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Spiritualità
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Aiutate il vostro bambino a scoprire la sua vita spirituale

PRAYING CHILD

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Edifa - pubblicato il 31/10/20

Genitori, voi siete i primi educatori della fede dei vostri figli, ma affinché questo apprendimento abbia successo, è necessario tenere conto dell'età e dello sviluppo psichico del bambino.

di Olivia de Fournas

Come parlare ai bambini di Dio a seconda dell’età? Padre Philippe de Maistre, cappellano della scuola media e del liceo Stanislas, a Parigi, decifra le diverse età della vita spirituale dei bambini e degli adolescenti.

Fino ai 2 anni, la coscienza dell’amore: la percezione del suo mistero

Dal momento del concepimento, il bambino è in relazione con Dio. Nel momento misterioso in cui Egli infonde l’anima nel bambino, Dio crea, per così dire, una “linea diretta” con lui. Contrariamente a quanto affermava Freud, la prima coscienza del bambino, legata in modo vitale alla madre, è quindi interamente una coscienza di amore e di unità. È in questo primo linguaggio, in cui Dio parla, che gli Apostoli sono immersi di nuovo a Pentecoste: “Ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa” (At 2,8).

Il bambino percepisce un’interiorità e anche un’esteriorità. Ecco perché la preghiera dei genitori con il figlio è importante fin dal grembo materno. Il bambino è sensibile anche alla voce del padre: non deve esitare a parlargli e a benedirlo attraverso il grembo della moglie con una parola udibile.

Fin dalla nascita, il bambino ha quindi una vita spirituale. Gesù non ha forse detto: “Lasciate che i bambini vengano a me” (Mc 10,14)? Come i morenti che non hanno più una coscienza intellettuale, il bambino non può ancora concettualizzare, ma mantiene una coscienza di amore per il corpo. È attraverso di esso che il bambino fa l’esperienza fondamentale dell’incontro con Dio. Questa è la sfida della teologia di San Giovanni Paolo II: il nostro corpo è più consapevole, più intelligente della nostra anima. A quest’età, durante la preghiera della sera, si può spegnere la luce e accendere una candela. Poi metterla davanti ad un’icona o ad un quadro raffigurante la Sacra Famiglia. Come in uno specchio, il bambino può collocarsi accanto al padre, tra le braccia della madre e recitare qualche preghiera. Già da questa età, il piccolo uomo può cominciare a percepire che c’è un’Amore più grande di quello dei suoi genitori: l’Amore di Dio.

Dai 3 ai 7 anni, la consapevolezza della luce: i fondamenti della fede

Prima dell’età della ragione, il bambino si separa dalla madre e si rende conto che vive anche di altre relazioni. Imparerà come comportarsi e Dio dovrà trovare il Suo posto in questo ampio tessuto relazionale composto dalla sua famiglia e dai suoi cari. A partire dai tre anni appare il suo “piccolo sé”; il bambino lascia la comunione originaria per entrare in opposizione. Questo è l’“io” del peccato, visto ancora come disobbedienza ai genitori. La sfida della prima educazione è quella di collocare questo “io” all’interno dell’alleanza originale suggellata da Dio.

Crescendo, ha bisogno che gli venga letto l’Antico Testamento: il sacrificio di Isacco, la storia di Caino e Abele, quella di Giuseppe e dei suoi fratelli, e così via. Si appassionerà di queste storie che raccontano i primi drammi delle alleanze, mentre il suo rapporto con Dio si costruirà sotto il sigillo dell’affettività. I sentimenti di Giuseppe che desidera appropriarsi dell’amore del padre, o la rabbia di Caino geloso del fratello, sono radicati in lui. Attraverso questi problemi relazionali e familiari e la paura dell’abbandono, può imparare che non tutto finisce in tragedia. Il perdono, la misericordia e la benedizione continuano a passare e l’ultima parola è la riconciliazione. È necessario raccontargli le storie dei Patriarchi. Deve imparare a considerare Abramo, Isacco e Giacobbe come i suoi nonni o i suoi cugini. Lasciatelo immergersi nella Bibbia con la stessa passione che ha per i racconti di fantasia, vi troverà la chiave per tutte le questioni spirituali ed affettive della vita familiare! Sarà quindi in grado di dare un nome ai suoi draghi interiori (furto, menzogna, gelosia, ecc.) e imparerà a sconfiggerli. Possiamo anche parlare della Creazione, di Adamo ed Eva, e dirgli che è stato creato da Dio, a Sua immagine. Perché privare di questi racconti delle origini colui che inizia la sua vita spirituale? È necessario soprattutto parlare del Paradiso. L’età della luce è l’età privilegiata per parlare del Cielo. Il bambino percepisce la morte come un passaggio verso il Cielo più facilmente dell’adulto che si scontra con essa come contro un muro. Tra l’altro, non è il bambino che spesso consola la sua famiglia quando c’è un decesso in famiglia: “Mamma, perché piangi? La nonna è in Cielo ora, con Gesù!”

