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Giovanni Paolo II non è stato un Papa pacifista. Ecco perché

VATICAN-POPE-PRAYER

Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 29/03/22

Wojtyla è stato il pontefice che si è battuto con forza contro almeno tre guerre. E’ stato un uomo che ha promosso la pace, ma “no” ad ogni costo

La pace ad ogni costo? No, grazie. Giovanni Paolo II è stato il Papa che è sceso in campo, in modo forte e deciso, contro più guerre di ogni altro pontefice. E’ molto probabile che se ci fosse al soglio di Pietro durante queste settimane dell’assurda guerra in Ucraina, avrebbe tuonato come sta facendo Papa Francesco contro la violenza e le inutili morti che sta generando il conflitto. 

“Ai giovani dico: mai più”

Eppure Giovanni Paolo II non è stato un pontefice pacifista. E’ stato piuttosto un divulgatore di un concetto di pace autentico, concreto e “utile”. E questo lo ha sviluppato, utilizzando dapprima parole durissime contro la guerre. Le più dure le ha pronunciate il 16 marzo del 2004 per tentare di scongiurare l’attacco alleato in Iraq. 

«Io appartengo – affermo’ Giovanni Paolo II prima dell’Angelus davanti a una grande folla – a quella generazione che ha vissuto la seconda Guerra Mondiale ed è sopravvissuta. Ho il dovere di dire a tutti i giovani, a quelli più giovani di me, che non hanno avuto quest’esperienza: ‘Mai più la guerra!’, come disse Paolo VI sua prima visita alle Nazioni Unite. Dobbiamo fare tutto il possibile!».  

“Non sono un pacifista…”

Nella precedente crisi irachena del 1991, durante una visita alla parrocchia di Santa Dorotea in Trastevere, il 17 febbraio di quell’anno, parlando con i giornalisti di agenzia che lo accompagnavano, Wojtyla chiarì il significato della sua condanna di quell’intervento militare da parte dell’Occidente. 

Il Papa affermava: “Non sono un pacifista, nel senso che non voglio la pace ad ogni costo, ma la pace nella giustizia“. 

“Opera della giustizia 

Nel discorso che fece in parrocchia, spiegò cosa voleva intendere con l’espressione «strumento della pace», che lui preferiva alla definizione di «pacifista». 

“Gesù si è fatto strumento, strumento di Dio, della nostra redenzione, della nostra salvezza eterna. Allora, essendo sovrani, essendo autonomi, essendo persone, possiamo anche essere strumento di un bene, come una verità, di un bene che è maggiore di noi. Anzi, questo fa la nostra dignità. Quando ci dedichiamo ad una finalità, ad uno scopo, che è maggiore di noi, che è superiore, e che serve agli altri, come adesso possiamo dire questo bene della pace, che può servire al bene dell’umanità». 

«Giusta pace, certamente! Noi non siamo pacifisti, non vogliamo la pace ad ogni costo. Una pace giusta. Pace e giustizia. La pace è sempre opera della giustizia. “Opus iustitiae, pax”. Ma d’altra parte è anche frutto della carità, dell’amore. Non si arriva alla pace se non attraverso l’amore”».

Il pellegrinaggio a Sarajevo

Al “Papa della pace”, come scriveva l’Agi, è legato lo storico pellegrinaggio del gennaio 1997 a Sarajevo, con la ex Jugoslavia ancora segnata da echi di guerra. Giovanni Paolo II varcò il ponte su cui poco tempo prima era stato collocato esplosivo per un possibile attentato, poi sventato. 

Ha ricordato il vaticanista Fabio Zavattaro nel suo libro “La valigia di Papa Wojtyla”: il Papa «attraversa il viale dei cecchini, vede le distruzioni della guerra, per questo si dichiara “pellegrino di pace e di amicizia“, venuto qui per esortare al rifiuto della ‘logica disumana della violenza’». 

A Beirut sfidando protocolli e prudenza

Un mese dopo il Papa era a Beirut, per l’altra missione di pace tenacemente perseguita (e più volte rinviata per il rischio di attentati). 

«Sarajevo-Beirut: vista da quest’altra parte – scrisse Angelo Scelzo sull’Osservatore Romano – dalla parte di un Papa indomito di coraggio e di amore – la capitale bosniaca e quella libanese ora evocano il battito nuovo del cuore di una pace che torna ad essere speranza per la vecchia e stanca Europa e per tutto il Medio oriente, alla vigilia di un nuovo millennio. Negli stessi luoghi calpestati e profanati dall’odio, Giovanni Paolo II è andato a tracciare, di persona, dopo averlo spiritualmente percorso passo dopo passo, il solco di un cammino nuovo». 

«E’ andato a far valere, sfidando protocolli di prudenza e convenienza, il diritto che, al di là dei suoi stessi meriti, spetta ad ogni uomo: quello di sapere di essere amato. Di non essere solo. E Giovanni Paolo II e’ andato a Sarajevo e a Beirut per rafforzare – e semmai estendere a ogni dove – questo drammatico grido di pace».

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