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Non vediamo miracoli perché non li attendiamo più

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Shutterstock | Di Albina Gavrilovic

don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 30/07/21

Ci vuole umiltà e bisogna abbandonare la presunzione di sapere tutto dell'altro, anche di Dio. Solo allora vedremo i miracoli che Lui continua a fare, ma che i nostri occhi non sono pronti a vedere.

In quel tempo, Gesù venuto nella sua patria insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: «Da dove mai viene a costui questa sapienza e questi miracoli?
Non è egli forse il figlio del carpentiere? Sua madre non si chiama Maria e i suoi fratelli Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda?
E le sue sorelle non sono tutte fra noi? Da dove gli vengono dunque tutte queste cose?».
E si scandalizzavano per causa sua. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua».
E non fece molti miracoli a causa della loro incredulità. (Mt 13, 54-58)

«Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?». Ed era per loro motivo di scandalo.

C’è un detto che dice che solo gli stupidi non cambiano mai idea e noi potremmo aggiungere che c’è una forma di stupidità peggiore ancora ed è quella di coloro che non cambiano idea a partire dai loro pregiudizi, specie quando essi si scontrano con una realtà che li smentisce completamente.

L’umilta’ di non sapere tutto

Per poter però guardare la realtà bisogna essere umili. Solo gli umili sono concreti, gli altri invece, essendo presuntuosi, presumono di sapere già come andrà a finire e non danno più credito a chi hanno di fronte.

“Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua». E non fece molti miracoli a causa della loro incredulità”.

È difficile accorgersi di un miracolo quando si hanno gli occhi chiusi dal pregiudizio. Mi piace pensare che Dio li faccia comunque, ma per noi è come se non ci fossero perché abbiamo lo sguardo fisso sulle nostre convinzioni. Ecco perché è così vero ricordarci che fare il profeta in patria è un mestiere duro, perché stare spesso con qualcuno non fa aumentare solo la familiarità e l’intimità, ma anche paradossalmente la sensazione di sapere ormai tutto dell’altro.

Siamo misteri

La verità è però che ognuno di noi è un mistero. C’è sempre una novità nascosta in ognuno. C’è sempre un imprevisto nascosto in chi pensiamo di conoscere ormai perfettamente. C’è una profezia nascosta in tutto quello che ormai definiamo “lo so già”. Questa consapevolezza potrebbe salvare l’amore deluso per un marito, per una moglie, per un figlio, per un collega.

Se non gli diamo più opportunità di dimostrarci il contrario come possiamo sperare in un cambiamento? Si può fare il miracolo a chi non lo attende più? Forse si, ma saremo così umili da ammetterlo?

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