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Tutte le volte che vivi un dolore nella tua sofferenza è presente Gesù

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panitanphoto | Shutterstock

don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 02/02/23

Tutte le volte che una persona vive cose drammatiche, così come è accaduto a Giovanni Battista nel Vangelo di oggi, in quel dolore è presente Gesù stesso.

Vangelo di venerdì 3 febbraio (S. Biagio (mf))

Il re Erode sentì parlare di Gesù, poiché intanto il suo nome era diventato famoso. Si diceva: «Giovanni il Battista è risuscitato dai morti e per questo il potere dei miracoli opera in lui». Altri invece dicevano: «È Elia»; altri dicevano ancora: «È un profeta, come uno dei profeti». Ma Erode, al sentirne parlare, diceva: «Quel Giovanni che io ho fatto decapitare è risuscitato!».
Erode infatti aveva fatto arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, che egli aveva sposata. Giovanni diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere la moglie di tuo fratello». Per questo Erodìade gli portava rancore e avrebbe voluto farlo uccidere, ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni, sapendolo giusto e santo, e vigilava su di lui; e anche se nell’ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri.
Venne però il giorno propizio, quando Erode per il suo compleanno fece un banchetto per i grandi della sua corte, gli ufficiali e i notabili della Galilea. Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla ragazza: «Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò». E le fece questo giuramento: «Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno». La ragazza uscì e disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?». Quella rispose: «La testa di Giovanni il Battista». Ed entrata di corsa dal re fece la richiesta dicendo: «Voglio che tu mi dia subito su un vassoio la testa di Giovanni il Battista». Il re divenne triste; tuttavia, a motivo del giuramento e dei commensali, non volle opporle un rifiuto. Subito il re mandò una guardia con l’ordine che gli fosse portata la testa. La guardia andò, lo decapitò in prigione e portò la testa su un vassoio, la diede alla ragazza e la ragazza la diede a sua madre. I discepoli di Giovanni, saputa la cosa, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro. (Marco 6,14-29)

Nella pagina del Vangelo di oggi viene narrata la triste vicenda del complotto che portò alla morte per decapitazione di Giovanni Battista.

La cosa interessante però è che questa storia viene raccontata perché la predicazione di Gesù scuote, in un certo senso, la coscienza di Erode:

Ma Erode, al sentirne parlare, diceva: «Quel Giovanni che io ho fatto decapitare è risuscitato!».

Questa affermazione, frutto di una coscienza sporca e colpevole, ci dice però qualcosa di interessante: in ogni vero testimone continua a vivere lo stesso fuoco e la stessa passione che si incontrano ogni volta si ha a che fare con persone vere e autentiche.

Noi cristiani dovremo poter dire che se da una parte è vero che Giovanni Battista muore prima di Gesù, nella sua morte vediamo prefigurata l’estrema testimonianza che Gesù stesso darà pochi anni dopo sulla Croce.

È Gesù crocifisso che è prefigurato nella morte innocente di Giovanni Battista, ma Erode questo non può saperlo. Noi invece lo sappiamo. E sappiamo anche che tutte le volte che una persona vive cose drammatiche, così come è accaduto al Battista, in quel dolore è presente Gesù stesso.

Paradossalmente anche quando ci troviamo in situazioni in cui in una certa misura noi ne siamo anche responsabili, anche lì Gesù si fa presente. Basti ricordare la vicenda del buon ladrone. Egli sa bene che si trova lì crocifisso come colpevole, ma trova il coraggio di rivolgersi a Gesù con una fiducia immensa: “Ricordati di me Signore”.

Gesù a quella preghiera risponde con la promessa imminente del paradiso. Non tutti siamo Giovanni Battista, a volte siamo Erode o Erodiade, ciò che conta è se vogliamo convertirci da questo momento in poi. 

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