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Gli Egiziani amano la loro Nazionale di calcio, ma i cristiani si sentono tagliati fuori

EGYPT;SOCCER;FOOTBALL

Кирилл Венедиктов|Wikipedia| CC BY-SA 3.0

Aiuto alla Chiesa che Soffre - pubblicato il 21/02/22

Alcuni ragazzi sono stati esclusi da grandi squadre calcistiche egiziane quando si è saputo che erano cristiani

Con i successi mietuti dalla Nazionale di calcio alla Coppa d’Africa, la febbre del calcio ha conquistato l’Egitto.

“Gli Egiziani sono pazzi per il calcio. Lo amano moltissimo”, afferma Manuel José, portoghese che ha allenato la principale squadra egiziana, Al-Ahly, per otto anni, testimoniando in prima persona la passione dei fans. “Quando allenavo in Egitto, l’International Stadium del Cairo aveva una capacità di 100.000 spettatori, e si riempiva tre ore prima delle partite”.

Tony Ghali ha lasciato l’Egitto vari anni fa. Oggi vive e lavora in Germania, da dove segue da vicino il progresso della squadra egiziana nella Coppa d’Africa. Prima di ogni partita, lui e le sue figlie indossano le felpe dell’Egitto, con stampato il nome dell’eroe nazionale Mohamed Salah. Come tutti gli Egiziani, pregano per una vittoria, ma Tony, come molti altri cristiani copti, sa che nessuno in quella squadra prega come fa lui. “È raro vedere un giocatore cristiano in Egitto”, ha riferito ad Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS).

Non ci sono statistiche ufficiali sul numero dei Copti in Egitto, ma si stima che siano tra il 10% e il 20%. La maggior parte appartiene alla Chiesa Ortodossa Copta, con una piccola percentuale appartenente alla Chiesa Cattolica Copta. Il fatto che non ci siano Copti di alcuna denominazione ai massimi livelli del calcio, e quindi nella Nazionale, non passa inosservato.

“Mi emozionerò sempre per la Nazionale, perché i giocatori rappresentano il Paese”, ha affermato Tony, “ma ci dispiace che non si usi il pieno potenziale del popolo. Sono sicuro che tra i Copti ci siano molti talenti. Non è possibile che tra il 20% della popolazione non ci sia nessuno che sappia giocare a calcio”.

Questo sentimento è condiviso da Andrew Youssef, docente copto e candidato al PhD in Teologia, che vive in Canada. “In generale, direi che i Copti amano il calcio e sono felici di veder vincere la Nazionale, ma si arrabbiano se c’è discriminazione contro i Copti in questo campo”, ha detto ad ACS.

Ma c’è davvero discriminazione? Da un alto, alcuni sono irremovibili nel dire che c’è ed è diffusa, sottolineando che non ci sono Copti neanche nei recenti team olimpici. Perfino la guida della Chiesa Ortodossa Copta, Tawadros II, ha sottolineato in un’intervista al quotidiano egiziano Al-Youm Al-Saba nel 2018 che “è straordinario che tutte le squadre calcistiche dell’Egitto non abbiano un unico Copto con buone gambe e che abbia calciato un pallone per strada da piccolo”.

Anche alcuni Musulmani sono d’accordo. L’ex giocatore Ahmed Hossam, noto come Mido, che ha giocato per molti club internazionali, ha affermato in un’intervista alla rete televisiva egiziana DMC nell’aprile 2018 che “purtroppo in Egitto ci sono molte persone che hanno pregiudizi a livello di colore, religione ed etnia. Dobbiamo affrontare tutto questo e non nascondere la testa sotto la sabbia. Ci crede che nella storia del calcio in Egitto solo cinque cristiani abbiano giocato ai massimi livelli?”

Tra i Copti, abbondano le storie di ragazzi allontanati da grandi club ai provini quando è emerso che erano cristiani, o per il loro nome o, in un caso, per il tatuaggio di una croce che molti giovani portano sul polso. Impossibile dire se si tratti di veri casi di discriminazione o se siano episodi interpretati in questo modo da persone che hanno imparato a guardare la vita attraverso una lente di persecuzione.

Tony Ghali ha riferito ad ACS che “forse i club temono di elevare un Egiziano cristiano allo status di eroe”.

A un aspirante giocatore con un nome inequivocabilmente cristiano, Mina Bandari, è stato chiesto da un club di giocare con il nome Ibrahim. All’inizio ha accettato, ma poi ha preferito rinunciare al calcio professionistico e creare un’accademia per dare ai giovani giocatori cristiani una possibilità di migliorarsi. Avendo rifiutato di sostituire una forma di discriminazione con un’altra, l’accademia Je Suis è aperta anche ai Musulmani, che rappresentano il 10% dei giocatori.

Altri, però, dicono che il problema non è la discriminazione. Sostengono che i genitori cristiani scoraggiano i figli dal giocare a calcio e che la percezione della discriminazione diffusa dà ai giovani giocatori copti una scusa per gettare la spugna quando falliscono i provini la prima volta anziché lottare per realizzare i propri sogni.

Quando ha parlato ad Aiuto alla Chiesa che Soffre, Manuel José sembrava ignaro del fatto che i cristiani subiscano discriminazione nel calcio. “Ero lì durante la Primavera Araba. Ho visto come i tifosi di calcio, copti e musulmani, fianco a fianco, proteggevano i contestatori dalla polizia. A casa ho ancora due felpe che appartenevano a due tifosi che sono stati uccisi. Dopo la rivoluzione ci sono stati dei problemi, alcune chiese sono state date alle fiamme, ma poi le cose si sono calmate e le due comunità si trovano bene”, ha dichiarato.

I critici della discriminazione ricordano in genere l’esempio di Hany Ramzy, ex giocatore e manager che godeva di grande successo in Egitto e all’estero, anche come capitano della Nazionale, nonostante fosse cristiano. Ramzy stesso dice di non aver mai subìto discriminazione, ma il suo nome non è chiaramente cristiano e lui stesso ammette che per anni nessuno nel mondo del calcio ha saputo che era copto.

La sconfitta dell’Egitto in Camerun – dove ha perso la finale contro il Senegal – ha impedito grandi festeggiamenti, ma i tifosi avranno presto un’altra possibilità, perché i giocatori affronteranno il Senegal a marzo per cercare di qualificarsi per i Mondiali in Qatar. Il calcio continua quindi a mostrare di avere il potere di unire i popoli nonostante le differenze. Ai Copti, però, sembra che questo fattore unificante potrebbe essere sfruttato in modo più profondo a beneficio di tutto il Paese.

Questo articolo è stato pubblicato originariamente da Aiuto alla Chiesa che Soffre, ed è ripubblicato in questa sede per gentile concessione. Per conoscere meglio la missione di ACS in aiuto alla Chiesa sofferente, visitate il sito https://acs-italia.org/.

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