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I cinque passaggi fondamentali del viaggio papale a Budapest e in Slovacchia

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i.Media per Aleteia - pubblicato il 09/09/21

Papa Francesco si appresta a intraprendere il suo 34º viaggio apostolico fuori Italia in occasione della sua visita a Budapest (Ungheria) e in Slovacchia, dal 12 al 15 settembre prossimi. I-Media illustra le sfide del viaggio.

A Budapest, non in Ungheria 

La prima destinazione annunciata dalla Santa Sede nel volo di ritorno dall’Iraq, l’8 marzo 2021, il viaggio di papa Francesco a Budapest è stato presentato rapidamente come un semplice spostamento nel quadro del Congresso eucaristico, e non come una visita di Stato – caso che invece si dà in Slovacchia. Questo format, contenuto in un’unica giornata, era già stato osservato in occasione dello spostamento del pontefice argentino al Parlamento europeo di Strasburgo, nel 2014, e del 70º anniversario del Consiglio Ecumenico delle Chiese a Ginevra nel 2017. 

Il Papa non resterà dunque che una sola mattinata, nella capitale ungherese: appena il tempo di celebrare la messa di conclusione del Congresso eucaristico internazionale dopo aver incontrato i vescovi del Paese, i rappresentanti di altre religioni cristiane e del giudaismo, nonché le autorità politiche. 

La questione dell’incontro con il primo ministro Viktor Orban ha fatto molto parlare, negli ultimi giorni, dopo una dichiarazione sorprendente di papa Francesco a una radio spagnola, nella quale ammetteva di non sapere se l’avrebbe incontrato. Poiché la presenza del primo ministro ungherese risulta ufficialmente dichiarata nel programma, è stata immediatamente sollevata l’opposizione politica tra i due uomini. 

Questa opposizione non si è mai manifestata pubblicamente, ma la maniera in cui le due personalità hanno reagito alla crisi migratoria, nel 2015, ha rivelato due concezioni diametralmente opposte. Mentre migliaia di migranti attraversavano i Balcani verso l’Europa, in particolare fuggendo lo Stato Islamico, il Premier ungherese decise di porre un recinto di filo spinato alla sua frontiera con la Serbia per impedire loro di passare. 

Quest’anno, in un messaggio indirizzato alla comunità di Sant’Egidio – associazione di laici cattolici impegnati in particolare nell’accoglienza dei migranti –, papa Francesco aveva vigorosamente criticato la violenza degli islamisti che spingono all’esilio numerosi Siriani o Iracheni; aveva però denunciato anche la violenza che consiste nell’«elevare mura e barriere per bloccare quanti cercano un luogo di pace. La violenza sta nel respingere quanti fuggono da condizioni inumane nella speranza di un avvenire migliore». Tutti i commentatori, all’epoca, avevano visto in questa dichiarazione una critica della politica ungherese. 

La loro opposizione su molti temi – in particolare sulla questione europea o sul populismo – ha innescato numerose speculazioni, in merito all’assenza di un incontro tra i due uomini. La scelta di una “vera visita di Stato” nella vicina Slovacchia è stata essa pure letta come una decisione politica atta a valorizzare la Slovacchia a spese dell’Ungheria. Tanto più che una fonte diplomatica slovacca ha confermato ad i-Media che le buone relazioni con la vicina presidente Zuzana Čaputová, politica di centro-sinistra europeista, incontrata da papa Francesco meno di un anno fa, erano state un elemento-chiave della scelta del Pontefice. 

Esaltare il Congresso eucaristico 

Se il passaggio del Papa a Budapest sarà breve, esso sarà tuttavia uno dei momenti forti di questo viaggio in Europa centrale. È del resto a partire da questo evento che si è costruito il seguito del viaggio in Slovacchia, come il Pontefice aveva spiegato ai giornalisti in occasione del volo di ritorno dal suo viaggio in Iraq. 

Con questa partecipazione, papa Francesco si pone sui passi dei suoi predecessori, i quali già prestissimo hanno voluto valorizzare quest’iniziativa che onora l’Eucaristia. Senza muoversi, Leone XIII aveva incoraggiato il primo Congresso eucaristico, organizzato alla fine del XIX secolo a Lille per approfondire la conoscenza e l’adorazione dell’Eucaristia. Il primo papa a parteciparvi ufficialmente fu Pio X – soprannominato da alcuni “il papa dell’Eucaristia” – nel 1905, quando si tenne il primo Congresso romano. 

Molti anni più tardi, Paolo VI ha presieduto personalmente i dibattiti di due congressi: quello di Bombay (1961) e quello di Bogota (1968). Giovanni Paolo II ha seguito il suo esempio partecipando a quelli di Nairobi (1985), Seul (1989), e Siviglia (1993). Il pontefice polacco si è quindi recato a quello organizzato nel suo Paese (1997) e ha finalmente accolto il Congresso a Roma nel 2000. Benedetto XVI non ha mai partecipato a questo evento. 

Per papa Francesco – il quale auspica che questo viaggio sia «segnato dall’adorazione e dalla preghiera» – si tratterà della prima partecipazione; del resto, ha già annunciato che si recherà anche al prossimo Congresso eucaristico, organizzato in Ecuador nel 2024. 

Un viaggio “al cuore dell’Europa” 

Nell’Angelus del 5 settembre 2021, ossia una settimana prima di recarsi a Budapest e poi in Slovacchia, papa Francesco ha parlato di un viaggio “al cuore dell’Europa”. Una realtà geografica che è uno degli slogan della Slovacchia, ha spiegato ad i-Media l’ambasciatore di Slovacchia presso la Santa Sede, Marek Lisánsky. 

