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«Visse come un monaco in politica»: mons. Rougé racconta Robert Schuman

SCHUMAN

Europeana Collections (CC BY-SA 4.0)

i.Media per Aleteia - Camille Dalmas - pubblicato il 21/06/21

La madre di mons. Matthieu Rougé fu collaboratrice personale dello statista francese proclamato venerabile il 19 giugno scorso.

Vescovo di Nanterre (Francia), mons. Matthieu Rougé nutre una grandissima ammirazione per Robert Schuman, politico francese che la Chiesa cattolica ha proclamato venerabile il 19 giugno 2021. 

La madre del prelato francese era la collaboratrice personale dello statista: i.Media ha dunque raccolto le reazioni dell’ecclesiastico al riconoscimento delle virtù eroiche di quello che fu uno degli artigiani dell’Unione Europea. 

Come reagisce all’annuncio del riconoscimento delle virtù di Robert Schuman? 

Con grandissima gioia, perché Robert Schuman è stato un uomo di visione per la vita del nostro Paese, per la sua riconciliazione interna e per la costruzione dell’Europa. E anche perché Robert Schuman ha offerto la testimonianza di una vita da vero cristiano, profondamente radicata nella preghiera, di una vita personale di grande semplicità – per non dire di grande povertà – assolutamente agli antipodi delle critiche che si possono fare – talvolta legittimamente – alla vita dei politici. 

È un magnifico esempio del fatto che si può portare frutto in politica, e che la santità di vita e la fecondità politica possono camminare insieme. 

Qual è la natura del vincolo famigliare che la unisce al novello venerabile? 

È capitato che mia madre sia stata la collaboratrice personale di Robert Schuman per molti anni. Sono cresciuto in una famiglia in cui l’ammirazione per quell’uomo era intensa: era pure stato testimone di nozze per i miei genitori… insomma è una figura che fa parte del nostro Pantheon famigliare. 

Ho sempre ascoltato con molta emozione mia madre parlare sia di quel che ha potuto vedere di fianco a lui ai primordi della costruzione dell’Unione Europea o quando Schuman presiedeva altri dicasteri. Mi ha anche raccontato come l’accompagnava con la sua due cavalli a certe grandi manifestazioni pubbliche: a titolo personale, essendo stato per otto anni cappellano dei parlamentari [francesi], sono molto sensibile a questa figura di una santità possibile in politica. 

Papa Francesco l’ha spesso offerto a mo’ di esempio di autentico impegno cristiano nella sfera politica. Perché Robert Schuman è un modello di politica cristiana? 

Direi che ci sono tre cose, che del resto in modo meno visibile esistono in alcuni uomini politici dei nostri giorni.

  • La prima cosa è che è un uomo di visione, che non si limita a gestire nel breve termine, o che nel breve termine pensa ad aprirsi una via tutta fatta di comunicazione. È uno che ha avuto una visione di avvenire per il nostro Paese in Europa. È estremamente importante per un politico avere questa riflessione profonda, che apre cammini di avvenire. 
  • Poi è uno che ha tentato di mettere in opera la sua visione, e dunque di costruire – senza attestarsi agli slogan, come è talvolta il caso tra cristiani che vogliono impegnarsi in politica. Ha riflettuto sul modo effettivo di mettere in opera quel che la sua visione gli suggeriva nel tempo concreto della storia. 
  • E poi c’era una vera e propria unità di vita, in quell’uomo. Ha vissuto in politica un po’ come un monaco: celibe, andava a messa tutti i giorni, recitava la Liturgia delle Ore, era oblato di un monastero benedettino… La sua vita è impregnata di una grandissima semplicità. Quando non era in un ministero alloggiava in un bilocale parigino. Mi ricordo di mia madre che ci raccontava che quando c’erano riunioni importanti nel suo ufficio lei suonava dai vicini per chiedere qualche sedia in più. 

Vedete altri modelli di santità in politica? 

C’è la grande figura di san Thomas More, che è di altri tempi ma che nel 2000 è stata data come patrona agli uomini politici, da Giovanni Paolo II. È una figura suggestiva per i nostri giorni, la figura di un uomo radicato nella preghiera e nella riflessione, e al contempo impegnato in politica ai massimi vertici del suo contesto. Una persona che ha avuto il coraggio di spingersi fino al martirio per restare fedele alla sua coscienza. 

Ci sono altre figure, come quella di san Luigi, essa pure utile anche al giorno d’oggi. Eppure è difficile evocare nomi più contemporanei… posso però dirle che tra i parlamentari francesi che ho incontrato c’è, in alcuni, un autentico seme di sanità. 

Nella sua diocesi lei ha avviato un laboratorio di idee, Philadelphia, che intende riconciliare – soprattutto mediante una rivista – la politica e la Chiesa cattolica. Come si può tornare a far spirare la speranza cristiana nel mondo politico odierno? 

È un’epoca molto difficile, e questo deve stimolarci. Non si può fare muro contro muro, e anche prima di parlare del posto dei cristiani nell’agone politico bisogna riflettere su che cosa sia in generale la missione politica. È la politica ad essere in crisi. Il progetto Philadelphia è dominato da questa domanda: «Che cosa rende possibile una fraternità comune?». C’è bisogno di ristorarsi a una riflessione che sia ricca, raffinata, radicata e innovatrice al contempo. E bisogna poi essere capaci di attuare concretamente una visione. 

Il punto di partenza per l’impegno politico è spesso un impegno locale: prima di abbattersi del non riuscire a sfondare sul piano nazionale, i cristiani possono impegnarsi su quello locale, dove si avviano a seguire degli impegni politici di più alto livello. 

Infine, credo che i cristiani debbano coltivare una vera unità di vita, cioè una vita costruita sulla rettitudine e sull’umiltà. Bisogna anche essere capaci di denunciare il male mentre ci si rallegra del bene, di evidenziare con coraggio i nodi etici, restando capaci di andare fino al martirio, ma senza venir meno alla benevolenza riguardo alle persone. 

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio] 

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