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Care ragazze, la verginità esiste. Non riguarda l’imene ma la felicità

GIRL, FACE, SUNNY

Dundanim | Shutterstock

Annalisa Teggi - pubblicato il 11/11/21

Per contestare la pratica pessima dei test di verginità alcuni ginecologi si sono spinti a dire che la verginità sarebbe solo un mito per poter controllare la sessualità delle donne. Ne abbiamo parlato con un ginecoloco che porta ai giovani il tesoro della Teologia del corpo di San Giovanni Paolo II.

Qualche settimana fa campeggiava su Repubblica un titolo evocativo, La verginità nonesiste. Ecco l’incipit di quel pezzo:

No, la verginità non esiste, almeno non da un punto di vista medico-anatomico. Su questa base il Royal College of Obstetricians and Gynecologists (Rcog), che rappresenta gli ostetrici e i ginecologi inglesi, ha pubblicato un appello sul British Medical Journal per chiedere al governo di bandire i test di verginità, visite “invasive e prive di basi scientifiche” volte a verificare l’integrità dell’imene. Il test, si legge nell’editoriale, è offerto da diverse cliniche private del Regno Unito. Ma è praticato in tutti i Paesi occidentali. A richiederlo sono soprattutto donne e famiglie di religione musulmana, ma non solo: ha fatto scalpore il caso del rapper americano T.I., che ha dichiarato di imporlo ogni anno alla figlia.

Da Repubblica

È tipico di un ragionamento monco di una visione umana complessiva partire da un dato reale e parziale per desumerne conclusioni generali capovolte. Banalmente: è come se per combattere il problema dell’obesità si finisse per abolire il cibo.

Nel pezzo di Repubblica, che non è un unicum ma fa parte di un filone ben documentato da qualche anno, l’accusa di una pratica pessima (il test della verginità) diventa il trampolino di lancio per dire alle ragazze che la verginità è un mito che è stato costruito soprattutto per controllare la sessualità delle donne.

Si parte da un dato medico-anatomico corretto (“l’imene non è un indicatore affidabile di verginità“), ma si tradisce proprio l’etica medica riducendo il paziente al solo dato corporeo, non tenendo conto dell’interezza della sua persona (intelletto, psiche, emotività). Per questo motivo, cioé per mettere al centro il bene integrale della persona – che in questo caso sono le giovani ragazze che si affaciano al mondo dell’affettività e della sessualità – abbiamo voluto approfondire il tema.

La verginità non si perde

Il test della verginità è una pratica che, giustamente, l’OMS ha definito medicalmente inutile, umiliante e traumatica in un rapporto del 2018. Non si può violare l’intimità di una ragazza o di una donna e decretarne una presunta purezza con il metro di una visita ginecologica invasiva. Ma cosa comporta contrastare questa pratica fomentando una battaglia ideologica per ridurre la verginità a un mito costruito per controllare le donne?

La verginità non è un mazzo di chiavi, non si perde. E nessuno sarà mai in grado di dire con certezza, guardando una vulva, se questa ha mai avuto rapporti sessuali oppure no. No, nemmeno controllando l’imene.

Da Vanity Fair
GIRL, FACE, NATURAL

Così si esprime la dottoressa Silvia Gioffreda sul noto magazine femminile. E ha ragione. Perdere la verginità è una brutta espressione. Se avrete la pazienza di proseguire a leggere, l’ipotesi che merita di essere approfondita in tema di verginità è proprio sul verbo opposto: guadagno. L’essere umano non è un oggetto, dotato di parti irrelate tra loro. Non è un pc assemblato. L’elemento anatomico non è separato da quello intellettivo ed emotivo. Siamo corpo e anima.

Proprio per questo risulta violento il pensiero che, riducendo l’esperienza del primo rapporto sessuale a un dato puramente anatomico (stai tranquilla, non succede niente di che alla tua vagina…), presume di arrivare a conclusioni etiche senza però avere messo a tema il bene complessivo della persona.

Sì, il tema della verginità non ha a che fare – lo approfondiremo – con la lacerazione dell’imene. Sì, è vero, non risponde al vero porre la questione in termini di perdere la verginità. Perché la posta in gioco nell’atto sessuale – come in ogni altro gesto affettivo umano – è che ogni occasione sia un guadagno di bene e non un gioco o passatempo, che sia un seme piantato per far fiorire una felicità non caduca.

Imene, anima, felicità

All’appello dei ginecologi inglesi ha risposto l’italiana Eugenia Tognotti, docente di Storia della medicina e della sanità pubblica all’Università di Sassari: la sua lettera, pubblicata dal British Medical Journal, ricostruisce le origini storiche di un mito. “Verginità non è un termine medico” dice. “Non lo si trova nei grandi trattati di anatomia. È una costruzione sociale. Nel Medioevo l’unica incerta prova della verginità era la tendenza delle donne a sanguinare al primo rapporto”. 