Tra i tre e i sei anni non si può ancora parlare di spiritualità autonoma, ma l’interiorità si risveglia sotto il sigillo di una relazione d’amore con Gesù. In prima elementare si può parlare dell’anima che viene da Dio, questa dimensione invisibile che il bambino nasconde in sé. Possiamo parlargli del suo corpo che gli altri vedono, che i genitori possono prendere tra le loro braccia, ma c’è anche una relazione con Dio. Egli può sentire la sua anima quando si raccoglie in sé stesso, con gli occhi chiusi, e si rivolge direttamente a Dio – questa è l’intuizione dei “bambini adoratori”. È importante, quindi, non parlare con lui di Dio in generale, ma rivolgersi a Gesù e al Padre, davanti al bambino.

Dai 7 ai 12 anni, l’età della ragione: il dispiegarsi dell’interiorità

Quest’età apre quello che in psicologia si chiama il periodo latente. Un’età di armonia, in cui Dio vuole dispiegare l’interiorità. È l’età della luce interiore che si prolunga con le conoscenze. I disegni da colorare non bastano più, ha bisogno del catechismo, degli insegnamenti sulla vita di Gesù, sulla cronologia, l’apprendimento a memoria delle preghiere. In prima media il bambino deve saper usare la Bibbia. Alle scuole medie è stimolato intellettualmente; vuole anche essere motivato spiritualmente. Il bambino sperimenta la consapevolezza del peccato, impara a chiedere perdono e non dovrebbe esitare a confessarsi spesso.

In famiglia si può osservare un momento di silenzio durante la preghiera, anche se è ancora guidato dai genitori. Il bambino può confidarsi con Gesù e adorarLo. Fino ad allora agiva essenzialmente secondo il volere dei genitori. Oramai comprende il senso del bene e del male. Chiedendogli come si sente dopo una buona azione o una confessione, lo si aiuta a verbalizzare questa “grande luce” ricevuta nel profondo della sua coscienza. La stessa cosa accade dopo una brutta azione: perché si sente triste? La voce della sua coscienza gli parla, sente di aver rovinato qualcosa. Nella vita spirituale può emergere una vera vita mistica, di preghiera. In alcuni bambini, il rapporto privilegiato con Gesù è più di un rapporto di amicizia, diventa quasi nuziale. Questa è spesso l’età in cui nascono le vocazioni.

Il bambino deve appropriarsi del Vangelo. I genitori possono leggergli o fargli leggere la vita del Curato d’Ars. Il bambino prende coscienza che una parte di lui appartiene solo a Dio. È per questo che san Pio X raccomandava la prima comunione poco prima dell’età della ragione, prima del risveglio della coscienza razionale, quando appare una coscienza teologica e morale. Questo Papa ha anche chiesto che potessero accedere alla preghiera e alla confessione. Il bambino ha un senso morale autonomo, può essere rivolto verso questa vita interiore e capisce che Gesù è sempre presente.

Dai 10 ai 13 anni: la coscienza della vita e il tempo delle amicizie

Il bambino si sviluppa, è l’età della speranza, dove Dio si mostra abbondante di vita. Dio chiama al mare aperto, non tutto può essere vissuto in famiglia. Il giovane ha bisogno di andare oltre la cerchia familiare e scolastica, di creare legami, di sviluppare un senso di amicizia, di incontrare sacerdoti, segno di una più grande paternità. Ha bisogno di fratelli maggiori, e questo è il genio dello scoutismo per esempio. Con i ragazzi o le ragazze più grandi nasce il desiderio di crescere insieme attraverso il gioco e l’amicizia su delle basi spirituali. Scoprendo la fraternità, scopre in fin dei conti la Chiesa. L’amicizia, esperienza morale e spirituale, impegna la fedeltà e fa crescere. Negli esami di coscienza si può chiedere come sceglie i suoi amici, fargli leggere la vita di san Domenico Savio, molto eloquente. Quali responsabilità può assumersi a scuola, come si sente responsabile degli altri, come pensa di far crescere gli altri?

