inviato per eccellenza di Dio, infatti Gesù Cristo è colui che non solamente reca la parola di salvezza definitiva da parte di Dio, ma è in assoluto la parola Incarnata di Dio stesso.
San Paolo lo sottolinea con forza a diverse riprese affermando che gli angeli ora non sono più che i semplici testimoni dell’incarnazione di Cristo (1Tm 3, 16; 5, 21). Questi è ormai l’unico mediatore tra cielo e terra, il solo e vero ministro della nuova alleanza, e gli angeli non sono altro che gli umili servitori di Cristo.
La distanza tra Dio e gli uomini
L’evento dell’incarnazione, affermato nella nuova fede cristiana, sta per sconvolgere l’angelologia ebraica tradizionale, riportandola in secondo piano e proponendo al credente cristiano un nuovo rapporto nei confronti della trascendenza di Dio.
La distanza vissuta dolorosamente tra Dio e gli uomini, distanza che era in parte “addolcita” dal ministero degli angeli, è oramai abolita in Cristo. Dio è uomo, viene nella carne in Gesù di Nazareth. La fede cristiana propone dunque un altro tipo di trascendenza di Dio ed un’altra relazione a questa trascendenza. Questa è una trascendenza d’umiltà e di abbandono, nella gloria della croce di Gesù. Ed il credente è rinviato incessantemente al lavoro del mondo, nel servizio della giustizia e della fraternità, nella prospettiva escatologica d’un regno futuro.
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La sottomissione degli angeli
L’angelologia tradizionale dell’Antico Testamento è allora completamente sconvolta, a tal punto che un pensatore profondo e poliedrico come l’islamista Henry Corbin ha potuto dire che la fede nell’incarnazione del Cristo annunciava la fine dell’angelologia biblica.