Su tutti i giornali troviamo in queste ore la splendida notizia del salvataggio di un ragazzino indiano di 11 anni, Rahul Sahu, precipitato in un pozzo artesiano nello stato del Chhattisgarh. Una storia molto simile a quella del piccolo Alfredino Rampi a Vermicino (Roma) che nel 1981 tenne con il fiato sospeso l’Italia intera concludendosi però tragicamente.
Rahul Sahu intrappolato per 5 giorni
Rahul, sordomuto, mentre giocava nel cortile dietro casa è caduto in questo stretto e profondo cunicolo scavato nel terreno rimanendovi intrappolato a 24 metri di profondità. L’incidente è avvenuto lo scorso venerdì e si è felicemente risolto dopo 5 giorni grazie all’impegno di circa 500 soccorritori, tra operatori dell’Esercito e della National Disaster Response Force (NDRF), la Protezione Civile Indiana.
Il lavoro dei soccorritori
Il ragazzino è stato continuamente monitorato e aiutato a respirare ed a sostenersi con liquidi e frutta grazie a sofisticate tecnologie che hanno visto l’impiego di una telecamera e di una conduttura per iniettare ossigeno alla profondità in cui il piccolo si trovava.
Rahul ha resistito: senza poter dire nulla, con poca aria, al buio, con l’acqua melmosa fin sotto al mento. Gli occhi spalancati, impauriti, ma vigili: l’istinto alla vita!
Il tunnel che ha permesso il salvataggio di Rahul Sahu
Mahabir Mohanty, ispettore del terzo battaglione della NDRF, ha sottolineato come il processo di salvataggio sia stato rallentato dalla presenza di rocce dure: infatti i soccorritori hanno dovuto scavare una fossa parallela, profonda circa 65 piedi, vicina al pozzo per poi creare un tunnel che ha permesso finalmente di raggiungere il povero Rahul.