Da Repubblica

Il dato di realtà è sempre l’unico possibile punto di partenza per ogni discorso sulla persona. Ma cos’è la realtà? Proprio in un tempo in cui il dibattito ecologico si guadagna i titoloni delle prime pagine occorre avere il coraggio di applicare sul serio uno sguardo ecologico integrale sull’uomo, che sappia custodire l’integrità delle sua persona, che non separi ciò che Dio ha unito (corpo, mente, anima).

Non possiamo considerare il corpo come una realtà oggettiva al di fuori della soggettività personale dell’uomo, degli esseri umani: maschi e femmine. Quasi tutti i problemi dell’ “ethos del corpo” sono legati contemporaneamente alla sua identificazione ontologica quale corpo della persona e al contenuto e qualità dell’esperienza soggettiva, cioé al tempo stesso del “vivere” sia del proprio corpo sia nelle relazioni interumane, e in particolare in questa perenne relazione “uomo-donna”.

San Giovanni Paolo II, Udienza Generale 15 aprile 1981
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Nel tesoro che è teologia del corpodi San Giovanni Paolo II c’è una voce chiara e straordinaria che guida e interpella il mondo contemporaneo. Perciò, per approfondire il tema della verginità ho posto qualche domanda al dottor Patrizio Calderoni che è stato dirigente medico di Ostetricia e Ginecologia presso l’ospedale Sant’Orsola di Bologna ed è tuttora impegnato nel progetto Teen star, un percorso sull’educazione alla sessualità e all’affettività fondato sulla teologia del corpo di San Giovanni Paolo II. 

Caro Patrizio, vorrei chiederti di aiutarci ad approfondire il tema della verginità che è oggetto di un fuoco di fila da parte di certi medici e ginecologi. Partiamo dal dato anatomico. Cos’è l’imene e cosa accade durante il primo rapporto sessuale?

L’imene è una membrana residua di un percorso embriologico, può essere più o meno aperta e ha caratteristiche varie. In alcuni casi è completamente chiusa e si parla di impervietà dell’imene. In questo caso ci sono ragazze che devono essere operate per evitare che la vagina si riempia di sangue durante la fase mestruale. E’ una membrana scarsamente vascolarizzata e quindi è vero che se ci sono dei sanguinamenti durante il primo rapporto sessuale non dipende dall’imene. Dipende invece dalle pareti vaginali e il sanguinamento capita se la vagina non è ben lubrificata. Le ragazze giovani non hanno un livello estrogenico adeguato per poter avere delle secrezioni che permettano una penetrazione facile e non dolorosa. Molto sta anche nell’attenzione reciproca delle due persone coinvolte.

Noi ginecologi sappiamo bene che l’imene non è l’unità di misura per decretare la storia sessuale di una ragazza o di una donna. E’ una membrana, a volte si lacera, a volte è stretta, a volte è ‘compiacente’ – come si usa dire – e quindi non sanguina. Quindi è vero che il sanguinamento e il dolore del primo rapporto sessuale non è legato all’imene.

Nel pezzo di Repubblica ci sono dichiarazioni di ginecoli che a partire da questo dato corporeo (‘la verginità non è un termine medico’) arrivano alla conclusione che la verginità non esiste. Cosa ne pensi?

Il messaggio negativo che passa in quell’articolo è che il rapporto sessuale si riduce a un gioco, all’uso di certe parti del corpo per divertisi. In sintesi, il sesso si può iniziare senza troppi pensieri e ripeterlo come e quando si vuole. Questo non tiene conto che nella sessualità, e anche nell’atto sessuale in sé, ci sono delle componenti psicologiche ed emotive che non possono essere eliminate. Il punto dolente delle parole di quell’articolo non è tanto il clamore sul ‘perdere la verginità’, ma il chiaro messaggio che passa sull’usare il corpo come se fosse un oggetto fuori di sé, estraneo a tutte le implicazioni personali.

Proprio riguardo a questo punto, c’è un passaggio in un su Vanity Fair in cui la dottoressa Silvia Gioffreda descrive l’imene in questi termini: “Tutti questi ripiegamenti gli permettono di essere molto elastico e proprio per questo motivo può favorire l’ingresso di pene/dita/sex toys”. Il corpo ne esce come un oggetto in cui possono essere inseriti altri oggetti in modo indistinto, che sia un pene o un sex toy. Il sesso è un gioco quasi meccanico, una ripetizione di esperimenti vari ed eventuali, ma è davvero così?

Quando vado a scuola a fare i corsi di Teen Star faccio sempre ai ragazzi degli esempi che loro hanno bene in mente. Le serie Netflix ci offrono un’ampia gamma di rappresentazione delle vite amorose dei ragazzi e salta sempre fuori che i protagonisti si prendono, si lasciano, si tradiscono, si arrabbiano. E spesso, alla fine, non rimane mai un rapporto di amicizia. Dunque, in realtà, questo prendersi e lasciarsi non è semplicemente un gioco, ma implica degli aspetti più profondi della vita.

