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Benedetta dopo 66 anni la salma di “Luciedda”, ora la verità

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Lucia Mantione | Fair Use - St Maria Goretti Photo by Jorisvo via Shutterstock

Giovanni Marcotullio - pubblicato il 29/07/21

Si disse che i funerali non si fecero “per via del diritto canonico”, ma nella piccola Lucia Mantione la sua Montedoro riconobbe sempre e da subito una sorella di Maria Goretti.

Sta facendo chiacchierare la vicenda della povera Lucia Mantione, che nel giorno dell’Epifania del 1955 fu uccisa nelle campagne di Montedoro, remoto comune nisseno, probabilmente in seguito a un tentativo di stupro a cui la vittima (a quanto risultò dall’autopsia) si era opposta. Non un fatto di giornata, evidentemente, ma la notizia è che il funerale della piccola Lucia è stato celebrato soltanto ieri, mercoledì 28 luglio 2021 – ossia 66 anni dopo l’omicidio. 

Sorvolare distrattamente i fatti

E perché mai – cosa a cui si deve il clamore mediatico del caso – il funerale non fu celebrato prima, appena accertato il decesso? «Nessuno volle fare il funerale a quella bambina – spiega asciutto Alan David Scifo su Repubblica –: ai minatori così come a chi moriva di morte violenta, i funerali erano negati dalla chiesa». 

Questa sì che sarebbe una notizia, se la si potesse confermare! Come starebbe in piedi il culto cristiano dei martiri, se non fosse lecito neanche celebrare le esequie dei morti per violenza? Si osserverà che i martiri sono glorie passate, mentre nel Novecento in Italia la Chiesa non conosceva martirio e soprattutto aveva altre regole. 

False entrambe le cose: per illustrare però con dovizia di dettagli la prima si potrebbe scrivere un libro; qui basterà ricordare che la marchigiana Maria Goretti era stata uccisa a Nettuno nel 1902, dove aveva ricevuto regolarissimi funerali, e che nel 1950 (ossia sei anni prima dell’omicidio di “Luciedda”) Pio XII l’aveva canonizzata con somma pompa in Piazza San Pietro. 

Quanto poi alle regole, anche Montedoro era normato dal Codice di Diritto Canonico del 1917 (detto “pio-benedettino” perché compilato nei due pontificati di Sarto e Dalla Chiesa), e al cap. III del titolo XII della parte I del libro III vi si leggono a chiare lettere i criterî (in vigore fino al 1983) per la concessione e il diniego della sepoltura ecclesiastica: 

Non si ammetterà alla sepoltura ecclesiastica chi non è battezzato. I catecumeni sono ammessi, se ancora non battezzati senza loro colpa; e i battezzati, purché non ne siano privati. Ne sono privati, se non pentiti, i notori apostati, eretici, scismatici, massoni o altri settari, scomunicati e interdetti con sentenza; suicidi, morti per duello, chiunque avesse ordinata la cremazione, anche non eseguita, altri peccatori pubblici. Nel dubbio si sentirà l’Ordinario e perdurando il dubbio si può permettere la sepoltura, rimosso lo scandalo. Per i privati della sepoltura non devono farsi funerali, anniversari, funzioni. Anzi, se si può senza grave incomodo, si esumerà il cadavere seppellito dello scomunicato vitando per deporlo in luogo profano.

CIC 1917, cann. 1239-1242 

Si può ben credere – per quanto sia scandaloso – che un parroco abbia negato i funerali a una bambina trucidata, ma raccontare oggi che ciò avvenne in ossequio a qualsivoglia normativa ecclesiastica oscilla fatalmente tra l’ignoranza e la malafede: ai suicidi erano assimilati i duellanti – i “morti per oltraggio” di cui De André cantava nel 1967 – per la vanagloriosa leggerezza con cui mettevano a repentaglio la vita, e in qualche modo anche chi manifestava l’intenzione di farsi cremare (ma in quella scelta si puniva la sfiducia nella risurrezione, non la pratica in sé, che viceversa oggi è accolta fatta salva la speranza nella risurrezione). 

