Se sei stanca e sfinita, dopo l'ennesima notte insomme accanto a tuo figlio, leggi questa storia e consola te stessa dicendo che sei molto brava nell'accudire e la tua fatica porta del bene a tutti.
Il De vita sua di Gilberto di Nogent è un’opera su cui varrebbe la pena di tornare anche in futuro, perché costituisce un raro (e piacevolissimo) esempio di autobiografia… di monaco medievale.
Gilberto nasce nel 1055 in una famiglia della piccola nobiltà francese, e nel venire alla luce per poco non manda al Creatore se stesso e la madre, avendo avuto la bella pensata di vedere cosa succede se provi a percorrere il canale del parto non di testa, non di piedi, ma bensì di schiena.
(Lo considero invero un interrogativo di grande interesse, tant’è che, a suo tempo, anch’io avevo deciso di tentare lo stesso esperimento. È finita con me che, come primissima azione della mia vita, prendevo violentemente a calci il ginecologo – facendogli pure male, riporta sconcertato il ginecologo! – reo di avermi fatto nascere attraverso taglio cesareo, impedendomi così di realizzare l’esperimento che con tanta cura avevo progettato per nove mesi. Umpf).
A differenza della sottoscritta, a cui la scienza medica moderna ha disgraziatamente tarpato le ali, il piccolo Gilberto riesce a compiere il suo esperimento… e ne deduce che farsi partorire di schiena è veramente una pessima idea. Tuttavia, scopre altresì che talvolta si sopravvive lo stesso, soprattutto se la partoriente si affida alla Madonna e Lei decide di compiere il miracolo.
A mo’ di ex voto, la mamma di Gilberto consacra suo figlio alla Vergine Maria, promettendo che, una volta fattosi adulto, il bambino diventerà monaco. E così è: Gilberto, in effetti, seguirà il cammino di Benedetto, e a un certo punto diventerà anche abate di una piccola abbazia a Nogent, in Piccardia.
In questo post, però, non ho intenzione di parlare di Gilberto, bensì di sua mamma, una donna bellissima, forte, intelligente, ferma nelle sue decisioni, che aveva avuto la disgrazia – o forse la fortuna – di rimanere vedova dopo pochi anni di matrimonio.
Dico “fortuna” perché di certi uomini è bene liberarsi in fretta, e il padre di Gilberto non era propriamente un gran campione di virtù. Proprio per questo è molto interessante notare il modo in cui si sviluppa – in vita e dopo la morte – il rapporto fra la donna e suo marito: un individuo violento, infedele (anzi: proprio donnaiolo incallito), e vizioso in tutti in sensi.
Un bel dì, la madre di Gilberto, ormai vedova, si assopisce dopo la recita del mattutino, ed ecco che la volontà divina la rende oggetto di una singolare grazia: la donna si trova infatti a visitare il Purgatorio, incontrando le anime di molti suoi conoscenti che ivi scontano le loro pene.
Le appare, fra i tanti, anche il defunto marito, che le si presenta come una specie di zombie, con un corpo che per metà è normale e per l’altra metà è “completamente sfregiato da innumerevoli ferite, tali che alla loro vista chiunque sarebbe preso da orrore e da una commozione viscerale”. Non solo: questa anima purgante è costantemente accompagnata da un gemito acuto, insistente, squillante, simile al pianto di un bambino.