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Le «vocine» con cui parliamo ai bimbi sono essenziali per l’apprendimento

MAMMA, SORRIDE, FIGLIO

Ekaterina Pokrovsky | Shutterstock

Annalisa Teggi - pubblicato il 29/07/22

Una recente ricerca ha scoperto che i vocalizzi con cui gli adulti si rivolgono ai piccoli sono simili in moltissime culture del mondo. E' una lingua universale che favorisce la crescita dei bimbi.

Rinfranca molto scoprire che l’umanità condivide esperienze essenziali, proprio in quel campo di guerra che è attualmente la famiglia. La si racconta come realtà sempre più sfaccettata, in crisi, rotta, disagiata. Molto ferisce la famiglia umana oggi, è vero, eppure essa continua a essere l’alveo indispensabile per l’avventura della conoscenza di ogni essere umano.

Lo svelano i risultati di una ricerca appena pubblicata sulla rivista Nature Human Behavior condotta da 40 scienziati in sei continenti, secondo cui il modo in cui gli adulti si rivolgono ai più piccini – già da tempo definito “parentese” – è una vera lingua universale: sorta di esperanto dei bambini che, dall’Africa alla Cina, accomuna tutti i popoli del mondo.

da La Repubblica

Il maternese o parentese, una comunicazione essenziale

Ogni bambino è introdotto nella realtà dai suoi genitori. La comunicazione occupa un ruolo centrale e tutti sappiamo come parliamo ai bambini piccoli, cioé facendo le vocine. In inglese questo modo di esprimersi è chiamato parentese, da parents che sono i genitori. In italiano si definisce maternese, ma essendo una parola eccessivamente squilibrata sul materno (e sappiamo quanto il pensiero contemporaneo sia avverso a una parola così smaccata ed esplicita come madre), ho visto che in molti usano il più ecumenico familarese.

Tralasciando le polemiche, si tratta di un modo di esprimersi degli adulti che potrebbe apparire infantile, ma tutt’altro che sciocco. Ci viene automatico usare un tono di voce cantilenato coi bimbi, usare una cadenza ritmata, marcare le parole con espressioni del viso e timbri particolari.

Ecco, tutto ciò è automatico perché è innato, ed è un’esperienza educativa essenziale per il bambino. Il suo linguaggio, infatti, si accresce attraverso il modo in cui gli parliamo. Una comunicazione efficace accelera la capacità del bambino di pensare e apprendere. Ed è efficace proprio attraverso quei vocalizzi spontanei che saremmo pronti a giudicare sciocchi.

Un video della BBC mostra un esperiemento semplice ed illuminante fatto da alcuni ricercatori. Una mamma ripete alla propria bimba la frase: “Ti vedo” e la ripete usando prima il tono con cui si rivolgerebbe ad altri adulti (piatto) e poi via via esplorando vari vocalizzi.

Monitorando il cervello della bimba si nota che la sua attenzione viene agganciata e stimolata dai vocalizzi.

Il segnali elettrici del cervello dei bambini pulsano a tempo con il ritmo cantilenato di chi gli parla.

Da BBC

Ed è, evidentemente, il diagramma di una relazione innescata, di una via di conoscenza possibile in un dialogo.

Una lingua universale della famiglia umana

Il dati e le conclusioni sul valore educativo del maternese (o parentese) sono frutto di una ricerca cominciata nel 2018 e pubblicata nel 2020.

“Sappiamo da tempo che l’uso del parentese è associato a migliori risultati linguistici”, ha affermato Patricia Kuhl, professore di scienze del linguaggio e dell’udito presso l’Università di Washington. “Ma non sapevamo perché. Crediamo che il parentese renda più facile l’apprendimento delle lingue a causa della sua struttura linguistica più semplice e dei suoni esagerati. Ma questo nuovo lavoro suggerisce una ragione più fondamentale. Ora pensiamo che la genitorialità funzioni perché è un gancio sociale per il cervello del bambino, il suo tono alto e il ritmo più lento sono socialmente coinvolgenti e invitano il bambino a rispondere.”

Da Focustech

A questa ricerca oggi si aggiunge un altro contributo interessante che amplia l’orizzonte. Il maternese ha caratteristiche simili in quasi tutte le culture del mondo, è una specie di lingua universale presente nelle famiglie umane a qualsiasi latitudine geografica.

Su Nature Human Behaviour è stato pubblicato uno studio che si basa su una grande mole di dati. Circa quaranta ricercatrici e ricercatori hanno raccolto e analizzato più di 1.600 registrazioni di voci da 410 persone in sei continenti, che vivono in contesti molto diversi tra loro: da quelli urbani a quelli rurali. Pur usando 18 lingue diverse, tutti avevano un modo somigliante per rivolgersi ai piccoli, caratterizzato da una musicalità nell’espressione, vocali allungate, consonanti doppie quadruplicate e toni vocali alti.

Vocalizzi di speranza

Alcuni l’hanno definito una sorta di esperanto che affonderebbe le radici nel profondo dell’umano. A dispetto di certi venticelli leggeri che insinuano una frammentazione di relazioni sempre più pericolosa, ci sono esperienze fondamentali comuni e, guarda caso, riguardano proprio il modo in cui i genitori – di tutto il mondo – introducono i figli alla conoscenza della realtà.

L’analisi acustica ha permesso di realizzare anche altre cose: ad esempio, che parlando coi bambini sperimentiamo vocalizzi e combinazioni strambe: di fatto “esploriamo lo spazio vocale”. Una melodizzazione del linguaggio che secondo qualcuno potrebbe addirittura essere alla base della nostra passione per la musica. Ma il nuovo studio, precisano gli scienziati, è solo un punto di partenza: “Ciascuno può prenderne un pezzetto e farlo fiorire”.

Da La Repubblica

Un punto di partenza di speranza, vien da dire. Se facendo previsioni sul futuro ci sale la preoccupazione sull’umanità, voltandoci all’indietro raccogliamo indizi di forza e resistenza. All’origine dell’esperienza umana c’è l’impulso e il bisogno di relazione, di una conoscenza che sia trasmessa non da un’asettica intelligenza artificiale, ma dalle vocine buffe dei nostri genitori. Ed è paradossalmente bello che la speranza della comunità umana sia testimoniata da queste pose materne e paterne che sono strambe ed essenziali.

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