Dall’età di 13 anni, la coscienza del fuoco: l’adolescenza alla conquista della vera libertà

È fondamentale dire che l’adolescenza è soprattutto un evento spirituale. È un’iniziativa di Dio che sconvolge la coscienza del bambino, prima di essere uno sconvolgimento ormonale e psichico. L’adolescenza è l’età del fuoco che prende il cuore del bambino e lo attira verso l’esterno. Da qui le tensioni che esistono anche tra Gesù e sua madre. “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio? (Lc 2,49)”, rispose ai suoi genitori all’età di 12 anni.

L’adolescente impara che non è fatto solo per ricevere amore, per vivere e svilupparsi tranquillamente alla luce di Dio. Il desiderio del suo cuore è più grande di questo mondo troppo piccolo. È fatto per amare, e per un assoluto che il mondo non può dare. Ha bisogno che la sua adolescenza non si riduca ad una “età ingrata”. Dio ha il controllo, la sessualità è buona, il desiderio di amare è buono, ed è Dio che lo mette di fronte alla percezione dei limiti. Ha bisogno di un Mosè per attraversare quel Mar Rosso, di esperienze spirituali di fuoco: ha bisogno di conferme.

La Messa rimane una base. Se recriminerà per andarci, i suoi genitori potranno dirgli che il giorno del loro matrimonio e del suo battesimo si sono impegnati ad assumersi questa responsabilità per trasmettergli la fede. A proposito del peccato, non dimentichiamoci di dargli da meditare questo versetto: “infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio.” (Rm 7,19). A dieci anni il bambino è più legalista, un po’ moralista. Dopo è diviso, conosce gli impulsi, non è più unificato. Ha bisogno di letture intense, come l’Apocalisse. La vita appare in effetti sotto una luce un po’ più tragica. C’è una tensione tra il desiderio d’assoluto – questo nuovo impulso – e la consapevolezza di limiti irriducibili, di debolezze, la percezione di rotture causate dalla morte o da separazioni. Questo è il cocktail esplosivo, analizzato da Freud, tra Eros e Thanatos, il richiamo all’assoluto dell’amore e ai limiti della morte. La vita pare all’adolescente troppo stretta per soddisfare gli impulsi del suo cuore. Per uscire da questa situazione senza uscita, l’adolescente ha bisogno di modelli forti, che abbiano attraversato anche loro questa fase e aperto la speranza. Hanno bisogno di eroismo, hanno bisogno di leggere la vita dei martiri, di parlare di san Massimiliano Kolbe, del beato Pier Giorgio Frassati o di Chiara Luce. Non può identificarsi solo con le sue star o i suoi sportivi preferiti.

Diventa importante amare e trovare un senso alla vita. L’adolescente è alla ricerca di sé stesso e non si troverà guardandosi allo specchio, ad esporre i suoi sentimenti sui social network o a mettersi in coppia con qualcuno. Ha bisogno di uscire da sé attraverso delle esperienze di evangelizzazione forti, di servizio ai senzatetto o ai disabili… Ha bisogno di superare sé stesso, di sperimentare la vera ebbrezza nella gioia di donare sé stesso; altrimenti, può dirigersi verso falsi paradisi come il sesso o la droga. Una vita cristiana realizzata non è una vita per sé stessi, ma una vita fatta per essere data. Può fare questa esperienza frequentando gli scouts o dando lezioni di catechismo ai più giovani. In questo modo si trova in una posizione di trasmissione; l’adulto è colui che trasmette. Quando si affida ad un adolescente una responsabilità, diventa un uomo (e la smette di infastidirci con i suoi piccoli problemi da adolescente!)

Al di là del lutto dell’infanzia e del suo paradiso sognato, l’adolescente entra nel dono di sé e supera i limiti della morte e della separazione attraverso esperienze forti, di fuoco. Gesù ha trasformato l’acqua in vino, al suo seguito l’adolescente deve sperimentare la sobria ebbrezza dello Spirito Santo.

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