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Gerontofobia: perché “normalizzare” la violenza contro gli anziani?

OLD HANDS

Di buffaloboy2513|Shutterstock

Miguel Pastorino - pubblicato il 16/06/21

L'abuso e il maltrattamento degli anziani non è qualcosa che si vede solo in strada o negli ospizi, ma si verifica soprattutto a casa, da parte di figli e nipoti


Ogni 15 giugno appaiono varie campagne sull’importanza di valorizzare maggiormente i nostri anziani. Come ogni anno dal 2012 per risoluzione dell’ONU, si celebra la Giornata Mondiale contro l’abuso e i maltrattamenti degli anziani.

In vari Paesi si svolgono campagne contro i maltrattamenti nei confronti degli anziani, e varie organizzazioni si preoccupano del tema, che interessa milioni di esseri umani che meritano l’attenzione della comunità internazionale e di ciascuno di noi.

La violenza contro gli anziani assume diverse forme, nella maggior parte dei casi invisibili alla società, ed è un dramma quotidiano di cui bisogna prendere coscienza e che si può affrontare con un autentico cambio di mentalità.

In alcune interviste recenti, la filosofa spagnola Adela Cortina ha denunciato ciò che sta accadendo alle persone anziane nelle nostre società spaventate per la pandemia e caratterizzate da una mentalità utilitaristica che fa dipendere la dignità umana dalla produttività. La Cortina ha denunciato una specie di gerontofobia, in cui gli anziani passano ad essere senza valore perché non sono produttivi:

“Ci sono determinate correnti bioetiche che ritengono decisiva la discriminazione per motivi di età quando bisognerebbe tener conto di diversi fattori. Questa forma di procedere introduce la terribile convinzione che ci siano vite senza ‘valore sociale’. Una convinzione che si riflette sulla vita quotidiana, quando discriminare per motivi di età o di disabilità è immorale e incostituzionale”.

Papa Francesco ha messo in guardia in varie occasioni contro la “cultura dello scarto” a proposito di una mentalità diffusa che tende a valorizzare le persone per la loro utilità sociale, per la loro produttività, dimenticando che ogni persona ha una dignità in quanto essere umano, indipendentemente dall’età o dalla condizione.

Il valore di una persona

Viviamo in una società che valorizza rendimento e produttività, in cui un essere umano è quello che rende, quello che produce. Il valore della vita dipende dal tipo di lavoro che si svolge, dalla produttività, dall’influenza e dalla posizione sociale, dall’apparenza e dalla forza fisica, dall’indipendenza economica e dall’efficienza professionale.

E visto che queste cose si iniziano a perdere col passare dell’età, emergono sentimenti di frustrazione e impotenza, accompagnati da un disorientamento generale circa il senso della vita e dalla sensazione di essere un peso o un disturbo per gli altri.

A volte i più giovani vedono gli anziani in questo modo, arrivando a vivere con “normalità” situazioni di autentici maltrattamenti e di lesione dei diritti delle persone anziane.

Tutti invecchiamo e viviamo sempre di più. L’aspettativa di vita è aumentata considerevolmente, e le persone restano sane per più tempo. Secondo stime recenti, nel 2050 più del 20% della popolazione avrà superato i 60 anni.

Dall’altro lato, l’invecchiamento diventa sempre più differenziato, visto che si possono distinguere varie tappe all’interno della vecchiaia.

Gli “anziani giovani”, appena pensionati, sono ancora sani di corpo e di mente e possono continuare ad essere molto attivi dopo i 60-65 anni. Ce ne sono poi altri che subiscono peggioramenti di salute, e altri ancora che hanno bisogno di assistenza costante.

Ci sono poi coloro che, soffrendo di malattie che provocano disturbi della personalità – demenza o Alzheimer – dipendono totalmente dagli altri.

Una violenza invisibile: gerontofobia?

La mancanza di valorizzazione dei nostri anziani fa sì che vengano dimenticati e maltrattati. Si perde la sensibilità nei confronti di un dolore che passa inosservato, nel silenzio di persone che non si lamentano e non chiedono un’assistenza migliore.