La Slovacchia è pure un cuore spirituale: è il primo paese ad aver accolto il cristianesimo nell’Europa centrale. Nell’828 Pribina, principe di Nitra (una specie di Clodoveo slovacco), fece costruire la prima chiesa di tutta la regione. Circa 1.200 anni dopo, queste antiche radici hanno fatto della Slovacchia un Paese solidamente cristiano: il 65% della popolazione si professa cattolico, circa l’85% cristiano. 

La Slovacchia è, in ultimo, una buona alunna dell’Unione europea, nella quale è entrata nel 2009 – come a siglare i vent’anni dalla fine dell’era comunista. Questo ingresso nell’UE ha giocato un ruolo molto positivo nello sviluppo del Paese, sottolinea l’ambasciatore Marek Lisánsky. 

Il triplo ancoraggio – geografico, spirituale e politico – della Slovacchia, quello di un membro discreto ma attivo dell’apparato multilaterale europeo, situato nel cuore del vecchio continente, può farne il luogo ideale per il Papa per lanciare un nuovo appello alla ri-fondazione della comunità europea. 

La questione europea è del resto uno dei Leitmotive del pontificato di Francesco e della sua diplomazia: il Papa potrebbe – come in alcuni precedenti discorsi sull’Europa – fare riferimento alla missione essenziale che deve giocare l’Europa nel mondo e ricordare il sogno che all’indomani della Guerra ebbe uno dei Padri dell’Europa, quel Robert Schuman che la Chiesa cattolica ha da poco riconosciuto come venerabile. 

D’altro canto, in questo Paese marchiato a fuoco dagli autoritarismi del XX secolo – prima l’occupazione nazista, poi il blocco sovietico –, il capo della Chiesa cattolica potrebbe mettere in guardia contro i pericoli che rappresentano per essa i ripieghi nazionalistici e le tentazioni populistiche, come già molte volte ha fatto. 

La Slovacchia, mosaico e frontiera 

Una caratteristica poco conosciuta della Slovacchia è la sua diversità etnica. Questo piccolo paese, con meno di 6 milioni di abitanti, ospita tredici minoranze, tra cui un’importante comunità magiara (che rappresenta quasi uno Slovacco su dieci), ma pure Rom, ceca, polacca, ruthena, ucraina o tedesca. Questa diversità si esprime in una molteplicità linguistica che ricorda l’antica appartenenza della Slovacchia all’Impero austro-ungarico. 

Tale dimensione fa il paio con una diversità religiosa, malgrado la preponderanza del cattolicesimo romano (65%). La Slovacchia è in particolare un capoluogo del giudaismo dell’Europa centrale, soprattutto quello della frangia ortodossa: la prima sinagoga del paese, quella di Bratislava, risale al XIV secolo. Il Papa incontrerà i membri di questa comunità il 13 settembre con l’associazione Bethléem

Anche le differenti famiglie cristiane sono rappresentate: oltre alla Chiesa latina di rito romano, nell’Est del Paese si trovano numerosi membri della Chiesa greco-cattolica slovacca, collegata a Roma nella forma canonica di un’eparchia di rito slavo-bizantino. Il 14 settembre, il Papa si recherà a Presov per celebrare una messa in questo rito ereditato da san Giovanni Crisostomo. 

Le radici di una presenza ortodossa in Slovacchia risalgono all’evangelizzazione della regione da san Metodio in persona. Diverse correnti dell’ortodossia, influenzate dalla Serbia, dall’Ucraina o dall’Ungheria, coabitano nel medesimo Paese. 

In ultimo, si osserva un’importante presenza protestante, che risale a poco tempo dopo la riforma ed è stata importata dalla popolazione germanofona. Territorio di confronto con la Chiesa cattolica durante il Rinascimento, la Slovacchia vede oggi coabitare pacificamente calvinisti e luterani con i loro antichi avversari. 

Il Papa sarà senza dubbio alcuno sensibile a questa diversità etnica, tanto più che essa è geograficamente distinta fra l’ovest e l’est del Paese – e questo fa della Slovacchia un paese-cardine tra Occidente e Oriente. In questa terra di martiri e di persecuzioni, egli dovrebbe portare la tradizione cattolica dei “confessori eroici”, nonché il valore dell’ospitalità, come ha annunciato nel suo ultimo Angelus da Roma. 

Un incontro importante con la popolazione “Rom” 

Uno degli ultimi appuntamenti di papa Francesco in terra slovacca sarà la visita del quartiere di Lunik IX a Kosiče. Si tratta di uno dei più grandi centri Rom dell’Europa centrale, dove il tenore di vita è particolarmente basso. Contrariamente ad alcuni Rom dell’Europa occidentale, i Rom della Slovacchia sono sedentarizzati e presenti in tutto il Paese. 

Si tratta di una realtà antica: fu l’imperatrice Maria-Teresa a mettere in atto dei programmi di assimilazione,  nel XVII secolo. Questi villaggi rom sono giunti ai nostri giorni e così la loro popolazione è oggi rappresentata da sindaci e deputati nel Parlamento slovacco. Nondimeno, l’integrazione di questa minoranza è lungi dall’essere una realtà, in Slovacchia, come del resto un po’ dappertutto in Europa. 

Non sarà questa la prima volta che il pontefice argentino incontra dei Rom. Nel 2019, durante il suo viaggio in Romania, si era già recato a Blaj per chiedere scusa alla popolazione locale delle «discriminazioni, segregazioni e maltrattamenti» subiti nel corso dei secoli dai Rom. Ancora una volta aveva lanciato un appello all’accoglienza e fustigato l’indifferenza nei riguardi della miseria che colpisce questa popolazione. 

Aveva pure incoraggiato i Rom ad “edificare” un mondo più umano, sottolineando l’importanza della fraternità tra i popoli. Ci si può attendere che a Kosiče papa Francesco torni a prendere l’argomento. 

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio] 

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