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Il trauma della “bambina senza stella” finita per sbaglio nel lager nazisti

Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 27/01/21

La storia di Marisa Errico Catone inizia per una dieresi. Che porta a confondere un cognome slovacco con uno ebraico

L’Olocausto ricorda storie assurde, come quella della “bambina senza stella”: la piccola Marisa, mamma boema e papà campano, e la sua famiglia furono deportati per errore nei lager nazisti. Una storia che inizia a causa di una dieresi, che porta a confondere un cognome slovacco con un cognome ebraico. E che cambia totalmente la vita di una mamma, un papà e una bambina di 8 anni.

Marisa e i genitori partirono da Mestre per i Sudeti al fine di ricongiungersi con i parenti di lingua tedesca della madre. Poi l’incredibile equivoco burocratico.

La mantellina rossa

Quella bambina, Marisa Errico Catone, oggi di anni ne ha quasi 85 e ha riportato la sua esperienza nero su bianco, nel libro “Non avevo la Stella”. Perché Marisa, all’interno dei diversi campi di concentramento in cui è stata reclusa con i genitori non ha mai avuto la stella – o un altro simbolo che indicasse la sua condizione- né il pigiama a righe, bensì una mantellina rossa. L’orrore dell’Olocausto, in pratica, lo ha vissuto per sbaglio in uno dei lager tedeschi.


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“La cosa più terribile erano le urla”

«La cosa più terribile erano le urla», ha confessato Marisa, ricordando l’Olocausto di una giovane pianista ebrea, suicidatasi dopo che i soldati le avevano spezzato quelle dita che tanto aveva cercato di proteggere durante la tortura nei lager.

«Si parla tanto di Shoah -ha proseguito Marisa – molto meno dell’Olocausto. In quel periodo terribile sono stati uccisi 6 milioni di ebrei, ma i morti in tutto sono stati 13 milioni. Di questi, degli altri ce ne siamo dimenticati. All’epoca nessuno voleva sapere. Io ho fatto del mio meglio affinché le cose si conoscessero. Il ricordo è prezioss» (www.sullascia.net, 20 gennaio 2020).


DEPORTED,

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