Usare della sessualità in questo modo ti porta a sentirti solo. E pianta dentro la persona un pensiero amaro, una volta diventato adulto – quando matura un desiderio di stabilità emotiva – si arriva a concludere che l’amore vero non esiste, che il per sempre non esiste.

Di cosa è parte dunque questo nostro corpo? La sua integrità non è solo una faccenda anatomica. Ricordo di aver effettuato delle visite ginecologiche prima di avere avuto rapporti sessuali e il mio ginecologo ha sempre rispettato l’integrità del mio corpo, evitando visite invasive. Quindi, se anche verginità non è un termine medico, è solo da bigotti parlare di un integrità corporea che è tutt’uno con l’intimità fisica ed emotiva di una persona?

L’integrità del corpo è anche integrità della mente, della psicologia, dell’emotività. Quando si parla di aspetto medico non si parla solo di un aspetto strettamente fisico. Non esiste nulla in medicina di strettamente fisico. Chi ha un tumore non ha solo una massa maligna nel corpo che deve essere asportata. Tutto il resto del corpo ne risente, tutta la vita e le emozioni sono chiamate in causa. Questo è solo un esempio. La medicina psicosomatica esiste e dimostra che il corpo non è qualcosa che abbiamo, noi siamo un corpo. Noi siamo un corpo che ragiona, che ha emozioni, che ha desiderio di significato e molto altro. Tutto questo fa parte del nostro essere, non del nostro avere.

HAPPY GIRL, LIGHT

Il sesso e la sessualità non sono qualcosa che abbiamo e possiamo gestire con l’unica preoccupazione di non correre rischi. Bisogna essere consapevoli che ridurre il sesso a una pratica significa rischiare di fare un’esperienza negativa nell’orizzonte complessivo della vita. Oggi abbiamo sotto gli occhi una situazione che è frutto degli anni della cosiddetta liberazione sessuale: famiglie sempre più disastrate, molti che non vogliono proprio metter su famiglia. Prometteva una certa felicità e spensieratezza, ma questo è l’esito. E noi siamo contenti?

Infatti questo è un altro tradimento che sento nel racconto prevalente sulla sessualità e riguarda la presunta leggerezza e facilità dell’atto sessuale in sé. E non è così. Soprattutto il primo rapporto sessuale non è facile e bello, non è l’idillio perfetto che si vede nei film. I giovani non si meriterebbero più sincerità su questo?

Anzi, andrebbe anche detto che la maggioranza delle volte è una delusione. Perché c’è sempre dietro il desiderio che sia una cosa speciale. E invece finisce che la prima volta capita per caso e finisce in un boh. Non è bello che uno viva di delusioni fin dall’inizio. Anche perché spesso ne consegue che si va avanti ripetendo queste delusioni. Questo è il vero dramma.

La sessualità merita uno sguardo complessivo sulla persona. E la verginità è parte integrante di un discorso compiuto sull’io. Cosa si può rispondere a chi sostiene la verginità è solo un costrutto sociale inventato per controllare la donna?

Io risponderei dicendo che la sessualità vissuta pienamente è l’unica che dà soddisfazione alla persona. Noi siamo al mondo per essere felici. L’esperienza che vediamo attorno a noi è mediamente di infelicità. Cosa respiriamo? Solitudine. Sembra che non ci sia, perché apparentemente possiamo riempirci di cose da fare, ma in realtà fare tutto quello che si vuole non basta a riempire la solitudine, anzi. Il punto sulla perdita della la vergintà non ha a che fare con un certo alone moralistico che si imputa alla Chiesa. Prendere alla leggera quel passo è un’occasione in meno per essere felice, questa è l’ipotesi cristiana. C’è un modo molto vecchio di giudicare la Chiesa su questo, come se la teologia del corpo di San Giovanni Paolo II non esistesse. Dare dei giudizi su come la Chiesa parla di sessualità senza tenere conto di questo enorme contributo significa parlare con pregiudizio.

Non si può fare a meno del pilastro di questa presenza, chi lo trascura è proprio ignorante nel senso che si è perso una cosa enorme che è successa nella Chiesa. E parla contro solo perché fondamentalmente non gli interessa nulla.

La realtà è che da San Giovanni Paolo II in poi la sottolineatura della Chiesa è quella di guardare il corpo alla luce di una integralità. Ogni aspetto della persona mira alla felicità, questo è l’orizzonte. Che cos’è l’esperienza religiosa se non il cammino per prendere sul serio questo desiderio di felicità? Il centuplo non è solo nell’aldilà, ma anche qui e ora. Non mi interesserebbe la fede in Gesù se non mi accompagnasse a essere felice già da ora.

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