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Capire lo storico incontro tra papa Francesco e l’ayatollah Ali al-Sistani 

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L’ayatollah Ali al-Sistani.

i.Media per Aleteia - pubblicato il 02/02/21

Restando al momento confermato per marzo 2021, nel suo viaggio in Iraq papa Francesco dovrebbe incontrare l’ayatollah Ali al-Sistani. Proviamo a illustrare la portata del futuribile evento. 

Annunciato il 28 gennaio 2021 dal cardinale Louis Raphaël Sako, patriarca dei caldei, l’incontro tra papa Francesco e l’ayatollah Ali al-Sistani dovrebbe aver luogo in occasione del viaggio del romano pontefice in Iraq dal 5 all’8 marzo 2021, se lo stesso resta confermato. Due anni dopo aver incontrato il grande Imam di Al-Azhar, il sunnita Ahmed al-Tayyeb, papa Francesco proseguirebbe così nella sua opera di fraternità incontrando una delle più grandi autorità sciite al mondo.


BOŻE NARODZENIE ŚWIĘTEM W IRAKU

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Era già stato evocato una volta, ma mai confermato: l’incontro tra il pontefice italo-argentino e l’ayatollah Ali al-Sistani dovrebbe aver luogo sabato 6 marzo, stando a quanto ha annunciato Sua Beatitudine Louis Raphaël Sako durante una conferenza stampa organizzata dall’Œuvre d’Orient insieme con la Conferenza dei Vescovi di Francia. Questo incontro si terrà poco prima della visita del pontefice nella piana di Ur, la regione di Abramo, padre dei Credenti, dove dovrebbe tenersi una cerimonia interreligiosa con dei rappresentanti sciiti e sunniti.

Al-Sistani, una sorta di “papa” per gli sciiti

Il Santo Padre sosterà dunque a Nadjaf, la città santa dell’islam sciita in cui si trova il mausoleo dell’imam Ali e in cui risiede l’ayatollah Ali al-Sistani. Secondo il cardinale Sako, l’incontro dovrebbe restare privato e i due dignitari potranno parlare dell’importanza della fraternità e della riconciliazione. A quanto si sa, non è previsto che si firmi una dichiarazione comune sulla fraternità, a differenza di quanto avvenne ad Abu Dhabi nel 2019, quando il Vescovo di Roma incontrò il primate sunnita Ahmed al-Tayyeb.

Questo evento avrà però una risonanza mondiale, se si tiene conto della personalità e dell’influenza dell’ayatollah nel mondo musulmano. Georges Malbrunot, famoso reporter del Figaro e specialista per il Medio Oriente, dichiarava ad i.Media poco prima dell’ufficializzazione dell’incontro:

Ali al-Sistani è la più alta autorità spirituale per gli sciiti iracheni, è in un certo senso il loro “papa”.

A 90 anni, il capo religioso è effettivamente un nume tutelare estremamente rispettato ed influente, in Iraq e all’estero:

Per dare l’idea – proseguiva Georges Malbrunot –, dopo il loro intervento in Iraq nel 2003, i responsabili americani a Baghdad sono regolarmente andati a trovarlo per sottoporgli la loro visione e ascoltare le sue riflessioni, specialmente sulla nuova costituzione del Paese.

L’ex ostaggio dell’Armata islamica in Iraq insiste ancora sull’influenza reale che il leader religioso ha su centinaia di migliaia di credenti:

È quello che nel 2014 ha emesso una fatwa [nel senso di decreto religioso] che chiamava la popolazione a mobilitarsi per andare a combattere l’Isis: è insomma capace di sollevare masse importanti.

Se il papa non andasse a trovarlo sarebbe un po’ come se il Dalai Lama venisse a viaggiare in Italia senza darsi pensiero di passare dal papa… In qualità di marja, egli è il capo spirituale di una comunità di fedeli molto importante nel mondo musulmano.

In un programma non ufficiale che circolava dallo scorso dicembre, tuttavia, questo incontro al vertice non compare. Molti si sono dunque preoccupati e attivati – sia dal versante sciita sia da quello della Chiesa cattolica in Iraq – perché l’incontro figuri nell’agenda.

Fatto notevole: Ali al-Sistani, che ha sempre rifiutato di incontrare un capo di Stato, fa dunque un’eccezione ricevendo piuttosto il successore di Pietro che il monarca della Città del Vaticano.

Oltre al cardinal Sako, una delle personalità all’opera nell’ombra perché questo incontro possa aver luogo è padre Amir Jajé, domenicano a Baghdad e membro del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. Raggiunto da i.Media poco prima che il cardinale iracheno annunciasse l’incontro, il religioso spiegava che alcuni rappresentanti sciiti l’avevano contattato appena era stata annunciata la visita del papa in Iraq.

Membri della comunità sciita avevano dunque lasciato intendere che l’assenza dell’incontro sarebbe parso inconcepibile:

Un capo di stato mi ha confidato – ha riportato il domenicano –: «Si renda conto di cosa un tale incontro significherebbe per noi. Che questi due uomini benedetti possano salutarsi darebbe molta forza a quanti nel mondo lavorano per il dialogo e per la fraternità».

Padre Jajé sperava allora che nell’occasione possa essere firmato un testo simile a quello della dichiarazione di Abu Dhabi. Il cardinal Sako ha invece ammesso che, a questo stadio, la cosa non era programmabile. Sull’argomento mons. Pascal Gollnisch, direttore dell’Œuvre d’Orient, ha confermato che normalmente a tali dichiarazioni comuni si arriva dopo un lungo processo di dialogo, laddove questo sarebbe soltanto un primo incontro.

Un incontro dall’alta posta politica in gioco per gli sciiti iracheni

Certo è evidente il carattere profetico dell’incontro – iscritto nello spirito dell’ultima enciclica del papa, dedicata alla fraternità umana –, ma la dimensione politica e diplomatica del passaggio a Nadjaf non lo è meno: iraniano di nascita, l’ayatollah Ali al-Sistani è riconosciuto per la sua indipendenza e per il suo desiderio di vedere l’Iraq ritrovare la sua sovranità affrancandosi dalle tutele straniere. Georges Malbrunot aggiunge:

Le sue relazioni con l’Iran, paese che interferisce molto l’argomento negli affari iracheni, sono quindi molto difficili.

Non presentarsi a Nadjaf sarebbe stato per il papa “un vero passo falso”, conferma una persona che segue molto attentamente le questioni: «Avrebbe messo gli sciiti iracheni in una situazione assai delicata».È infatti in corso in seno alla corrente sciita una lotta di influenze, una rivalità che procede da due distinte scuole di pensiero – quella di Tom in Iran e quella di Nadjaf in Iraq.

La prima s’iscrive nell’eredità dell’ayatollah Khomeini, giunto al potere in Iran in seguito alla rivoluzione del 1979: questa corrente, sempre salda in Iran, ritiene in particolare che non si debbano operare separazioni tra il potere temporale e il potere spirituale. Diverso è il caso per la scuola di Nadjaf, incarnata da Ali al-Sistani. In questo contesto, alcuni sottolineano che non incontrare Ali al-Sistani sarebbe stato percepito come un affronto, per non dire un atto di implicito sostegno all’Iran.


IRAQ CHURCH; ST KYRIAKOS

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[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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