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Una beatitudine ci attende dentro la fatica, il dolore e i nostri limiti

WOMAN, TREKKING. MOUNTAIN

michelangeloop | Shutterstock

don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 08/06/20

Gesù si accorge delle lacrime, delle ingiustizie, delle potenzialità, dei limiti di chi lo segue. La redenzione riguarda il nostro presente, abita già dentro le contraddizioni che viviamo.

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli.
Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo:
«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati gli afflitti, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché erediteranno la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.
Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli». (Mt 5,1-12)

“Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo: «Beati…»”. È così che comincia il racconto dell’evangelista Matteo che ci narra le beatitudini. E non è un dettaglio di poco conto perché prima ancora di scendere nelle nove beatitudini proclamate nel brano, ciò che conta è vedere come Gesù ha gli occhi aperti sulla gente che ha dinnanzi. Egli si accorge del dolore, delle lacrime, delle ingiustizie, delle potenzialità, dei limiti, delle situazioni concrete di chi lo segue. Così come nell’Antico Testamento Dio vede e ascolta la sofferenza del popolo oppresso in Egitto e manda a liberarlo, così nel Vangelo Dio attraverso Suo Figlio si accorge del dolore e della situazione concreta degli uomini, e manda proprio Gesù, il nuovo Mosè, a dare una liberazione che non ha più date di scadenza.

Infatti il misterioso messaggio che Gesù consegna ai suoi discepoli consiste proprio nel chiamare beati coloro che in realtà non stanno vivendo un’apparente beatitudine, ma bensì il suo contrario. Gesù non sta promettendo qualcosa che accadrà un giorno e basta, ma sta dicendo che proprio in questo momento, quando tutto ci sembra contrario e contraddittorio, è nascosta una beatitudine, un significato profondo delle cose che trasforma le cose stesse da disgrazia a Grazia. È il paradosso si sentirsi salvati proprio in ciò che sembra ci stia distruggendo. È incontrare gioia al fondo di un dolore. Gratitudine nella faticosa esperienza di una malattia che ci porta alla morte. Coraggio e forza in una ingiusta persecuzione e difficoltà. La redenzione non riguarda solo un futuro prossimo, ma abita il fondo del presente. Prendere sul serio le beatitudini non significa imparare una nuova regola morale, ma guardare con occhi diversi la nuda e cruda realtà che stiamo vivendo in questo momento. Sono gli occhi della fede che ci aiutano a vedere ciò che gli occhi dei nostri ragionamenti non riescono a scorgere.

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