Una storia che puzza di mafia

La notizia non sarebbe, dunque, che “la Chiesa” proibiva i funerali dei morti uccisi (le fake news non si contano tra le notizie), bensì che il parroco avrebbe calpestato le leggi della Chiesa (oltre a quelle del Cielo) negando a Luciedda il tocco delle campane. E perché mai lo avrebbe fatto? Le domande aprono scenari via via più avvincenti – sempre che lo scopo del “giornalismo” non sia il solito banale scatenare shitstorm contro “la Chiesa” – ma per rispondere si sarebbe dovuti essere a Montedoro ieri. Fiorella Falci, appunto, c’è stata e ha scritto un importante pezzo per Avvenire, nel quale si racconta di quella benedizione negata 

nonostante le lacrime dei genitori, spiegata dalla memoria tramandata tra le famiglie del paese che parlava di paura e di omertà, di colpevoli ‘eccellenti’ e di una verità che non si doveva trovare. E nemmeno cercare. Dopo oltre mezzo secolo, uno studioso di Montedoro, Calogero Messana, coetaneo di Luciedda, ha raccolto insieme al fratello Federico in un blog, notizie, articoli, spezzoni di testimonianze sulla tragica vicenda, chiedendo la riesumazione della salma e la riapertura delle indagini: il suo furgone è stato incendiato.

È stato un segnale inquietante, dopo tanto tempo, ma forse decisivo per riaprire una pagina di cronaca che sembrava sigillata per sempre. Infatti la Procura della Repubblica di Caltanissetta ha deciso di riaprire le indagini sul delitto, affidandole ai Carabinieri, che stanno sottoponendo i resti riesumati della bambina ad esami del Dna, in cerca di nuovi elementi che all’epoca non si avevano gli strumenti per trovare. Molte cose non convincevano già quando il cadavere fu ritrovato: perfettamente asciutto dopo giorni di pioggia sul casolare dal tetto sfondato in cui l’avevano trovata, in cui probabilmente era stata portata già morta, le dita contratte come per afferrare qualcosa, anch’esse asciutte e pulite. Il rapporto con le indagini dei Carabinieri era stato consegnato alla Procura di Caltanissetta, ma di esso non c’è traccia: si disse andato perduto qualche anno dopo in un allagamento del magazzino in cui era custodito. Neppure nei registri parrocchiali era stato annotato nulla all’epoca del delitto.

Esistono preti dalla castità serafica e preti pubblici concubini; allo stesso modo (ma fa molto più male ammetterlo) esistono preti martiri della mafia e altri che sembrano fin troppo collusi con essa. Una memoria difficile per la stessa Chiesa – stavolta sì, altro che diritto canonico! – se è vero che tra il via libera di mons. Mario Russotto, vescovo di Caltanissetta, alla messa di riparazione e gli effettivi funerali sono trascorsi due anni. 

“Luciedda” sorella di “Marietta”

Eppure c’è una Chiesa che non è mai mancata, a Montedoro come ovunque, infallibile nel suo giudizio e forte come la pazienza che promana da queste parole scritte ieri da Fiorella Falci: 

[…] e dopo 66 anni il paese riabbraccia ‘la sua Maria Goretti’, come tutti l’hanno sempre chiamata, coltivandone la memoria da una generazione all’altra, chiedendo per lei giustizia e rispetto. Senza fare mancare mai, per 66 anni, i fiori freschi sulla sua tomba, dove c’è anche la foto dei suoi genitori, emigrati per sempre dal paese. 

Il Popolo santo di Dio aveva fatto pronto e acuto discernimento, sulla solita storiaccia di violenza e di omertà: c’era una vittima che non solo era innocente, ma che aveva difeso la sua purezza come già mezzo secolo prima sembrava impensabile che si potesse ancora fare. 

Ora vengano le indagini, venga la piena verità, venga la riconciliazione: più per noi che per Luciedda, ché le martiri hanno già assommato nella loro esistenza tutta la sublime giustizia della Pasqua, mentre noialtri restiamo ancora a battibeccare tra una memoria scomoda e un giornalismo di risulta. 

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