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Elio: quell’angoscia legata al Covid, vissuta da tutti, con un figlio autistico non finisce mai

ELIO

Di FabioMitidieri|Shutterstock

Elio (Stefano Belisari) sings at the 1st May Concert in Taranto, Puglia, Italy - 01/05/2019

Paola Belletti - pubblicato il 12/06/20

Il mondo della disabilità spesso non ha voce. E se invece avesse cose decisive da dirci? Cambiamo sguardo.

Una prova, per tutti

Non è il primo a notarlo. Chi vive una condizione di patologia, ma anche “solo” di immunodepressione; chi porta direttamente su di sè o in uno dei suoi cari una qualche forma di disabilità, era in un certo senso già tarato sulla modalità lockdown.

La percezione costante di fragilità e incertezza, la fatica e il pericolo reale, non solo “percepito”, nel compiere anche le operazioni quotidiane più banali; la stabile precarietà che impedisce una programmazione anche a medio termine, poiché tutto è subordinato alle condizioni del membro più debole, è un’esperienza che migliaia di famiglie vivevano già prima del Covid-19, hanno vissuto durante, con significative aggravanti, e vivono dopo.

In un certo senso si avverte, in alcuni, la tentazione di dire: ora ci capite, vero? Ce lo si augura, non perché l’emergenza affrontata e in parte lasciata alle spalle ha finalmente inflitto a tutti una prova che toccava a pochi, ma soprattutto per sentirsi meno soli e confidare in una nuova empatia diffusa e compagnia operativa.


LAVINIA

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Elio: le famiglie con figli autistici non si possono lasciare sole

Elio, cantautore dal successo pluridecennale, nato nella band con la comicità più geniale combinata a eccellente qualità musicale, è ora soprattutto marito e papà. Lui e la moglie hanno due figli,  Dante e Ulisse; Dante è affetto da autismo; già scoprirlo è stata un’odissea, per restare in tema; lo riferiva lui stesso, in altre occasioni, e ne abbiamo parlato anche noi. Un’espressione, “essere affetti da autismo”,  che per tanti val la pena mettere in discussione poiché rischia di schiacciare la persona sul disturbo che la affligge mentre una concezione diversa, più concentrata sulla diversità di funzionamento e non sulle lacune, aiuterebbe a guardare alle persone che ne soffrono in modo diverso.

Ma non c’è dubbio che vi sia una grande sofferenza legata alle sindromi autistiche, sia per le difficoltà che esse causano direttamente sia, in maniera imponente, per la rigidità e a volte il vero analfabetismo sociale con le quali vengono guardate le persone che ne sono portatrici e le loro famiglie.

“Chi non ha il figlio autistico non si preoccupa di chi ha l’autismo […] Se si parla di autismo il primo aspetto che bisogna trattare è l’informazione. Quella sensazione di paura, di angoscia, di imprevedibilità legata al Covid, che è stata vissuta da tutti, ma che prima o poi terminerà, nel caso dell’autismo non termina mai”.

Così si è espresso proprio Stefano Belisari in arte Elio alla tutt’ora in corso Civil Week Lab 2020, evento digitale -per adesso- promosso da Corriere della Sera e Corriere Buone Notizie e dedicato al Terzo settore.

Abbiamo la corazza ma non il guscio

Se per un verso chi vive normalmente la disabilità non è stato colto impreparato dall’emergenza  coronavirus per un altro, più drammatico, si è trovato ancora più scoperto e privo di supporto.

Tanti sono i soggetti che da subito si sono prodigati per gettare ponti, è il caso di dirlo, per restare vicini ai ragazzi e alle loro famiglie ma l’oggettività delle condizioni imposte a tutti ha reso la solitudine e l’abbandono una realtà per migliaia di famiglie. E una trascuratezza anche a livello istituzionale.

Nonostante l’impegno di moltissime associazioni e realtà assistenziali non si sia fermato neanche durante l’emergenza Covid-19, in altri casi il lockdown ha comportato la chiusura di centri diurni per disabili e l’interruzione del rapporto con terapisti ed educatori. Così i genitori, da un giorno all’altro, si sono ritrovati a dover gestire tutto da soli. Elio ha raccontato: ″È chiaro che chi vive in questo stato ormai si è fatto un armatura e quindi affronta tutto. Però non c’è stata attenzione alle esigenze di chi ha un figlio autistico. E se si interrompono le terapie a casa, come è accaduto, si perde del tempo che non torna più”. (CorSera)

Nel caso dei bambini e dei ragazzi con autismo l’uso del computer si è rivelato uno strumento potente e utilissimo; mentre lo stravolgimento delle routine avvenuto da un giorno all’altro per queste persone e le loro famiglie è stato fonte di sofferenza non da poco.

