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Un sacerdote, delle bottiglie e 107 famiglie uscite dalla miseria

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@archivalencia

Alvaro Real - pubblicato il 06/05/22

L'impressionante progetto di “padre Botella” “Ogni bottiglia, un mattone” ha già una strada che lo ricorda

“Padre Botella” ha già una strada intitolata a lui. Un meritato omaggio a colui che è riuscito a raccogliere fondi per la costruzione di abitazioni per famiglie immigrate e senza risorse del quartiere. La strada inaugurata nella frazione valenciana di Benimámet serve, spiega l’arcidiocesi spagnola di Valencia, “per riconoscere la sua grande opera pastorale e sociale a favore della carità, dell’istruzione e dell’accesso a un’abitazione dignitosa in momenti di grande necessità”.

La vita di Joaquín Sancho Albesa, più noto a Valencia come “Padre Botella” (“Padre Bottiglia”), merita di essere portata sul grande schermo. Una vita umile e semplice che mostra come con piccoli dettagli si possa cambiare la vita di tante persone.

Il sacerdote era nato il 24 aprile 1930 a Valdealgorfa (Teruel), ma quando era bambino la sua famiglia si era trasferita a Valencia. Dopo la formazione nel Seminario Metropolitano di Moncada era stato ordinato sacerdote nel 1953, iniziando il suo ministero sacerdotale come cappellano del Colegio San Francisco Javier, e nel 1954 era stato nominato coadiutore della parrocchia di San Miguel di Burjassot.

Un anno dopo era stato nominato parroco della Natività della Vergine a Canterería e incaricato della parrocchia di Beniferri. Lì aveva trovato una situazione di grande povertà economica e assistenziale. La maggior parte delle famiglie assistite dalla sua parrocchia viveva in grotte.

Joaquín Sancho Albesa si ribellò contro questa situazione, e iniziò a compiere piccoli atti per cercare di alleviarla, iniziando dall’istruzione e dalla cura di bambini e adulti: distribuiva latte, formaggio e cibi di ogni tipo, e creò un asilo per i bambini e una scuola artigiana per adulti perché imparassero un mestiere.

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Oltre a questo, iniziò una raccolta di bottiglie per la costruzione di alcuni edifici accanto all’attuale parco delle Cuevas Camales di Benimàmet per le famiglie emigrate e povere del quartiere che vivevano nelle grotte. Il motto dell’iniziativa era “Cada botella, un ladrillo”, “Ogni bottiglia, un mattone”.

È per questo che viene ricordato come “Padre Botella”. Il suo progetto crebbe, e finalmente le famiglie che vivevano nelle grotte poterono avere un’abitazione dignitosa. Le abitazioni vennero terminate con l’intervento e l’aiuto economico dell’arcivescovado di Valencia, visto che “padre Botella” nel 1961 era passato alla Caritas Diocesana e contava sul sostegno dell’allora arcivescovo, monsignor Olaechea.

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Le sue iniziative non avevano fine. Ad esempio, metteva all’asta le bottiglie nelle finali della Vuelta Ciclista de España o cercava di inserirsi nel mondo del calcio: “Gli stadi di Madrid accettarono che alla porta si organizzasse la raccolta di bottiglie”, affermano quanti lo hanno conosciuto.

Grazie a tutto questo vennero costruite 107 abitazioni, che tutti conoscono come “las fincas del Padre Botella”.

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