Da San Pacomio a Sant'Alessandro: soli e isolati in mezzo al nulla, salvano la loro vita grazie agli spiriti celesti. Ecco i loro racconti
Al tempo dei Padri del deserto (monaci, eremiti e anacoreti che nel IV secolo, dopo la pace costantiniana, abbandonarono le città per vivere in solitudine nelle terre desertiche), c’era un santo monaco eremita. Aveva vissuto a lungo con altri monaci e con un maestro. Poi si era addentrato nel più profondo deserto per vivere una vita di maggiore penitenza. Tutte le mattine, dopo il risveglio e la preghiera, si recava ad attingere acqua per le necessità della giornata.
“Andrò a vivere vicino all’acqua”
Ma il pozzo era lontano e lui sempre più vecchio. Così pensava di trasferirsi in una grotta più vicina alla sorgente. Un giorno, tornando a casa con il pesante orcio pieno di acqua, più affaticato del solito, pensava: “Domani raccoglierò le mie poche cose e andrò a vivere più vicino all’acqua”. Mentre così pensava, fu sorpreso di sentire un fruscio dietro di sé. Si voltò e vide un angelo con un gran libro aperto, che contava i suoi passi e scriveva: duemilacento… duemilacentouno…duemilacentodue…. Il vecchio monaco trasalì di stupore, ma l’angelo lo rassicurò: “Continua a camminare, non aver paura. Sto annotando i tuoi dolorosi passi sul Libro della Vita. Ricordati: niente va perduto davanti al Signore”.
Il giorno dopo il santo eremita trasferì la sua residenza… ma per andare un po’ più lontano dalla sorgente. “Ho conosciuto, dice Palladio parlando di san Giovanni l’anacoreta, un solitario che per dieci anni non gustò nessun cibo terreno; ogni tre giorni, un angelo gli poneva in bocca un alimento celeste che gli faceva da nutrimento e da bevanda”.