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Il segreto di Nelson Mandela

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Manuel Bru - pubblicato il 19/07/22

I suoi biografi concordano: la sua fede cristiana lo ha portato a cercare la riconciliazione

Tutti concordano sul fatto che Nelson Mandela passerà alla storia come il grande artefice della fine dell’apartheid, ma solo alcuni analizzano e approfondiscono il modo singolare di farlo: la magnanimità, il perdono, la riconciliazione – in definitiva, l’amore evangelico per il prossimo.

Credo che, seguendo la sua testimonianza e quella di tutti i biografi del grande leader africano, Premio Nobel per la Pace, possiamo compiere un passo in più: chiederci quale sia stato il suo segreto.

Il segreto di Nelson Mandela è nelle sue radici cristiane, nella sua fede, e nel modo in cui questa lo ha portato a compiere un’esperienza profonda nei tanti anni della sua detenzione.

Libertà interiore

Victor Frankl, padre della logoterapia (psicoterapia dei sensi), ha dedotto dalla sua esperienza di prigioniero nel campo di concentramento di Auschwitz che è in situazioni come quella della privazione della libertà, in cui si cerca di disumanizzare e di portare all’indignità l’essere umano, che emerge la risorsa di ricomporre e potenziare un dono di cui nessuno ci può privare, quello della libertà interiore.

Grazie a questa, e solo grazie a questa, si può sopravvivere in una situazione di estrema ingiustizia.

Frankl diceva anche che per riconoscere e potenziare quella libertà interiore la cosa più importante è contare su un senso ultimo della vita, un “ultrasenso”, come lo chiamava.

E l’unico ultrasenso noto nella storia dell’umanità è la fede e la fiducia in Dio.

È così che Nelson Mandela ha recuperato e potenziato la sua libertà interiore, e in essa il suo desiderio di perdonare e il suo progetto di porre fine al razzismo con la forza incomparabile dell’amore.

Fraternità universale

L’ideale di Nelson Mandela non era l’uguaglianza razziale. Questa era un mezzo. L’ideale di Mandela era la fraternità universale, amata e desiderata da Dio, padre di tutti gli uomini.

Uscendo dal carcere qualcuno gli chiese: “Come si sente ad aver recuperato la libertà?”, al che Mandela aveva risposto: “Io non ho mai smesso di esser elibero”.

L’ultimo verso dell’Invictus, la poesia di William Henley che ha tanto aiutato Mandela nei suoi anni in carcere, dice così:

“Sono il padrone del mio destino: sono il capitano della mia anima”.

Tags:
apartheidnelson mandelaperdonosudafrica
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