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Deceduta durante il parto madre “surrogata”. Se ne parlerà come di morte sul lavoro?

BIRTH

Di N1_5.6 - Shutterstock

Paola Belletti - pubblicato il 24/01/20

A San Diego una settimana fa è morta a causa di complicazioni durante il parto una donna, moglie e già madre di due figli.

Woman working as surrogate mother dies during childbirth.

Donna che lavorava come madre surrogata muore durante il parto.

Si legge solo questa parte del pezzo comparso sul NY Daily News, non visibile dall’Italia.

E’ la versione che mi ha colpito di più dei titoli che riportano sinteticamente la notizia, perché mostra ciò che è già pienamente compiuto nella mentalità dominante, e non perché sufficientemente diffusa ma proprio perché coercitiva, in atto di dominare le nostre menti.

La gravidanza è trattata come un processo produttivo – anche se continua a non esserlo e per questo soffriamo! – ; la fornitrice, l’esecutrice di tale processo è allora alla stregua di ogni altra lavoratrice; se muore nell’esercizio delle sue funzioni la sua vicenda può benissimo essere classificata così, dal giornalista: una morte sul lavoro.

Me lo immagino mentre col caporedattore si chiede in che categoria, con quali tag e soprattutto con che titolo lanciare la notizia.

I fatti, noti, sono questi: lei è Michelle Reaves, viveva a San Diego ed era alla seconda gravidanza surrogata sempre per la stessa famiglia e alla sua quarta gravidanza totale. Era infatti sposata e mamma di due bellissimi bambini, bellissima anche lei, ed è morta a causa di complicazioni durante il parto. Il bambino è in buone condizioni. I medici hanno fatto il possibile per salvarla, lei ha lottato ma non è bastato. Sarebbe potuta morire anche per complicanze durante i parti dei suoi primi due figli, è vero ma non è questo il punto.


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Siamo dunque in California, uno degli Stati Usa dove la pratica è permessa sempre e comunque, non devi avere niente di che, a parte un certo saldo disponibile.

in California c’è la legge più liberale al mondo: infatti è l’unico paese dove può avere un figlio anche chi non ha né ovocita né sperma, in altre parole chi non ha nessun legame biologico con il bambino.

Lo riferiva su D di Repubblica Elisabetta Ambrosio, nell’agosto del 2017 in un articolo a metà tra il redazione le per promuovere in business dell’utero in affitto e un generico j’accuse alla vecchia Europa che non capisce, non permette abbastanza e si spaventa per queste che sono Madri comunque.

A breve torneremo sul fatto tragico delle vite sacrificate in quel di San Diego, che sono tante, non solo quella della donna morta di parto.

L’articolo che vi dicevo ha un incipit che è un capolavoro di menzogna e persuasione, di trionfo dell’emozione con il suggello ingiustamente estorto alla religione; un love is love con il benestare fake di Dio. Complice il più grossolano dei malintesi. Come può la fede che ha ‘inventato’ il valore supremo della persona, riconosciuto dignità somma ai bambini che diventano il paradigma dei salvati, come può volere che si producano per vederli ad altri? Eppure:

Sai quando ho deciso di diventare una madre surrogata? Tre anni fa, in chiesa. Il prete stava facendo una predica bellissima sul dono e l’importanza di donare. Lì ho capito che era la mia strada”. Jennifer ha 36 anni e tre figli di 16, 11 e 5. Vive negli Stati Uniti ed è una delle madri surrogate che ha deciso di raccontare faccia a faccia la propria esperienza a Serena Marchi. (D Repubblica)

Quando si dice che ascoltare è un’arte difficile. Siamo sicurissimi che il sacerdote intendesse altro.

Qualche tempo fa si sapeva e basta che i figli non si comprano, non si fabbricano, non si vendono, non si regalano. Si sapeva che i figli non sono cose, o almeno c’erano frangiflutti messi apposta per impedire a quest’idea di salire e inondare la città.

La gravidanza non è l’impiccio o più romanticamente il “viaggio” necessario a produrli in attesa di altre tecniche, ma l’inizio di una vita che è umana da subito, e irripetibile. Certo, se ora l’idea è penetrata e continua a diffondersi, come anche la resistenza ad essa, è perché è possibile cedere a questa visione, è possibile subirne il velenoso fascino; esiste in noi già la radice di male che porta a mercificare un altro essere umano, a ridurre persino noi stessi a cosa di cui disporre. E’ un veleno, è innaturale ma ne siamo da sempre contaminati. La schiavitù, la violenza, le segregazioni, le usurpazioni di ogni tipo sono le tante declinazioni della stessa ferocia che cova in noi da poco dopo l’alba dell’umanità.

Ora Gage e Monroe sono orfani di madre, perché Michelle, d’accordo col marito Chris stava portando avanti una gravidanza in favore di un’altra famiglia. Della storia di questa coppia non si sa nulla; cosa li abbia davvero spinti a compiere per due volte questa scelta sottovalutando i rischi e non tenendo conto del danno causato ai figli ceduti e ai propri. E a loro stessi come coppia.

Il messaggio ai bimbi è passato senza dubbio, forse ancora non ben codificato: “ah, quindi mentre sono nella pancia di mamma sono a disposizione dei grandi, posso essere ceduto, posso finire a vivere con una donna diversa da quella che ho conosciuto là dentro?”

O anche: “noi figli ‘veri’ siamo più importanti, siamo superiori a questi altri due, anche se abbiamo vissuto nella stessa” fabbrica”. Chissà con quali parole sapranno dare forma a queste esperienze così dure e innaturali, imposte loro come normali.

“Michelle e Chris hanno due bellissimi bambini, Gage e Monroe per i quali mi si spezza il cuore, sapendo che non invecchieranno con la loro mamma.”

Così riporta la CNN ma la fonte, l’unica a disposizione, è la pagina di GoFundMe aperta da un amico per aiutare la famiglia.

Nessuno dovrebbe perdere in questo modo la propria mamma, conclude Jaime Herwehe, il promotore della pagina per la raccolta fondi. Sono arrivati a 71mila dollari circa e i messaggi dei donatori sono di condoglianze, comprensione e preghiera. Tanti si immedesimano con la storia di Chris e Michelle perché anch’essi hanno beneficiato della surrogata. Tanti gli amici che la ricordano. Moglie, madre e anima bella.




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Il giudizio, che non può che essere implacabile sulla pratica, su chi ne approfitta, su chi la incentiva, non può colpire troppo duramente questa donna. Non siamo Dio, per fortuna. Ma come persone sappiamo che la legge morale, la ragione quando è retta, la coscienza, il sentire comune quando si nutre di poche, stabili verità, sono fatti per noi, per difenderci da mali più grandi di quelli che comunque angustiano le nostre vite normali. Doveva restare in piedi la muraglia; qua dentro è la città degli uomini con Dio, qua dentro non si fabbricano bambini, non si presta l’utero perché tu sei anche il tuo corpo e ti stai infliggendo una sofferenza immane; non si umiliano i bambini trattandoli come prodotti, come complessi e articolati oggetti di desiderio. Doveva restare in piedi invece la stiamo riducendo ad un mucchio di inutili ciottoli.

Allora non ci resta che erigerla di nuovo.

E nel frattempo quei tre anzi quattro bambini rimasti senza la loro mamma, vanno consolati. Va loro detta la verità e chiesto loro perdono.

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