Gli abusi e i maltrattamenti degli anziani non sono qualcosa che si vede solo in strada o negli ospizi, ma si verificano soprattutto a casa, da parte di figli e nipoti, e le forme di vessazione vanno dall’appropriazione indebita delle loro entrate all’omissione di assistenza, dai maltrattamenti psicologici e fisici all’abbandono totale.

Durante la pandemia, le persone anziane sono diventate non solo le fasce più vulnerabili, ma anche quelle “scartabili”, soprattutto nei Paesi in cui le risorse sanitarie non erano sufficienti, ponendo il personale sanitario di fronte a un vero dilemma etico.

Questa crisi ha messo in evidenza la mentalità che porta ad abbandonarli e la sofferenza che provano per vedersi trascurati. Ciò che è certo è che il dominio della logica tecnoeconomica in tutti gli ambiti della vita, e i valori che si impongono, ci hanno resi ciechi di fronte al tesoro che racchiude la vecchiaia.

Paura di invecchiare?

Nel mondo di oggi, il modello di realizzazione personale sembra essere un eterno adolescente, e così l’età adulta, e ancor più la vecchiaia, sembrano una tappa a cui nessuno vuole arrivare e a cui non si vuole guardare.

Il contatto con le persone anziane è sempre un confronto silenzioso con il nostro invecchiamento e le nostre paure.

Chi rifiuta il proprio invecchiamento trasporrà quel rifiuto alle persone che ora sono anziane, perché la vita dell’anziano è uno specchio di un futuro possibile e di un invecchiamento inevitabile per ciascuno di noi.

Chi riesce in gioventù ad accettare l’anziano con tutti i suoi limiti, in qualche modo valorizza le virtù proprie della vecchiaia, e vede in essa anche valori e ricchezze. L’amore e il rispetto, la cura e la generosità nei confronti dei più deboli sono un modo per abbracciare la propria vulnerabilità.

A chi preoccupa il rendimento?

Tutte le persone, indipendentemente dall’età o dalla condizione, hanno la stessa dignità, e questo dovrebbe bastare per non sminuire nessun essere umano. Circa chi è ossessionato dalla “redditività” delle persone, Adela Cortina precisa:

“Le persone più anziane hanno un’esperienza e una conoscenza molto valide, perché non tutto in questa vita è di competenza digitale. Andando ancora oltre, chi rende possibile la conciliazione familiare dei giovani, sul lavoro e a livello di divertimento, sono i nonni, che si prendono cura dei nipoti; ci sono famiglie che vanno avanti grazie alla pensione del nonno, il turismo si mantiene in buona misura grazie agli anziani e senza di loro l’industria farmaceutica guadagnerebbe molto meno. Non hanno, quindi, solo dignità, saggezza ed esperienza, ma sono anche redditizi a livello economico”.

È sempre più importante formare nelle imprese le persone che sono vicine alla pensione perché vivano pienamente la nuova tappa che si avvicina, e in questo compito c’è un bene sociale impagabile.

Bisogna aiutare le persone a valorizzarsi per quello che sono e non per quello che fanno, a scoprire il senso della loro vita in ogni nuova tappa, a scoprire i loro talenti per metterli al servizio delle nuove generazioni e ad accettare i propri limiti e a viverli con gioia, ad avere un cuore grato, a valorizzarsi sempre.

Educare i bambini e i giovani al valore della vecchiaia risveglierà una nuova sensibilità e un nuovo modo di vedere la vita propria e altrui, perché ogni vita è limitata e fragile. Per questo, una vita autentica che sa accettare la realtà e guardare ciò che non si può eludere è una vita che sa assumere il limite della propria finitezza come vera possibilità di un’esistenza autenticamente umana.

Ogni tappa della vita ha i propri compiti e la propria bellezza, come anche pericoli e limiti. Più comprendiamo la vita altrui nelle sue varie tappe, più comprenderemo anche noi stessi. Curare i nostri anziani significa prenderci cura della nostra umanità.

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