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“Libertà di bestemmiare”: a cinque anni dall’attentato a Charlie Hebdo

MACRON, PRESIDENTE, FRANCIA

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Henri Quantin - pubblicato il 11/09/20

Se i credenti hanno spesso il solo diritto di tacere, i blasfemi godono di ogni libertà. In seguito all’attentato alla redazione del settimanale satirico francese, Henri Quantin aveva preso parte al dibattito sulla bestemmia scrivendo “Couvrez ce saint. Pour un catholicisme blasphematoire” [“Coprite quel santo! Per un cattolicesimo della bestemmia”, N.d.T.] (Cerf). Lo stesso autore s’interroga oggi sul diritto dei cristiani a provocare quel che il mondo ritiene intoccabile.

Finalmente! Finalmente una frase del Presidente della Repubblica francese che parla di una libertà specifica dei credenti! La sospensione della libertà di culto durante la quarantena non aveva dato luogo ad alcun messaggio specifico sullo sforzo che era stato loro richiesto. Eppure lo sforzo è stato inaudito, poiché la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo ribadisce

la libertà di manifestare la propria religione o la propria convinzione individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, col culto, con l’insegnamento, con le pratiche e col compimento di riti.

Stavolta nessun dubbio è possibile: la libertà proclamata non riguarda che i credenti, poiché si tratta… della bestemmia. Il problema è che il Presidente non sembra esserne cosciente. Alla vigilia dell’apertura del processo per gli attentati contro Charlie Hebdo, che si svolgerà fino al 10 novembre, Emmanuel Macron ha dichiarato:

Dagli albori della III Repubblica, c’è in Francia una libertà di bestemmiare che è radicata nella libertà di coscienza.




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Il non credente non può bestemmiare

Si potrebbe cavillare, col Presidente, sulla datazione storica, ma non è questo il punto. L’essenziale è la manifesta infedeltà a coloro cui la dichiarazione pretende di rendere omaggio:

Domani – aggiungeva Emmanuel Macron – tutti avremo un pensiero per le donne e per gli uomini vilmente abbattuti.

Avere un pensiero è cosa molto lodevole, ma la formula è spesso usata come espediente per passare rapidamente ad altro. Invece che rivolgere “un pensiero” a comando a Charb, Cabu, Wolinski e gli altri, si potrebbe provare ad ascoltarli un istante. Sulla bestemmia, nella sua Lettera ai truffatori dell’islamofobia che fanno il gioco dei razzisti, libro diventato suo malgrado testamento, Charb scriveva:

Un credente può bestemmiare nella misura in cui la cosa ha per lui un senso. Un non credente, malgrado tutti i suoi sforzi, non può bestemmiare. Per insultare ovvero oltraggiare Dio, bisogna essere persuasi che egli esista.


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La logica dell’islamista

La libertà di bestemmiare, a rigor di logica, non è dunque in alcun caso ciò che rivendicavano i giornalisti atei di Charlie Hebdo. Charb notava a seguire che

la strategia dei comunitaristi che si dànno arie da antirazzisti consiste nel far passare la bestemmia per islamofobia e l’islamofobia per razzismo.

Lo scopo di questa manovra lessicale è evidentemente rendere impossibile ogni critica ragionata dell’Islam.

Detto in altre parole, impiegare il termine di bestemmia, anche per brandire la libertà di praticarla, significa allinearsi alla logica dell’islamista e cadere nel laccio che egli tende. Così non dovrebbe parlare un Presidente della Repubblica, bensì un imam, anche se nel caso si tratterebbe di un imam riformatore. Il diritto francese, da parte sua, ha abolito il “delitto di bestemmia” nel 1791, rubricandolo nel numero dei “delitti immaginari”. Il miglior modo per tradire le vittime dei fratelli Kouachi e dei loro complici, che in questi giorni vengono giudicati, è dunque rivendicare la libertà di bestemmia come loro lascito testamentario.


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Quel che “non conviene”

Certo, si possono anche prendere le cose da un altro punto di vista e ricordare che, secondo san Tommaso d’Aquino, la bestemmia consiste nell’«attribuire a Dio quel che non gli conviene». In tal senso, negli attentati contro Charlie Hebdo i bestemmiatori sono evidentemente i terroristi, che hanno gridato “Dio è grande” mentre operavano una strage. Facevano di Dio una divinità sanguinaria, cosa che non si addice a un Padre misericordioso. Il Catechismo della Chiesa Cattolica lo dice chiaramente:

È blasfemo anche ricorrere al nome di Dio per mascherare pratiche criminali, ridurre popoli in schiavitù, torturare o mettere a morte.

CCC 2148

Se questa è la bestemmia, va da sé che il Capo dello Stato francese dovrebbe esultare nel sapere quanto fermamente la Chiesa la condanni.

E comunque si può andare ancora più in là, riprendendo la formula di san Tommaso “attribuire a Dio quel che non gli conviene”. Da questa prospettiva, l’Incarnazione – con la quale Dio si fa uomo – e la crocifissione – con la quale Dio è castigato come un criminale – oltrepassano e superano tutti gli umani tentativi di bestemmia. Il Dio cristiano è il primo “bestemmiatore”, da quanto rompe con ciò che gli uomini giudicavano “conveniente” per designarlo. E non a caso di blasfemia fu accusato Cristo stesso. Abituato a vedere crocifissi in giro, senza dubbio il cristiano si dimentica che rappresentare Gesù in Croce sarebbe di per sé cosa tanto irriverente quanto raffigurare Donald Trump in mutande bloccato alla sedia elettrica. Proclamare un messia crocifisso è «scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani» – diceva già san Paolo.




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Cristo il “bestemmiatore”

Certamente, la parola “bestemmia” ha assunto oggi un senso più lato, che può eventualmente giustificare l’apologia della “libertà di bestemmiare” da parte del Presidente. La bestemmia, ci dice il vocabolario (Larousse), è per estensione un discorso che insulta «quanto viene considerato sacro». Dunque non è solo roba da credenti? Forse, ma anche a tu per tu con “quanto viene considerato sacro”, nessuno farà meglio di Cristo nel rimetterlo in discussione. La fede in un Dio inchiodato a una croce recupera, oggi più che mai, la forza dello scandalo blasfemo; essa riduce a mal partito tutto quanto il mondo ritiene intoccabile. Bestemmia contro la divinità vendicativa degli islamisti, l’amore per il Crocifisso divino è una bestemmia anche contro l’idolatria dei corpi perfetti – dèi degli stadî o dee delle passerelle –, una bestemmia contro l’igienico asettico, una bestemmia contro il transumanismo chirurgico, una bestemmia contro la negazione della morte o contro la falsa compassione eutanasica.

Si rassicuri, Signor Presidente: questa libertà di bestemmiare i discepoli del Crocifisso intendono esercitarla fino in fondo.




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