La forza della famiglia

Come al solito in questi casi i veri eroi sono stati i genitori (e i fratelli, le sorelle!): con la versatilità e l’energia che può nascere solo da un amore radicale si sono fatti spesso terapeuti e insegnanti per i propri figli o fratelli, aiutati da una distanza che tante associazioni cercavano di ridurre il più possibile, per mezzo dei propri terapeuti.

Il Covid ha acuito la condizione di isolamento o sofferenza dei disabili. «E ci ha mostrato che il mondo della disabilità non ha quasi mai diritto parola, siamo noi a raccontarlo e questo è atteggiamento che dobbiamo superare perché possono arrivare suggerimenti utili per tutti noi», ha aggiunto Danilo De Biasio. «Utile come la solidarietà», ha detto Elio, che poi ha portato la propria esperienza: «La quantità di persone che è coinvolta dal tema autismo è già grande, perché si stima che solo in Lombardia ci siano 100 mila casi. Ma poi le persone coinvolte sono anche il quadruplo, tra genitori, compagni di classe, futuri colleghi. Se si affronta questo tema con competenza per risolverlo si possono fare tantissime cose. Mi sono accorto di quanti miglioramenti ha fatto mio figlio con assistenza a casa tutti i giorni, nei primi anni perché sono i primi anni quelli che contano. Ma, a fronte di quelli come me che possono farlo, c’è una quantità enorme di persone che non può e vede crescere il proprio figlio con una sacco di difficoltà che poi porterà in giro nel mondo e genererà difficoltà. Per questo io dico che la solidarietà è utile e necessaria. Va fatta».

Le diverse abilità, una vera ricchezza che produce ricchezza

C’è una storia in questo senso che dà molta speranza, soprattutto perché non ha nulla di pietoso o sentimentale come capita a volte quando ci si imbatte in storie di disabilità. C’entra tanto con l’intelligenza delle cose, la capacità di leggere la realtà secondo prospettive nuove, ma non stravaganti, piuttosto direi integrali, che guardano l’uomo come intero. E quindi con il suo valore di fatto inafferrabile, tendente all’infinito.

Auticonè un’azienda parecchio profit del settore IT, che sta saldamente sul mercato e produce profitti; sta aprendo filiali in Europa e nel mondo e serve clienti piuttosto soddisfatti delle prestazioni professionali garantite grazie alle qualità eccelse dei suoi collaboratori.

Ebbene tali collaboratori hanno delle skills a livelli fuori norma. E sono autistici. Anzi: propriamente per il fatto che sono autistici; certo si tratta di persone che hanno la sindrome di Asperger (quella forma per cui, insieme a diversità e ostacoli sul fronte della socialità e delle relazioni interpersonali, posseggono elevate capacità logiche e di concentrazione, introvabili altrimenti).

Chi ne parla è il CEO della sede italiana del gruppo, fondato in Germania da un signore che ha un figlio autistico e che intorno a lui, grazie a lui, guardandolo per quello che è ha capito che l’approccio all’inserimento lavorativo per persone autistiche così come avveniva non era adeguato.

Alberto Balestrazzi, l’amministratore delegato della sede italiana, era un consulente aziendale; ad un certo punto sente la necessità di staccare da quel mondo e di rigenerarsi. Si mette a fare il contadino, si dedica al recupero di varietà antiche e autoctone di frutti: scopre il valore della biodiversità. Uno sguardo che manca praticamente del tutto nel mondo del lavoro. Torna all’impresa ma con questo nuovo valore, che si adatta perfettamente alla missione di Auticon. Le persone con autismo non sono malate ma hanno un “diverso sistema operativo”; forse da parte di chi è abituato a girare su Window manca l’elasticità o anche l’educazione ad interfacciarsi con un sistema diverso ma abbiamo visto che è possible.

Di sicuro questa storia merita un racconto a sé stante, però nel frattempo è bello sapere che esiste e che funziona.

Mi ricordo un caso aziendale, incontrato quando facevo formazione: su di un’isola meravigliosa era stato costruito un resort di lusso, finiture magnifiche, comfort di ogni tipo. Ma all’avvio dell’attività i gestori scoprono (con un ritardo colpevole) che sull’isola si abbattono venti forti e continui. Si danno da fare con barriere di contenimento e tunnel per difendere i clienti dalla molestia delle raffiche.

Fino a che qualcuno non ha cambiato approccio: per quali clienti questa caratteristica, venti forti e continui, è potenzialmente appetibile?

E divenne il paradiso dei surfisti.

Coop: il primo supermercato autism friendly a Monza

La Coop sei tu, quindi anche tu che, a causa di un disturbo dello spettro autistico, fatichi a frequentare posti troppo chiassosi sia visivamente che auditivamente; tu che capisci tutto, noti tutti i dettagli al punto che se sono troppi rischi di perdertici dentro. Tu che cerchi in tutti i modi di guadagnarti margini di autonomia ma la spesa ancora è un’impresa ardua.

Ma la differenza vera, di sicuro, non la fanno i pay off, come questo che immediatamente ci richiama la famosa catena di supermercati. La fanno le persone; ed è da un’iniziativa privata, questa del punto vendita pensato per un’esperienza d’acquisto tagliata su misura per chi è affetto da questa disabilità. Nata dalla volontà intelligente e dalle risorse di persone impegnate in azienda e nella società, che è nata questa iniziativa: il primo supermercato autism friendly.

I ragazzi, o gli adulti o i bambini che sono affetti da una qualche forma di autismo il che significa non solo disabilità ma anche iperabilità in molti casi, sono facilitati nell’esperienza normale ed eroica di “andare a fare la spesa” dal concept generale dello store, dall’attenzione alle luci, ai suoni, alla comunicazione scritta, all’accesso alle casse.

Non solo: il personale è stato formato per poter comprendere le esigenze di queste persone e dei loro accompagnatori e poter decidere se e come intervenire in caso di criticità.

Sono tanti gli accorgimenti studiati in questo progetto al momento unico al mondo, nato dalla collaborazione tra “Coop e PizzAut – nutriamo l’inclusione”, l’associazione formata da Nico Acampora, papà di un ragazzo autistico, da sempre impegnato per abbattere le barriere culturali e sociali verso l’autismo. (Youmedia)

E così il 10 settembre 2020 ha aperto i battenti, senza fare chiasso, il punto vendita pensato per chi è affetto da questo disturbo nelle sue varie manifestazioni.

Ma non è una mossa solo benefica, orientata al bisogno di chi ha una fatica specifica, è un atto di grande, enorme intelligenza, persino di geniale strategia commerciale.

Mettere al centro chi è debole, paradossalmente per noi ormai abituati a calcolare il potere d’acquisto e la produttività di persone e opere, è invece un esercizio di radicale intelligenza. Non siamo tutti favoriti dalla possibilità di un’esperienza più sobria, misurata, non strillata? Non preferiamo avere una comunicazione più ecologica o meglio ergonomica al nostro modo di vivere e percepire? Ciò che una persona affetta da autismo vive come insopportabile per chi è normodotato può risultare semplicemente molesta; tutti siamo fatti per ambienti più accoglienti, più leggibili, meno aggressivi; anche ad altri le luci troppo forti provocano danno, solo che non se ne accorgono subito.

Ecco, questo esperimento aziendale e sociale insieme è un atto di intelligenza e gentilezza che i nostri fratelli autistici fanno a noi più di quanto non sia vero il contrario.

“Nei negozi tradizionali ci sono molte barriere sensoriali per le persone autistiche di qualsiasi età, come le luci o i rumori troppo forti”, ha spiegato Camilla Galloni, una delle mamme dell’associazione Alla3. “Ci siamo conosciute in un gruppo di mutuo-aiuto, avendo figli autistici di 5-6 anni – ha aggiunto Teresa Gullì – e così abbiamo deciso di fondare quest’associazione. La spinta per quest’ultimo progetto ci è venuta durante il lockdown, in cui ci siamo trovate sole a dover gestire i nostri figli”. L’hanno presentato a Coop Lombardia che ha deciso di sposarlo. Neshat Asgari, architetto iraniana e mamma di Alla3, ha realizzato i disegni utilizzati nelle corsie del supermercato, seguendo i criteri della Comunicazione Aumentativa Alternativa (Caa). “Questi sono stati sottoposti a neuropsicomotricisti esperti in autismo – ha accontato Asgari – e ad un’associazione di persone autistiche adulte”. Il cantante Elio, leader della band Elio e le storie tese e padre di un figlio autistico ha commentato: “In Italia manca tutto, e ci si affida all’iniziativa individuale, mentre chi dovrebbe farlo per legge non lo fa”. Tutte le persone autistiche, conclude Elio, “avrebbero un futuro migliore se potessero accedere a cure e trattamenti che ci sono e andrebbero attuati per legge, ma non vengono offerti”. Riguardo alla Coop autism friendly: “Questa iniziativa è molto importante perché potrebbe essere la prima di tutta una serie. E’ molto facile, non ci vuole tanto impegno e si vanno a soddisfare delle esigenze che sono importantissime, quindi grazie a chi ha avuto questa grande idea. Io spero che sia il primo di tutta una serie di casi simili” (Ibidem)

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